“Letta normalmente, questa è un’intervista in cui D’Alema annuncia che darà vita a un nuovo partito alternativo al Pd. D’Alema del resto è un grande uomo politico ma ha un enorme difetto: gli manca il coraggio. Per questo non sono convinto che andrà fino in fondo”. A sottolinearlo Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista, ex direttore di Liberazione ed ex condirettore de l’Unità. In un’intervista uscita venerdì sul Corriere, D’Alema ha attaccato il premier: “A destra viene riconosciuto a Renzi il merito di aver distrutto quel che restava della cultura comunista e del cattolicesimo democratico. Ma così ha reciso una parte fondamentale delle radici del Pd. Ha soffocato lo spirito dell’Ulivo”.
Sansonetti, si aspettava un’uscita così dura da parte di D’Alema?
Di certo non mi ha stupito. La vera questione è un’altra, e cioè se questa intervista sia l’anteprima di un’iniziativa politica. Non si capisce se il suo sia soltanto uno sfogo, o se si stia convincendo del fatto che esistano le condizioni per provare a fare un nuovo partito politico. Questo è un nodo che D’Alema non scioglie.
O magari D’Alema vuole ottenere qualcosa da Renzi?
Non mi pare proprio. D’Alema non è nell’ottica di una trattativa con Renzi, ormai è in rotta di collisione totale. Il giudizio che dà è senza ritorno e questa è un’intervista con la quale taglia definitivamente i ponti. Credo che in parte questa presa di posizione sia facilitata anche dalla rottura col Pd da parte di Bassolino.
Che cosa c’entra Bassolino?
La rottura definitiva di Bassolino con il renzismo forse ha dato un po’ di coraggio a D’Alema. Letta normalmente, questa è un’intervista in cui D’Alema annuncia che darà vita a un nuovo partito. Del resto D’Alema è uno degli uomini politici più rilevanti del Dopoguerra, nonché insieme a Berlusconi il leader italiano più importante. D’Alema però ha un enorme difetto che certo non ha Berlusconi.
Qual è il difetto di D’Alema?
Gli manca il coraggio. In diverse circostanze ha dato l’impressione che stesse per compiere un gesto di rottura, e poi gli è sempre mancata l’audacia necessaria. D’Alema ha l’aria dell’arrogante, mentre nella realtà è eccessivamente timido. Per questa ragione non sono convinto che dopo l’intervista al Corriere ci saranno delle conseguenze politiche.
Quanta presa ha ancora D’Alema sul popolo di sinistra?
D’Alema non ha più la presa di un tempo, altrimenti oggi Gianni Cuperlo sarebbe segretario del Pd e la storia sarebbe completamente diversa. D’Alema però può dare autorevolezza a quei gruppi che vogliono dare vita a una nuova forza politica. In dote può inoltre portare una porzione pur limitata dei poteri forti, che per costruire una forza politica è sempre utile.
Bersani strizza l’occhio a Sinistra Italiana, mentre Cuperlo intende restare fedele al partito. La minoranza dem si sta scomponendo in mille pezzi?
Il problema della minoranza dem non è che è divisa in mille pezzettini, bensì che non ha né un’anima né una struttura. Per questo se D’Alema volesse buttarsi nella creazione di una nuova forza politica, potrebbe essere il catalizzatore e l’elemento di stabilizzazione. La sinistra in questo momento non ha un capo ma è sempre in tempo per trovarlo.
Potrebbe essere D’Alema il capo della sinistra anti-Renzi?
D’Alema potrebbe svolgere una funzione non di capo, quanto piuttosto di garanzia. A quel punto i vari Cuperlo, Fassina, Fratoianni e Vendola potrebbero cominciare a ragionare in una prospettiva di ampio respiro. Mentre se continuano a ragionare sull’idea di chi sia il capo, forse è meglio che vadano a giocare a nascondino.
Che cosa dovrebbero fare?
Se vogliono fare politica devono mettere da parte la questione del capo, perché in questo momento la sinistra non può avere un capo, e cominciare a organizzare le loro forze. Se D’Alema desse una mano avrebbero maggiori possibilità di riuscirci.
Quanto è grave per Renzi la grana Bassolino?
Per Renzi Napoli è persa e una vittoria a Roma è improbabile. Certo oggi le grandi città sono ingovernabili, e quindi non so fino a che punto il premier punti davvero a vincere le comunali. Questo non esclude che Renzi possa avere sottovalutato la grana Bassolino, anche perché l’ex governatore ha un seguito importante a Napoli e in Campania. L’intelligenza politica di Bassolino è un fatto indiscutibile, mentre lo stesso non si può dire dei dirigenti renziani. Il premier è dovuto andarsi a cercare dei professionisti della politica fuori dalla sua cerchia, come per esempio Gennaro Migliore.
In questa tornata è emersa una certa delegittimazione delle primarie. Secondo lei perché?
Perché o le primarie sono regolate per legge, oppure erano molto più efficaci i congressi di un tempo. Questi ultimi prevedevano la partecipazione vera di centinaia di migliaia di persone. C’era la discussione prima nelle sezioni, poi nelle federazioni e quindi nei congressi nazionali. Le primarie diventano più democratiche se hanno una partecipazione consistente, pari almeno al 10% della popolazione, e se ci sono regole precise nonché un controllo dello Stato. Il controllo non può essere affidato a chi ha già deciso di vincere.
(Pietro Vernizzi)