A proposito del gran “pasticcio” sulla legge Cirinnà, scrive Stefano Folli nel suo articolo di ieri su Repubblica: “L’aspetto più sconfortante della seduta al Senato era la mancanza di passione istituzionale e di drammaticità”. Ed è quello che emerge in maniera più macroscopica in questo momenti di impasse politica. Folli è oggi un editorialista di Repubblica, ma il suo curriculum attesta la sua capacità di analista politico di prim’ordine, come quando era alla direzione del Corriere della Sera. E, malgrado i tempi che corrono, ha sempre il senso delle istituzioni.



Folli, sembra che l’attacco del suo articolo sia dettato da una sorta di delusione e anche da un po’ di sconforto.

Ho voluto solo sottolineare che mi è sembrato che ci sia stato poco rispetto per le istituzioni. E questo atteggiamento è un fatto che mi irrita, mi fa un brutto effetto.

A questo punto per il ddl Cirinà si sposta tutto alla prossima settimana, con i problemi che si sono manifestati in questi giorni. Si perderà altro tempo per raggiungere un accordo accettabile. A suo parere c’è anche il rischio che salti tutto?



Ma non credo che si arrivi a questo. Penso che alla fine si uscirà da questa situazione congelando in qualche modo il problema che pone l’articolo 5 della legge Cirinnà, quello tanto discusso delle adozioni. Il problema di quell’articolo potrebbe essere oggetto di una legge a parte, quindi si può stralciare o più probabilmente annacquare in modo che passino le norme sulle “unioni civili”. Di cui si parla da anni.

Il giudizio che lei ha dato e che è condiviso da molti osservatori è quello di una brutta figura generale delle forze politiche, ma è soprattutto uno scivolone di Matteo Renzi e del Pd.



L’impressione è che abbiano sbagliato in molti in questa vicenda, che non ci sia stato un atteggiamento costruttivo. Ha sbagliato Matteo Renzi e il Pd, forzando in modo muscolare, arrivando al cosiddetto “supercanguro” e andando a sbattere contro il prevedibile “scherzo” che gli stavano preparando i grillini del Movimento 5 Stelle.

Non si riesce a comprendere come Renzi e il Pd ( diviso anche al suo interno) si siano potuti fidare del M5s, che resta, a quanto sembra, un movimento che non riesce a fare il necessario salto di qualità quando si muove a livello istituzionale.

Effettivamente la mossa dei grillini ricorda un po’ la goliardia, una sorta di trappola goliardica. Anche il loro comportamento è stato quindi negativo, sbagliato. Rivela poca attenzione istituzionale. Ma anche altri protagonisti non mi sono sembrati ineccepibili. Le dirò che non mi è piaciuta nemmeno la dichiarazione del cardinale Bagnasco, che pure è persona che rispetto e anzi ascolto spesso, molto volentieri e con grande attenzione. Certo che lo scivolone di Renzi lascia perplessi. Questa voglia di forzare sempre, se poi non produce risultati rischia di essere controproducente.

A suo parere che cosa può rischiare il presidente del Consiglio dopo questa vicenda? 

Vorrei dire che tutta la storia della legge Cirinnà è stata gestita male, con toni sbagliati e forzature che era meglio evitare. Ma non è tanto su questa legge, sul contenuto di questa legge, che Renzi può compromettere veramente la sua credibilità e la sua fortuna politica. I problemi su cui pone attenzione oggi la stragrande maggioranza del Paese sono altri: il rapporto e il contenzioso con l’Europa, l’economia, l’occupazione. E’ evidente che è su questi grandi problemi che Renzi si deve misurare. Alla fine, se non dovesse riuscire a risolvere il nocciolo della “questione” italiana, anche il comportamento sulla Cirinnà gli verrebbe ricordato e rinfacciato.

 

Le divisioni che ci sono state all’interno del Pd possono avare ripercussioni sul partito?

No, non credo. C’è il modo per uscire da questa situazione, e ottenendo quello che è possibile ottenere. Lo dicevo all’inizio: con un annacquamento almeno dell’articolo 5 e un’attenzione a parte, magari con un’altra legge, sulle adozioni. Insomma le regole della politica esistono, così come le mediazioni necessarie. Le forzature a volte sono scommesse che vanno bene, a volte producono contraccolpi che lasciano segni in un contesto generale che non è molto positivo, in questo momento, per Renzi e il suo governo.

 

Eppure gli ultimi sondaggi danno il Pd in crescita di due punti.

Al momento, dopo le dichiarazioni su Juncker e sull’Europa, la popolarità del presidente del Consiglio può anche salire, perché vanno a toccare problemi sensibili sul futuro economico italiano ed europeo. Ma poi occorre ottenere risultati, come sempre ma soprattutto quando si forzano i toni. Se per caso il contenzioso in corso con l’Europa non dovesse ottenere risultati accettabili su flessibilità e altre cose, Renzi potrebbe andare incontro a brutte sorprese sul piano della popolarità, cioè, in soldoni, quello elettorale”.

 

(Gianluigi Da Rold)