“Le quotazioni di Renzi sono basse perché il premier parla un linguaggio del tutto estraneo agli italiani. Quando insiste sulla ripresa e sull’Italia che ha svoltato, non fa i conti con il fatto che non è questa la percezione della maggior parte della gente”. E’ quanto afferma Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds. Martedì Pier Luigi Bersani ha attaccato il segretario del Pd, dicendo che da quando Verdini ha votato la fiducia “siamo nella Casa delle Libertà. Devo riconoscere a Renzi una straordinaria qualità: è riuscito a cambiare le papille gustative di un bel pezzo dell’area democratica e del mondo dell’informazione visto che ora Verdini risulta improvvisamente commestibile”.



Stavolta Bersani ha attaccato Renzi in modo più duro del solito. La sinistra dem è pronta allo strappo?

Finora i toni sono sempre stati alti, ma le conseguenze non ci sono state. Ma quando questo linguaggio è usato da un uomo prudente come Bersani, che paragona il Pd alla Casa delle Libertà, l’allarme per chi teme che il partito si scinda deve essere più elevato. Anche se non fa esplicito riferimento a una spaccatura, il giudizio così tranchant di Bersani non lascia molto spazio al dialogo. A meno che questa pressione si stia esercitando per ottenere il congresso anticipato che aveva chiesto qualche giorno fa l’ex capogruppo Roberto Speranza.



Come farà Renzi a ricompattare il suo schieramento da Ala alla sinistra?

Renzi è convinto di avere sfondato a destra, nonché del fatto che c’è un pezzo di sinistra che non gli interessa. Altrimenti non avrebbe sottovalutato i 600mila astenuti dell’Emilia-Romagna, né avrebbe tentato di forzare la mano sia alla sinistra interna sia alla sinistra sindacale. Il premier è convinto che la sinistra di tradizione non abbia più un grande seguito. I calcoli del segretario del Pd però sono un po’ affrettati, perché si basano sulle disavventure degli avversari più che sui propri successi.



Questo potrebbe avere conseguenze per le amministrative?

Sì. Non dimentichiamo che nel 2013 la sottovalutazione dell’avversario portò Bersani a pareggiare elezioni che sembravano già vinte. Oggi Renzi sottovaluta la sorpresa delle comunali. Se a Milano decidesse di scendere in campo Gherardo Colombo, la borghesia intellettuale che aveva tifato per Renzi si potrebbe staccare. Man mano che si va avanti le elezioni amministrative presentano un’immagine sempre più confusa. A Napoli è in risalita de Magistris, al Nord la fronda di sinistra può mettere in difficoltà sia Sala sia Fassino, per non parlare di Roma che è un vero terno al lotto.

Come è messo Renzi per quanto riguarda il referendum costituzionale?

Non vorrei che anche sul referendum Renzi compisse lo stesso errore: si è talmente convinto di vincerlo che a un certo punto può trovarsi una coalizione di interessi offesi che si mette in moto e dà voce a un’area di scontenti che non è minoritaria. Si rassegni il ministro Boschi, il popolo degli scontenti è molto affollato e anche molto arrabbiato.

Al di là di un’area di malcontento, come sono in questo momento le quotazioni di Renzi?

Sono basse. I sondaggi dicono che il suo livello di popolarità è calato molto, tanto che ha raggiunto la quota più bassa toccata da Romano Prodi. La vera questione è che Renzi parla un linguaggio che non è in sintonia con la vita comune dei cittadini. Basta vedere la nota che ha diffuso martedì sui dati economici. Quello del premier è il linguaggio della ripresa e dell’Italia che ha svoltato, ma questa non è la percezione che hanno gli italiani.

 

La sedia del premier incomincia a scricchiolare?

Se l’alternativa è uno sconosciuto seguace di Grillo oppure Salvini, può darsi che gli italiani ritengano Renzi un male minore. A meno che il futuro candidato del centrodestra sia una figura politica alla Stefano Parisi, o che Grillo candidi come premier un grosso personaggio. L’opinione pubblica di destra e di sinistra ha guardato a Matteo Renzi con grande simpatia, ne ha apprezzato l’energia e la voglia di cambiare. Oggi però quella stessa opinione pubblica non riconosce a Renzi una coerenza di ragionamento, è preoccupata dalla sua eccessiva rissosità verso tutti e soprattutto è angosciata dal fatto che il premier vanti risultati quando l’italiano medio non se ne accorge.

 

Enrico Rossi ha deciso di correre per la segreteria del partito. E’ una candidatura civetta d’accordo con Renzi?

Io sostengo ufficialmente Rossi, proprio in quanto ritengo che la sua non sia una candidatura civetta. Alla base della mia scelta c’è un ragionamento.

 

Quale?

La sinistra Pd ha rivelato di avere due gravi problemi. Anche il gruppo dirigente più giovane nell’immaginario collettivo è stato coinvolto nella disastrosa gestione di Bersani. La stessa gestione che la sinistra Pd ha fatto di se stessa non è stata geniale, perché ha sempre alzato i toni ma poi ha votato tutti i provvedimenti del governo. Il problema è dare al Pd un’alternativa che, come dice Enrico Rossi, eviti al partito uno scontro lancinante tra renziani e anti-renziani. Rossi rappresenta un’alternativa riformista che da un lato non è ideologica e dall’altra non ha mai demonizzato Renzi.

 

(Pietro Vernizzi)

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