Il ddl Cirinnà viola la Costituzione perché introduce un para-matrimonio camuffandolo sotto il nome di unioni civili. Il governo inoltre ha prevaricato i poteri del Parlamento, impedendo alla commissione del Senato di esprimersi sul disegno di legge. Lo afferma il senatore Mario Mauro, già vicepresidente del parlamento europeo e ministro della Difesa nel governo Letta, attualmente presidente dei Popolari per l’Italia. Oggi il senatore Mauro, insieme a Gaetano Quagliariello e a Carlo Giovanardi, presenterà la richiesta di conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.
Al di là del giudizio sul ddl Cirinnà, una legge sulle unioni civili ci vuole oppure no?
In realtà il problema è proprio questo: il ddl Cirinnà non è una norma sulle unioni civili bensì una legge-civetta. La nuova figura giuridica poteva essere inquadrata sulla base della sentenza della Corte costituzionale che delimita il perimetro delle unioni civili all’interno dell’articolo 2 della Costituzione sulle cosiddette “formazioni sociali”.
In che modo?
Per la Consulta i diritti delle persone vanno tutelati dentro le formazioni sociali, ma soltanto la famiglia fondata sul matrimonio ha invece una sua intrinseca peculiarità. Il ddl Cirinnà, anziché creare una nuova formazione sociale, ha creato un “para-matrimonio”. Ha preso cioè le norme riferite al matrimonio e le ha trasferite al sistema delle unioni civili. Come ciliegina sulla torta, il sottosegretario Ivan Scalfarotto ha precisato in un’intervista su Repubblica che le unioni civili del ddl Cirinnà sono un matrimonio, solo che le si chiamano in modo diverso per realpolitik.
Come valuta la distinzione tra unioni eterosessuali e omosessuali all’interno del ddl Cirinnà?
Il ddl Cirinnà dà più diritti alle unioni civili tra omosessuali anziché alle convivenze di fatto tra eterosessuali. Questi ultimi sono infatti chiamati a scegliere tra essere una coppia di fatto o sposarsi. Questo sottolinea ancora di più che le unioni civili nel ddl equivalgono al matrimonio. Se in Italia si volesse fare una vera equivalenza tra matrimonio e unioni civili, la cosa da fare sarebbe una legge di revisione costituzionale con la modifica dell’articolo 29. A queste osservazioni di merito se ne aggiungono altre di metodo.
E sarebbero?
Il ddl Cirinnà è stato portato in commissione al Senato, e ci siamo quindi iscritti a parlare. Ma il giorno dopo il provvedimento è stato sottratto alla commissione, tramite una decisione della capigruppo del Senato. Quest’ultima ha deciso che il percorso in commissione è durato troppo ancorché mai iniziato e, che quindi il provvedimento andava portato in aula. Ha cioè stabilito preventivamente che non si sarebbe trovato accordo sul provvedimento, evidentemente per non farlo emendare in quella sede.
Perché si temeva il voto in commissione?
Perché i numeri in commissione non garantivano il governo. Fin dall’inizio ho sempre sostenuto che si scrive “Cirinnà”, ma si legge “Renzi-Alfano”. Quando un partito come Ncd fa finta di non accorgersi che questo provvedimento passa con una maggioranza diversa da quella di governo e cioè Pd-M5s, e ugualmente rimane nell’esecutivo, evidentemente significa che c’è una strategia condivisa con l’azionista di maggioranza del governo stesso.
Perché ponete la questione di legittimità costituzionale prima, e non dopo l’approvazione della legge?
Noi ora non stiamo ponendo un problema sulla costituzionalità della legge, bensì di costituzionalità sulle procedure relative all’articolo 72 della Costituzione, e quindi solleviamo conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. Il potere esecutivo ha infatti prevaricato il Parlamento, non consentendo che si applicasse l’articolo 72 che prevede che ogni disegno di legge debba essere espletato in commissione. Laddove non si raggiunge un accordo in commissione si va in aula. Ma questa volta c’è stata una truffa e un obbrobrio al quale hanno partecipato molte persone in questo parlamento. Per questo noi abbiamo deciso di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.
(Pietro Vernizzi)