C’è chi la dà vicina alla quota di Giuseppe Sala, in queste primarie del Pd, decisive per la corsa a Palazzo Marino. Francesca Balzani, l’attuale vicesindaco di Milano, candidata da Giuliano Pisapia, in contrapposizione alla designazione fatta da Matteo Renzi, era partita solo un mese fa da un 20 per cento scarso di consensi, di fronte al letterale dilagare di Beppe Sala, battezzato “mister Expo”, che veniva accreditato ben al di sopra del 40 per cento. Con Pierfrancesco Majorino, alfiere della sinistra Pd milanese, che restava un “corollario”, accreditato di un 15 per cento di consensi.Ieri ha fatto rumore lo scoop del sondaggio “secretato” durante la puntata di ieri della trasmissione della Rai, “Agorà”: Sala tra il 45,5 e il 48,5 per cento, Majorino tra il 25 e il 28, Balzani tra il 24,5 e il 27,5 per cento, Iannetta tra lo 0 e l’1 per cento.



In ogni caso, dopo l’ufficiale “endorsement” di Giuliano Pisapia, ma soprattutto grazie ai lavori dell’architetto Michele De Lucchi per la villa di Sala e alcuni lavori ottenuti “da una parte e dall’altra” per l’Expo, Francesca Balzani ha superato, secondo l’ultimo sondaggio, il 30 per cento, mentre Sala si è come rimpicciolito e, al momento, si deve accontentare di un 35 scarso. E, naturalmente, c’è sempre sullo sfondo il sinistro Majorino con il suo 20 per cento, inutile per lui, utile per Sala e dannoso per Francesca Balzani.



Tuttavia, proprio all’inizio della settimana Sala non si è sentito più sicuro, non più sull’onda del plebiscito che gli garantivano i favori di Renzi, di Raffaele Cantone e della Cassa Depositi e Prestiti di cui è consigliere. Mentre Francesca Balzani faceva una sorta di appello a Majorino perché unisse i suoi sforzi in una battaglia comune contro Sala, “mister Expo” svelava con una dichiarazione quasi strappata di bocca, ma finalmente ufficiale, che Majorino “farà parte della mia squadra”.

In fondo l’ammissione di un patto, siglato da molto tempo, di cui il sussidiario ha parlato un mese fa e che all’interno del Pd conoscevano quasi tutti. In sintesi un accordo tra Sala, l’uomo di Renzi, il “destro” ufficiale del Pd, e Majorino, che con i suoi voti interpreta il “sinistro” della politiche sociali pidiessine e nello stesso tempo indebolisce la Balzani. Il tutto alla faccia della trasparenza, naturalmente.



Chiarito finalmente il quadro, ora si guarda con interesse il numero di persone che parteciperanno a queste primarie. Si è detto più volte che un’affluenza di circa 50mila persone, di milanesi che simpatizzano sistematicamente, continuamente come militanti del Pd, comprometterebbero una vittoria di Sala, voterebbero in prevalenza la Balzani che rappresenta la continuità con Pisapia. Giusta o sbagliata che sia questa scelta, tale sarebbe la fotografia dell’attuale Pd a Milano.

La vittoria invece di Sala dovrebbe basarsi, stando agli analisti, su una maggiore affluenza alle urne delle primarie: gli servono almeno 70mila milanesi che, oltre a ruotare intorno al Pd, siano anche l’espressione di una scelta moderata che con la sinistra, in qualsiasi forma considerata, non ha nulla a che vedere.

Secondo le ultime dichiarazioni di questi giorni, Sala, “mister Expo”, sarebbe un antico simpatizzante di Che Guevara! Tutto è possibile nella fervida e legittima immaginazione di ogni persona. Ma nella vita quotidiana, Sala si è distinto nel “Real Estate” della Pirelli di Marco Tronchetti Provera e poi al seguito di uno dei personaggi milanesi più ascoltati da Silvio Berlusconi, Bruno Ermolli.

Ermolli non aveva certamente il look di Guevara e neppure quello di Fidel Castro, ma più prosaicamente vestiva e si comportava come uno che sa gestire molteplici e interessanti situazioni di affari e poltrone in una città come Milano. La lezione di Ermolli dev’essere servita a Beppe Sala, perché era lui il “city manager” di Letizia Moratti, cioè del sindaco di destra sfrattato da Giuliano Pisapia, in rappresentanza non solo della sinistra, ma di Sel, cioè dell’estrema sinistra.

Certo, viviamo in un periodo di obsolescenza, di caduta delle ideologie, di confusione storica e politica, ma alla fine, coniugare Ermolli con Che Guevara, è un po’ come sostenere che Rivera giocava nel Milan, ma tifava per l’Inter. Insomma, dovrebbe esserci un limite anche alla propaganda. In tutti i casi, tra Guevara e e Ermolli, Sala è riuscito a passare da esponente della città di destra, all’ombra di Letizia Moratti, a candidato della sinistra alla poltrona di sindaco.

Ma a parte queste acrobazie, che possono anche essere trascurate, c’è invece per Sala il “peso” dell’attivismo dell’architetto De Lucchi, probabilmente bravissimo, ma su cui Sala non è stato “cristallino”, così come in periodo di “glasnost” conclamata non è stato cristallino neppure sui conti dell’Expo, sulle presenze “paganti” e su quelle “invitate”, per esempio. Pur dandogli atto che il ritorno mediatico per Milano è stato di prim’ordine, soprattutto negli ultimi due mesi. Ci sono ancora zone non chiarissime nei bilanci dell’Expo.

E’ tutto questo che, probabilmente, ha reso all’improvviso incerta la corsa delle primarie e, con il passare dei giorni, fa profilare un “testa a testa” tra Sala e la Balzani (e Majorino?). Secondo le ultime stime, saranno 60mila i milanesi che dovrebbero recarsi alle urne del Pd, un numero che mette ancora più “pepe”, dopo i ragionamenti degli analisti, a questa prima corsa verso Palazzo Marino.

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