“Le comunali di Roma rischiano di riportarci al punto di partenza del febbraio 2013, con tre schieramenti uguali tra loro e nessun vincitore. Anche per questo auspico un congresso anticipato tra le amministrative e il referendum costituzionale per non trascinare inutilmente la legislatura una volta approvate le riforme”. E’ la speranza di Francesco Boccia, onorevole del Pd e presidente della commissione Bilancio alla Camera dei deputati. Il centrosinistra si presenta diviso alle amministrative a Roma, con il Pd che sostiene Roberto Giachetti, Sel e Sinistra Italiana schierate con Stefano Fassina e l’ex sindaco Ignazio Marino che potrebbe candidarsi a sua volta.



Presidente Boccia, come vede lo scenario delle amministrative a Roma?

E’ evidente che ci siamo infilati in una delle campagne elettorali più complicate degli ultimi decenni. Non c’è mai stato un frazionamento così forte tra le coalizioni che abbiamo conosciuto negli ultimi 20 anni. E’ in atto una scomposizione del quadro politico legata in parte alla trasformazione stessa vissuta dalla società negli ultimi anni.



Da dove nasce questo frazionamento?

In parte nasce da una differenza di strategie tra la legge elettorale per le politiche e le scelte che si fanno sui territori. L’Italicum è una legge elettorale che poggia sull’ambizione di un solo partito che mira a guidare il Paese. Di conseguenza sta portando soprattutto i grandi partiti a puntare tutto su se stessi. Questo non tiene conto delle dinamiche che caratterizzano le leggi elettorali per le amministrative. L’Italicum ha spinto alcuni partiti all’autosufficienza: io leggo così la stessa rottura tra Salvini e Berlusconi.

Anche nel centrosinistra però non mancano i problemi…



In questo Roma sta anticipando i tempi, perché la coalizione che aveva sostenuto Ignazio Marino non esiste più. Il mio timore è che le comunali di Roma ci riportino al punto di partenza del febbraio 2013, quando il Paese uscì con un sostanziale pareggio e con i tre blocchi elettorali, centrosinistra, centrodestra e 5 Stelle che di fatto si equivalgono.

Con quali conseguenze?

Nel 2013 l’Italia uscì senza una maggioranza, e di lì in poi nacque il governo Letta e poi il governo Renzi basati su un’alleanza centrosinistra-centrodestra. Un’alleanza straordinaria resa necessaria dal fatto che in parlamento c’erano tre blocchi contrapposti che non dialogavano tra loro. L’unico modo per formare una maggioranza è stato fare un patto sulla trasformazione di questa legislatura in un mandato costituente o comunque riformatore. Le amministrative rischiano di riportarci a questo stesso scenario.

Giachetti riuscirà quantomeno ad arrivare al ballottaggio?

Penso che Giachetti abbia grandi possibilità. Molto dipenderà da quanti movimenti civici riuscirà ad aggregare intorno al Pd e dalla stessa unità del Pd. In questo senso ho ritenuto che le dichiarazioni di Matteo Orfini la sera stessa delle primarie siano state un errore: non si può dire che chi non ha votato lo ha fatto perché nel Pd non ci sono più i capibastone.

Che cosa andava fatto invece?

Dopo tutti gli esempi negativi che sono stati dati a Roma sul piano amministrativo, l’unica cosa seria da fare sarebbe stato ringraziare gli elettori che avevano partecipato alle primarie, che sono stati comunque migliaia, e dire: “Ripartiamo da voi”. Un minuto dopo bisognava essere al fianco di Giachetti. E lo dico io che con il candidato del Pd ho avuto un confronto duro anche su temi diversi. Se si sta in un partito, si alza la mano al vincitore delle primarie e gli si dice: “Andiamo avanti insieme per vincere queste elezioni”.

 

A Milano intanto il Pd candida Sala. L’ex ad di Expo ha qualcosa da dire alla sinistra?

Spero di sì. Sala ha fatto le primarie e io mi sento tranquillo nel vederlo accanto a Pierfrancesco Majorino, che è un pezzo assolutamente credibile della sinistra milanese, come pure alla Balzani e a Pisapia. Poi dipenderà da Sala stesso il modo in cui riuscirà a intercettare un civismo straordinario come quello dell’esperienza politica ambrosiana.

 

Le tensioni di queste amministrative sono specchio di quanto sta avvenendo nel Pd nazionale?

Io penso che tra le amministrative e il referendum sarà necessario chiarire quali sono le posizioni alternative dentro al Pd, che inevitabilmente avranno una ricaduta sul congresso. Personalmente auspico un congresso anticipato per dare forza al partito stesso e per non trascinare inutilmente sia la fase precongressuale sia la legislatura una volta approvate le riforme.

 

Lei ha qualche riserva sul modo in cui il partito è gestito a livello nazionale?

Un partito è forte se è luogo di elaborazione di temi che poi sono oggetto del confronto con il governo di turno. Renzi ha inaugurato una stagione in cui segretario e presidente del consiglio coincidono. Questa è una stagione che sul piano congressuale va tutta riscritta e reinterpretata. I prossimi candidati sapranno che funziona così, e quindi dovranno fare una campagna congressuale dicendo chiaramente che il partito non può solo essere un luogo che organizza i gruppi parlamentari per sostenere le iniziative del governo.

 

(Pietro Vernizzi)