E così Antonio Bassolino continua la sua corsa col passo da maratoneta al quale si è allenato con pazienza in questi anni di tempo più libero di quanto avesse aspirato avere. Non manda giù l’ultimo affronto — la bocciatura del ricorso contro la sconfitta di misura alle primarie del Pd a Napoli perché giunto in ritardo e nonostante la gravità dei rilievi sollevati — e convoca amici e fedeli sabato mattina (ore 10.30) al Teatro Augusteo per decidere il da farsi.



Chi conosce bene l’ex sindaco, ex ministro, ex presidente di Regione, è pronto a giurare che il dado sia tratto. Il suo Rubicone è il perimetro di quel partito che, diversamente chiamato nel corso degli ultimi anni, discende da quel Pci che lo vide giovane e battagliero dirigente nazionale, alfiere della sinistra interna che riconosceva in Pietro Ingrao il nume tutelare.



Andare alla conquista della poltrona di primo cittadino, la stessa dov’è rimasto seduto per quasi due lustri di fila negli anni Novanta, è una decisione che pesa assai e che può essere presa solo tagliando i ponti per annullare anche la tentazione di poter tornare indietro.

Sull’altra sponda Valeria Valente, l’allieva che ai gazebo supera il maestro per un pugno di voti (qualcuno agevolato dalla fornitura dell’euro richiesto per votare, suscitando l’indignazione che oggi sostiene la protesta) si augura che sia ancora possibile combattere una battaglia comune. Ma se conosce il suo maestro come dovrebbe sa bene di doversela vedere con un carattere che più coriaceo non si può, forgiato al tempo dell’impegno sindacale quando il trucco era resistere sempre e comunque un minuto più dell’avversario.



Luigi de Magistris, il sindaco uscente che di uscire non ha nessuna voglia, quasi gongola. Tra lui e lei, fa sapere, scegliere non saprebbe perché appartenenti allo stesso ceto politico che lui, ex pubblico ministero folgorato sulla via della politica dal verbo di Antonio Di Pietro al grido di Scassiamo tutto, ha sempre avversato.

Gianni Lettieri, imprenditore e capo dell’opposizione per un’intera consiliatura, alla testa di liste civiche che hanno il sostegno di quasi tutto il centro destra, sostiene che lo sconfitto abbia tutto il diritto a far valere le sue ragioni. Un po’ perché ci crede — quando era alla testa degli industriali partenopei aveva raggiunto una buona intesta istituzionale con l’allora governatore —, un po’ perché calcola che un Pd spaccato possa agevolare la sua promozione al ballottaggio.

E dunque il partito che sembrerebbe naturalmente destinato a governare la metropoli più complessa del Paese, se solo lo volesse, si prepara a vivere una nuova scissione come quella che cinque anni fa mise fuori gioco i possibili vincitori a vantaggio dell’outsider arancione che s’impose come il terzo che tra i litiganti gode.

Chi ha guardato Bassolino rispondere in tv alle domande di Lilli Gruber lo ha trovato sornione e controllato come ai bei tempi, quasi messo a proprio agio da un insolitamente accomodante Marco Travaglio che avrebbe dovuto invece fargli da contraltare. Annuncia nuovi ricorsi anche a Roma e parla di battaglia per la legalità, l’ex viceré, condotta per il bene comune e rivendicando lo status di supporter renziano della prima ora.

Comunque vada a finire, questa storia promette di essere avvincente. All’ombra del Vesuvio non ci si annoia mai.