Si attendeva la replica del Pd dopo le durissime parole di Monica Cirinnà di questa mattina, dopo il fallimento del voto alla sua legge sulle Unioni Civili: accuse pesanti contro il Movimento 5 Stelle ma sopratutto contro parte del suo partito, i renziani e altri che per giochi di potere e “porcate” varie hanno fatto saltare l’accordo. Responsabile della replica è come prevedibile il capogruppo dem in Senato, Luigi Zanda, che ai microfoni di TgCom 24 dichiara «Insinuazioni infondate, è molto comprensibile l’amarezza della senatrice Cirinnà, saper approvare la legge è necessario un supplemento di responsabilità da parte di tutti, sono necessarie la compattezza e l’unità del gruppo, non le insinuazioni infondate». La relatrice del ddl al centro del caos politico, tra confuti, voti segreti e voto rinviato alla prossima settimana, si era scagliata contro quelli che “si aspettavano un posto, magari da sottosegretario, e ora fanno ripicche”, come li definisce sul Corriere questa mattina. Da riconoscere è che la stessa Cirinnà si è assunta anche tutta la colpa di essersi fidata del M5s: «io ho un brutto carattere e se qualcuno mi fa una storta, non gli parlo propio più». ecco, non proprio un clima adatto per un accordo: forse, alla fine, non resterà che rivolgersi per il Pd agli alleati di governo, ma qui allora dovrà essere probabilmente stralciata la norma sulla stepchild adoption.
Dopo giorni di silenzio in cui il ddl Cirinnà ha visto l’Aula ribellarsi alla legge sulla Unioni Civili, torna a parlare il Ministro dell’Interno Angelino Alfano nonché segretario del Nuovo Centrodestra: Area Popolare e in generale i cattolici negli ultimi giorni hanno contribuito a fermare l’avanzamento della legge, contestando il punto della stepchild adoption all’interno del super canguro Marcucci, costringendo il Pd a cercare un appoggio esterno, del M5s, che però all’ultimo è svanito davanti alle mosse politicamente scaltre della Lega Nord. Da Bruxelles interviene dunque Alfano affermando, «Se avessimo ricattato e minacciato, il Pd non sarebbe mai arrivato a questa deiciosne perché di fronte alla crisi, i cattodem avrebbero fatto prevalere la ragion di Stato: forse neanche il M5s avrebbe compiuto la scelta di ieri, proprio per il motivo opposto, per tentare di fare cadere l’esecutivo. Noi abbiamo tenuto la linea giusta, speriamo che ora il Pd comprenda che occorre ripartire dalla maggioranza di governo». Proprio su questo punto è al lavoro la diplomazia del Pd in Senato: la scelta è ardua ma duplice, da un lato riprovare con l’appoggio esterno del M5s accontentandolo con il rischio di ricevere un altro sgambetto, oppure accordarsi con gli alleati di governo popolari ma a quel punto mettendo sul tavolo lo stralcio della norma sulle adozioni omogenitoriali. Per Renzi e Zanda, una bella “gatta da pelare”.
L’intervista che ha rilasciato Monica Cirinnà questa mattina al Corriere è un fuoco unico: sul ddl per le Unioni Civili, la relatrice del testo tanto discusso e che ieri ha vissuto l’ennesimo rinvio, si scaglia contro il Movimento 5 stelle per essere venuto meno ad un patto avuto anche con le varie associazioni LGBT ma sopratutto contro parte del suo Pd, specie alcuni renziani. Sentite: «Sono stata tradita da liti nei dem, sto pagando porcate fatte da certi renziani che volevano un premietto, chi voleva guidare una commissione, chi avrebbe voluto diventare sottosegretario, e allora sono scattate volgari ripicche, atteggiamenti assolutamente disgustosi sia in Aula che fuori». La Cirinnà è una furia e dopo il possibile stralcio della stepchild adoption (adozione omogenitoriale) che ora sembra l’ipotesi più paventata per far passare la legge con un ampio accordo, avverte «Mi pare evidente che il testo non sia più centrale è chiaro che ci sono pesantissime questioni politiche da risolvere e comunque non lascio il mio nome su una legge schifezza». Cosa significa, che ritirerà il testo? Che non si presenterà alle discussioni? In tutti i casi possibili il Pd (e Renzi) porterà a casa anche la legge ma si ritrova con un bel guaio (non è il primo) all’interno del partito.
È il Day After, il ddl Cirinnà ha subito una pesante battuta di arresto dopo due giorni assurdi passati in Senato con il voto per la legge sulle Unioni civili che invece che proseguire è stato rinviato a mercoledì prossimo, 24 febbraio. Nessun accordo, solo scontro, con il Movimento 5 Stelle che hanno teso un bello sgambetto al Governo e a Renzi, sfilando l’appoggio all’emendamento super canguro di Marcucci che avrebbe di fatto approvato tutta la legge per come è scritta ora, stepchild adoption inclusa. E invece nulla, si ricomincia tutto da capo con la diplomazia al lavoro per 7 giorni in cui deve portare a dei risultati in tempi brevi: l’ipotesi più probabile è che alla fine verranno tolte le adozioni, in questo modo il voto al Senato dovrebbe passare con favore per il Governo, ma dopo una battaglia in cui forse tutti hanno perso qualcosa. Più di tutti è talmente delusa Monica Cirinnà, la senatrice Pd relatrice della legge sulle Unioni civili che dopo il voto mancato di ieri ha espresso con amarezza queste parole: «il ddl lo abbiamo scritto per rispettare la scadenza voluta da Renzi del 15 ottobre, io, Tonini e Lumia. E questa versione rappresentava l’accordo raggiunto nel Pd sulla materia, era nel totale rispetto del programma di Governo. Lo so che ho sbagliato a fidarmi del Movimento 5 Stelle e pagherò per questo, Mi prendo la mia responsabilità politica di essermi fidata di loro, concluderò la mia carriera politica con questo scivolone. Ne prendo atto», le parole della Cirinnà all’Ansa. Intanto arriva la forte protesta del Forum Famiglie che dopo il caos di questi giorni e i sondaggi generali di questo ultimo periodo, chiedono il ritiro immediato del ddl. «Ora che la spaccatura si è mostrata nella sua totalità chiediamo al Parlamento, al governo un atto di buon senso e di responsabilità: ritirate questo disegno di legge, insieme si può lavorare ad un testo condiviso e non divisivi, equo e giusto per tutti, a cominciare dai soggetti più deboli. Chiudiamo in soffitta gli elementi di divisione, occupiamoci delle famiglie italiane in difficoltà», le parole di Gigi De Palo, presidente del Forum delle famiglie.