La dichiarazione d’insolvenza, seguita dall’apertura di un’indagine per bancarotta fraudolenta, su Banca Etruria e i suoi ex vertici apre un nuovo capitolo politicamente spinoso per Matteo Renzi e il suo governo. Sia chiaro: non sarebbe corretto pensare che, in sé, la dichiarazione d’insolvenza e la stessa indagine per bancarotta cambieranno la sostanza del problema. Che la banca fosse saltata in aria – insolvente o meno che fosse dichiarata – era ovvio dopo l’operazione con cui alla fine dell’anno scorso il governo ha estratto dalla vecchia azienda la parte sana distinguendola da quella decotta. L’inchiesta penale andrà avanti, nei suoi vari gradi di giudizio, per i soliti cinque-sei anni che l’ordinamento penale italiano scandalosamente comporta.



Quel che la doppia notizia cambia è “lo scandalo percepito”, cioè la forza – o se si preferisce il peso – politica dello scandalo. Le due procedure gemelle – quella che consegue all’insolvenza e quella penale – genereranno infatti a intervalli regolari uno stillicidio di scandaletti nello scandalone. Continueranno a uscire dialoghi, intercettazioni, verbali e faldoni su tutte le cose storte commesse dai vertici: non necessariamente rilevanti penalmente, ma certo fastidiose quando non infamanti, come non erano penalmente rilevanti ma certo erano deprimenti e ridicole le continue fughe di notizie sui contenuti boccacceschi della vita privata di Berlusconi durante gli ultimi tre anni a palazzo Chigi.



Tutto questo può essere fin da ora serenamente iscritto al passivo del governo Renzi, ancora una volta: di fatto, se non di diritto. Perché il coinvolgimento personale di Maria Elena Boschi nelle brutte vicende di Banca Etruria pesa chiaramente zero, ma il coinvolgimento d’immagine, la brutta – bruttissima – sensazione di rappresentare una famiglia intimamente connessa col sottopotere e con gli affarucci opachi di una casta locale poco edificante…beh, quelli pesano dieci, cento, mille.

Non sarà sfuggito a nessuno che il presenzialismo della Boschi si è molto ridotto: giocoforza, non perché Renzi non la stimi più (al contrario!) o programmi di scaricarla (sarà mica un Lupi qualsiasi!), ma perché ovunque la ministra si presenti in pubblico, e per qualunque argomento, sicuramente la sua sola presenza devia su Banca Etruria domande (dei nemici) e chiacchiericci (degli amici). È come una pallottola spuntata, nella pistolona dialettica del presidente del Consiglio.



Questa circostanza sul piano pratico sta avendo effetti davvero pesanti. Perché Renzi – che non si fida di nessuno, come tutti i leader egoriferiti – ripone un tasso di fiducia superiore al minimo soltanto su Lotti e, appunto, sulla Boschi. Ma prima, con entrambi a pieno regime, riusciva a seguire sia pure indirettamente se non tutta l’enorme mole di dossier che il suo a volte immotivato movimentismo mobilita, almeno quelli più importanti; oggi invece, con una delle sue due leve “fiduciarie” parzialmente impossibilitata ad agire, la sua efficienza ne risente di conseguenza e Lotti è sovraccarico fino ai riccioli.

Come finirà? Non finirà: ovvero questa storia continuerà a procurare danni e fastidi senza però generare alcuno “scandalo letale”, perché nulla di così direttamente o indirettamente addebitabile a Renzi si troverà nel crac Etruria. Ma aggiungerà grane e fastidi complicando ulteriormente un quadro politico che la crisi economica dipinge ogni giorno con tinte sempre più grigie, dimostrando purtroppo che i segnali positivi dei mesi passati nulla avevano a che vedere con le misure del governo e unicamente dovevano ricondursi alla congiuntura internazionale.