Matteo Renzi ne è sempre più convinto: comunque vada sarà un successo. Nella contesa sui diritti civili in corso in Senato non ha alcuna intenzione di lasciarci le penne. E, per dirla con Chiambretti, vuole dirsi comunque vincitore, portando a casa una storica legge sulle unioni civili. Con o senza la tanto contestata stepchild adoption non conta.
Difficile che questo tema possa costituire il cuore della sua relazione all’assemblea nazionale del Pd, ma la strada comincia a delinearsi con chiarezza. I numeri non ci sono, ha ammesso di giorni di trattative tanto frenetiche quanto inutili Maria Elena Boschi, scottata dal voltafaccia grillino. E allora meglio essere pragmatici, sfruttando la libertà di coscienza per allontanarsi dal possibile naufragio dell’adozione del figlio del partner, pur di arrivare al varo di una regolamentazione legislativa sulle unioni civili da presentare come comunque storica per il nostro paese.
La sponda opportuna per la ritirata strategica viene offerta a Renzi dal presidente del Senato. Dopo una riflessione attenta e lunga (forse troppo), Grasso ha lanciato segnali evidenti di un ripensamento sui “canguri”. Mercoledì, quando a Palazzo Madama si ricomincerà a votare, potrebbero essere dichiarati inammissibili tutti gli emendamenti premissivi presentati per farne decadere centinaia di altri. Non solo quello democratico a prima firma Marcucci, ma anche le contromosse targate Calderoli.
A quel punto rimarrebbero sul campo circa 1200 emendamenti, che però fra testi identici e preclusioni dovrebbero portare secondo i tecnici del Senato a circa 500 votazioni, una cifra abituale per qualsiasi legge di questa complessità. Gradualmente le altre ipotesi in campo sono cadute.
Caduta, in primo luogo, l’idea di andare a una prova di forza sul “super canguro” di Marcucci, impraticabile senza il sostegno dei 5 Stelle. Scartata anche l’ipotesi di fare a pezzi il povero marsupiale australiano, in senso metaforico, cioè di smembrare l’emendamento in alcuni piccoli “canguri” per limitare al massimo il numero delle votazioni.
Renzi, però, non ha alcuna intenzione di darla vinta ai cattodem che insistono nel chiedere lo stralcio dell’articolo 5, che prevede la stepchild adoption. Dal suo punto di vista molto meglio affidarsi all’aula. Se — anche con l’ausilio del voto segreto — le adozioni dovessero saltare, lui non verserà una lacrima. E potrà dire con l’ala sinistra di averci provato sino in fondo. Se, al contrario, dovesse alla fine aver ragione chi continua a conteggiare una lieve maggioranza a favore delle adozioni, dovrebbero essere i cattodem a bere l’amaro calice del sì finale a una legge indigesta.
Renzi, dunque, ha intenzione di porsi nel mezzo, di non schierarsi né con i cattolici di casa sua, né con quella sinistra interna che lo accusa di non aver messo sulle unioni civili la stessa forza politica spesa per fare approvare il Jobs Act. Un pressing tanto forte quest’ultimo da parte di Speranza e soci, da dover smentire la voce che vi sarebbe stata la richiesta di ricorrere alla questione di fiducia.
La fiducia sarebbe stata, infatti, una mossa incauta. I centristi di Alfano e Cesa non avrebbero potuto votarla senza perdere la faccia, perché il tema delle unioni civili non fa parte delle intese programmatiche di governo. Non a caso il vice di Cesa, De Poli, martella da giorni Palazzo Chigi sull’opportunità di un’intesa di maggioranza, che — dal suo punto di vista — non potrebbe che spazzar via le adozioni. I centristi, infatti, sentono a portata di mano un’affermazione di portata storica: lo dimostra la durezza di una che guarda con interesse al Pd come il ministro della Salute Lorenzin, secondo cui dovrebbe scattare l’inadottabilità se si scopre che un bambino è frutto di una maternità surrogata, trattando l’utero in affitto come un reato penale.
Renzi, del resto, ha fretta di lasciarsi il tema delle unioni civili dietro le spalle. Nella relazione all’assemblea nazionale del Pd cercherà di volare più alto delle polemiche da cortile del suo partito. Non ha digerito l’attacco che in Senato gli è venuto dall’ex premier Monti sulla politica europea,e si prepara a dirlo forte e chiaro, evidenziando tutti i limiti del governo dei tecnici, esodati, fiscal compact, bail in, marò e tasse sulla casa.
I rumors di Largo del Nazareno indicano però anche un’altro tema possibile: l’idea di anticipare il congresso democratico alla fine di quest’anno, all’indomani del referendum confermativo sulla riforma costituzionale, che Renzi è assolutamente sicuro di vincere. Se così fosse, si tratterebbe della conferma della segreta intenzione del premier segretario di andare a votare nella primavera del prossimo anno. E per la minoranza interna, bersaniana e non, scatterebbe l’allarme rosso, perché il timore (fondato) è quello di finire in questo modo spazzati via.