“L’operazione Vivendi-Mediaset, le dimissioni di Patuano e la direzione del Pd rimandata di 15 giorni ci dicono tutti la stessa cosa: c’è una grande caduta di accreditamento da parte di Renzi. Il premier è uno zero e i poteri forti internazionali ora se ne sono resi pienamente conto”. Lo evidenzia Rino Formica, ex ministro del Lavoro e per due volte ministro delle Finanze. Lunedì l’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, ha rassegnato le dimissioni. Nel frattempo è in corso la grande partita tra Mediaset e il colosso francese dei media, Vivendi, guidato dal finanziere Vincent Bolloré. Il piano è un acquisto incrociato di azioni per lanciare un grande agglomerato europeo in grado di sfidare il predominio di Sky.



Formica, qual è il ruolo di Renzi nella partita Vivendi-Mediaset?

In questa combine Renzi è stato emarginato. Il suo progetto era un altro: appoggiarsi all’amministratore delegato dimissionario di Telecom, Marco Patuano, e a un’altra cordata francese diversa da quella di Vivendi. Il disegno originario del premier è fallito. Dato che il personaggio cerca di trasformare anche le sconfitte in vittorie, può darsi che giocherà nel dire che questo è un successo. Ma alla prova dei fatti nello scontro che c’è stato ai vertici di Telecom, Renzi stava con l’ad Patuano. Se l’ad si dimette significa che Renzi ha perso.

Renzi di chi vuole fare gli interessi?

Renzi ha sempre interessi di potere. Quando manca una visione generale della soluzione dei problemi, la navigazione è a vista. Il premier cioè non tiene conto della meta da raggiungere ma del pericolo da evitare.

Ma a vantaggio di chi tornava l’operazione che aveva in mente Renzi?

Il punto è che tra Vivendi e Mediaset si sta compiendo un atto di grande concentrazione multimediale. Quest’ultima è sempre un architrave del potere, e quindi Renzi voleva essere della partita e anzi poterla controllare e dominare. Peccato però che l’operazione non gli sia riuscita.

Quindi ora che cosa accadrà?

Nasce in Italia un gruppo multimediale di grandi proporzioni che non è aggregabile al potere governativo dominante. Dopodiché in un mondo nel quale si muovono grandi interessi, non mi meraviglierei se tra sei mesi cambiasse anche lo scenario. Quanto avvenuto però va visto come un segno della caduta di accreditamento di Renzi sul piano internazionale.

Che cosa ha fatto fallire il piano di Renzi?

Il gruppo francese vincente, cioè Vivendi, gode di un forte appoggio internazionale anche oltre Atlantico.

I poteri economici americani non sostengono più Renzi?

Perlomeno Renzi oggi non è più un utilizzatore privilegiato del sostegno dei poteri forti.

Quali possono essere le conseguenze politiche?

Per il premier ciò comporta un indebolimento notevole, perché quando non si ha più questo accreditamento pur possedendo il cuore del potere politico di un Paese, si produce quello sbandamento cui stiamo assistendo nell’entourage renziano. C’è un fatto che oggi mi colpisce…

 

Quale?

La direzione del partito era stata convocata per oggi (ieri, ndr). E’ stata rimandata per l’incidente del pullman in Spagna che ha provocato sette vittime italiane. Avrei capito se si fosse trattato di un rinvio di 24 ore, mentre la direzione è stata rimandata al 4 aprile. Siamo di fronte a un espediente come annullare una direzione utilizzando una tragedia, che non nasce come tragedia politica bensì come un incidente, certo molto doloroso per le famiglie: ma sta di fatto che la direzione stessa è stata riconvocata tra 15 giorni. Nella storia italiana non è mai successo nulla del genere, nemmeno per la morte di Stalin.

 

Quali altri segnali legge dell’indebolimento di Renzi?

La stessa decisione di cambiare linea sul referendum sulle trivelle, lasciando libertà di scelta anziché schierandosi per l’astensione, è significativa.

 

Quello che i poteri forti imputano a Renzi è un fallimento politico o economico?

Il dato di fatto è che Renzi è incapace. La differenza tra Renzi e una vera guida politica di un Paese importante come l’Italia in una situazione di grande instabilità internazionale è la differenza che c’è tra lo zero e i numeri primi. I numeri primi sono autonomi, autosufficienti e indivisibili. Lo zero da solo è zero: per contare qualcosa ha bisogno di un numero davanti o dietro. Renzi è zero. Oggi per guidare il Paese ci vogliono dei numeri primi. Servono cioè delle grandi forze individuali e collettive che abbiano l’autonomia di pensiero e la non frazionabilità.

 

Qual è il ruolo di Verdini?

Verdini è uno di quei mediatori che cercano in ogni modo di entrare in qualsiasi operazione, ma non è lui ad averla pensata in questo caso.

 

Quanto durerà ancora Renzi?

Durerà finché si troverà la soluzione alternativa, della quale oramai già tutti discutono.

 

L’alternativa verrà dall’interno del Pd o dall’esterno?

La scossa verrà dall’esterno, cioè dalla situazione economica e sociale.

 

Potrebbe venire da una vittoria di Virginia Raggi alle Comunali di Roma?

No, le elezioni di Roma sono ormai un fenomeno che si sviluppa a bordo campo, mentre l’implosione avverrà nel centro del campo stesso, cioè nella situazione economica e sociale del Paese.

 

(Pietro Vernizzi)