Il Rapporto “Sussidiarietà e… spesa pubblica” verifica l’attuazione del principio di sussidiarietà, nelle sue accezioni verticale e orizzontale, nella spesa pubblica, nella sua struttura, al fine di valutarne l’incidenza su efficacia ed efficienza del “sistema Paese” e sulla sua crescita. In questo mio breve intervento mi occuperò di inquadrare giuridicamente le due dimensioni della sussidiarietà prese in considerazione dal Rapporto stesso.
Giova anzitutto ricordare, come noto, che entrambe sono state consacrate dalla riforma costituzionale del Titolo V del 2001, in particolare nel novellato art. 118 Cost. Prima di illustrare il principio di sussidiarietà verticale, è inoltre opportuno rammentare che nella nostra Costituzione esiste un altro principio fondamentale, rilevante nella materia de qua, il principio autonomistico, di cui all’art. 5 Cost., che deve ispirare il rapporto tra Stato e autonomie territoriali. Il principio autonomistico ha implicazioni su più fronti: autonomia statutaria (art. 123 e 117 Cost.), potestà legislativa e regolamentare (art. 117 Cost.) e, appunto, il già menzionato principio di sussidiarietà verticale (art. 118), oltre all’autonomia finanziaria di entrata e di spesa (art. 119 Cost.).
Il principio di sussidiarietà verticale è sancito nell’art. 118, comma 1 Cost., secondo il quale «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza». La regola è rappresentata dalla titolarità comunale delle funzioni amministrative, mentre l’allocazione delle funzioni agli altri livelli è l’eccezione.
Si noti, però, che l’art. 118 Cost. non è autoapplicativo, non determina alcuna diretta attribuzione di funzioni ai Comuni, ma detta i criteri che debbono guidare la distribuzione di questa ultime da parte del legislatore (statale o regionale, in base alle proprie competenze). Il principio di sussidiarietà verticale è quindi un principio flessibile, che, in virtù del suo rapporto con il principio di adeguatezza, egualmente menzionato dalla norma costituzionale, mira a identificare il livello appunto più adeguato, migliore, per lo svolgimento delle funzioni: può trattarsi del livello comunale, ma anche di uno più elevato.
In questo quadro la Consulta, con la pronuncia n. 303/2003, è giunta a sostenere non solo che i principi di sussidiarietà e adeguatezza, sanciti dall’art. 118, comma 1, Cost., consentono, in caso di esigenze di esercizio unitario, la dislocazione di funzioni amministrative a livello statale, ma anche che tale allocazione, in ossequio al principio di legalità, comporta l’esercizio della potestà legislativa a quello stesso livello. Volendo sintetizzare quanto sin qui detto, l’art. 118 Cost esprime sicuramente una preferenza per il Comune, ma le funzioni posso essere allocate più “in alto”, se questo livello è più adeguato.
Da questo punto di vista mi preme sottolineare quanto sia importante il Rapporto sulla sussidiarietà, in quanto costituisce uno studio dell’adeguatezza dell’attuale allocazione delle funzioni amministrative sotto il profilo dell’efficienza della spesa pubblica. D’altra parte, non può non osservarsi il chiaro nesso tra il principio di sussidiarietà-adeguatezza e il principio del buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., nei suoi risvolti organizzativi e funzionali.
L’attenzione al tema dell’efficienza è presente anche nella riforma costituzionale in itinere. Al di là dell’abolizione delle Province, che è una delle modifiche più note, se la riforma verrà approvata l’art. 118 Cost, vedrà l’introduzione di un ulteriore comma, secondo il quale: «Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori».
Di interesse sotto questo profilo è anche l’inserimento, nell’art. 119 Cost., della previsione secondo cui, con riferimento al finanziamento delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni, «con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni».
Il Rapporto si concentra anche sul tema della sussidiarietà orizzontale, sancito dall’art. 118, comma 4, Cost.: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Il principio di sussidiarietà orizzontale, storicamente, è stato oggetto di varie elaborazioni. La dottrina ha sottolineato come le diverse riflessioni siano sostanzialmente e schematicamente riconducibili a due filoni, potendosi riscontrare in tale principio una valenza «negativa» e una «positiva» (A. Albanese, 2007, 111 ss.). Gli orientamenti che ne mettono in luce l’accezione negativa, che risalgono al pensiero liberale, evidenziano la necessità di sottrarre alla sfera pubblica settori in cui l’iniziativa privata si rivela congrua rispetto alle istanze provenienti dalla società e pertanto sufficiente. Le posizioni a favore dell’accezione positiva, invece, in cui può cogliersi tra le matrici la dottrina sociale della Chiesa, sottolineano l’importanza dell’intervento pubblico a supporto delle attività dei privati aventi rilevanza generale.
In questo quadro, l’art. 118, ultimo comma, Cost. sembra aver fatto propria la seconda delle due dimensioni del principio (A. Albanese, 2007, 116) e quindi porre l’attenzione sul ruolo promozionale e incentivante che i pubblici poteri debbono assumere nei confronti delle iniziative private.
Il principio di sussidiarietà orizzontale, inoltre, è suscettibile di essere inquadrato quale «criterio procedurale» o «principio relazionale». Secondo la prima delle due accezioni, detto principio esprime «quel criterio in base al quale un tipo di azione (o una specifica azione) spetta prioritariamente ad un determinato soggetto … rispetto ad un altro e può essere svolto in tutto o in parte da un altro soggetto, al posto o ad integrazione del primo, se e solo se il risultato di tale sostituzione è migliore (o si prevede migliore) di quello che si avrebbe o si è avuto senza tale sostituzione» (G.U. Rescigno, 2002, 14). Alla stregua dell’impostazione descritta, il principio si risolve in un parametro per il reciproco dimensionamento dell’intervento pubblico e di quello privato (F. Fracchia, 2003, 267-268; V. Molaschi, 2004, 104).
A questo si affianca un diverso filone di pensiero che vede nella sussidiarietà orizzontale un «principio relazionale» (G. Arena, 2003, § 4), espressione di una società pluralistica. Tale orientamento tende a evidenziare non già le “delimitazioni di campo”, ma le sinergie che possono instaurarsi tra soggetti pubblici e privati (G. Arena, 2003, § 4).
Muovendo da tali premesse, questa impostazione vede un’applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’evoluzione, che, ad esempio, è da tempo in atto nei diversi servizi sociali (G. Pastori, 2002, 85 ss.), nel senso della creazione di sistemi “a rete”, connotati da una forte interazione pubblico-privato (G. Pastori, 2007, 77). Non a caso, la stessa l. n. 328/2000 è improntata alla “cultura dell’integrazione” tra soggetti pubblici e privati, come emerge nello stesso titolo, dedicato alla realizzazione di un «sistema integrato di interventi e servizi sociali». Di qui l’utilizzo nel settore sociale di espressioni quali welfare mix, welfare community, ecc.
Il Rapporto sulla sussidiarietà, pertanto, ha il merito di passare dal piano dei principi a quello della valutazione concreta dell’impatto della sussidiarietà orizzontale sulla vita economica e sociale del Paese, dimensionandola, valutando, per dirla in breve, quanto “costa” e quali criticità e vantaggi abbia attivare l’offerta privata di beni e servizi di interesse generale e sostenere la relativa domanda da parte dei cittadini, in ossequio, tra l’altro, al principio di libertà di scelta.
Mi ha particolarmente colpito, tra le varie, una frase dell’Introduzione del volume: «Le esperienze di applicazione della sussidiarietà, sia orizzontale sia verticale, non possono in alcun caso trovare difesa in un favore puramente ideologico, oppure sottrarsi alla verifica dei risultati ottenuti in termini di efficacia dei servizi, costo per il bilancio pubblico e per gli utenti, equità».
Il mettere in guardia nei confronti degli approcci puramente ideologici è indicazione più che condivisibile, così come il sottolineare l’importanza di valutazioni ex post sulla base di criteri di efficienza e di efficacia. Ho altresì apprezzato quando, sempre nell’introduzione del volume, si è parlato di sussidiarietà verticale e orizzontale in termini di finalizzazione al «reale avanzamento del bene comune».
Allora, in questo contesto, vorrei completare il ragionamento, ponendo l’accento sul fatto che in tali valutazioni occorre sempre avere di mira il fondamento e la misura di tutto: il cittadino o, meglio, la persona. Come efficacemente affermato in dottrina, quindi, la sussidiarietà verticale deve guidare l’allocazione delle funzioni sulla base «di un obiettivo concreto di crescita della persona e di difesa della sua dignità» (Arena, 2003, 8). E analogamente, una volta individuato il livello istituzionale più adeguato a tale scopo, anche la sussidiarietà orizzontale, che vede nei cittadini e nella formazioni sociali degli “alleati”, deve concorrere allo stesso obiettivo, la realizzazione dell’individuo (Arena, 2003, 8), secondo il principio personalistico fatto proprio dalla nostra Costituzione.
Vorrei quindi concludere con le parole di uno noto studioso di sussidiarietà, Gregorio Arena: «Sussidiarietà verticale ed orizzontale dunque si sostengono e si integrano a vicenda; ed entrambe sono finalizzate alla realizzazione di un interesse generale che grazie al rapporto fra l’art.118, u.c. e l’art.3, 2°c. non è una mera astrazione, bensì si concretizza in azioni di soggetti pubblici e privati dirette a creare le condizioni per la piena realizzazione di ciascun essere umano. Nel punto di intersezione fra sussidiarietà verticale ed orizzontale, in altri termini, c’è quella persona umana che la nostra Costituzione ha voluto al centro dell’intero sistema istituzionale, con i suoi diritti ed i suoi doveri» (Arena, 2003, 8).