“Queste primarie di fine settimana, soprattutto a Roma, ma queste elezioni amministrative in generale, alla fine rappresentano veramente un’incognita”. Peppino Caldarola ha il dono del fiuto politico, perché nella politica c’è cresciuto, diventando anche deputato. Ma è pure un analista raffinato, un grande giornalista mai parziale e molto freddo, pacato nei giudizi.
Caldarola, partiamo da Roma, perché la situazione romana sembra la più complicata, per alcuni aspetti quasi indecifrabile se uno pensa al risultato finale. Non sto parlando solo delle primarie, anche se si può partire proprio da un’analisi di queste primarie. Devo dire che le candidature del Pd per le primarie non solo male e anche il dibattito è stato buono. Restringerei il risultato tra Roberto Giachetti e Roberto Morassut. Sono entrambe due persone di valore. Giachetti è un radicale che oggi milita nel Pd e ha fatto battaglie importanti. E’ un politico combattivo, preparato e non è nemmeno uno che ha “scoperto” improvvisamente Matteo Renzi. Si può dire che lo è sempre stato renziano. In più ha già un’esperienza nella macchina comunale, fatta ai tempi di Rutelli. Ma anche Morassut rappresenta qualche cosa di solido in fatto di competenza nella macchina comunale. E in più resta l’esponente legato di più alla tradizione di sinistra, al Pd come partito che rappresenta il popolo di sinistra. Io credo che alla fine la spunterà Giachetti, ma certo ci sono tante varianti da considerare.
Quale è la principale secondo lei, Caldarola? Credo che una delle questioni principali sia la partecipazione al voto, a cominciare dalle primarie di Roma. Ho colto questa preoccupazione in più di un rappresentante del Pd e non solo. Il discorso sulla partecipazione al voto può essere analizzato da diversi punti di vista. Un’astensione forte sarebbe un fatto negativo e potrebbe essere legata soprattutto alla situazione che si è vissuta a Roma. Tuttavia si potrebbe cogliere anche qualche cosa di più che riguarda tutto il Paese, non solo Roma.
Potrebbe diventare l’espressione di un disagio generale, di una grande incertezza che si vive non solo a Roma. E’ questo che intende, Caldarola? Non si possono escludere segnali di questo tipo. Ho visto che persino nelle primarie di Milano c’è stata una leggera flessione. Intendiamoci, quelle primarie hanno avuto una partecipazione consistente di persone, militanti, simpatizzanti. Si può sempre parlare di un’ottima presenza di votanti. Ma è evidente che il contesto di questi giorni, in una città come Roma e nella situazione in cui vivono oggi gli italiani, può suscitare qualche apprensione sulla partecipazione al voto.
Si poteva pensare a un’altra variante su queste primarie romane del Pd. Ad esempio quello che può rappresentare il “caso Marino”. Fino a pochi giorni fa non si sapeva neppure se partecipasse o meno alle primarie. Che incidenza può avere l’area del consenso a Marino?
Credo che Ignazio Marino, il “caso Marino”, alla fine non avrà una grande incidenza né sulle primarie né sul voto amministrativo. Devo dire che l’ho giudicato personalmente un pessimo sindaco, così come ho giudicato in modo estremamente negativo il modo in cui è stato deposto. Ma mi pare che non abbia molte “cartucce” in tasca. Alle primarie credo che non abbia partecipato perché probabilmente temeva di dover ancora giustificare qualche biglietto di spesa. Mi sembra una motivazione molto modesta. Poi c’è questo libro che ha scritto, una sorta di diario. Non so esattamente. Ma non credo che possa ribaltare la situazione con i suoi elettori, che a mio parere, alla fine, se ne staranno tranquilli.
C’è chi sostiene che avrebbe un consenso elettorale valutabile intorno al 12 per cento.
Non credo che possa valere questa percentuale. C’è piuttosto la lista di sinistra, quella che viene guidata da Stefano Fassina, che potrebbe invece valere quella percentuale o andarci vicino. Sarebbe quindi la lista di Fassina che potrebbe pesare su chi andrà al ballottaggio. Fassina tra l’altro è una persona preparata, un politico di peso.
Ma nel panorama politico romano, le varianti si sprecano se parliamo non solo di primarie del Pd ma delle amministrative nel complesso. Che ne pensa, ad esempio, di Alfio Marchini?
Certo. Altra variante da tenere in considerazione. Non so quali progressi abbia fatto in questi giorni. La sua posizione può rappresentare un’ autentica incognita. Marchini è di “antica sinistra” dal punto di vista familiare, ma sarebbe andato bene al centrodestra e alla fine, in qualche modo, rappresenta Roma più di tanti altri. Un’altra incognita, veramente.
Quello che invece, a naso, non pare che rappresenti Guido Bertolaso.
Ecco. In questo caso mi sento di azzardare un pronostico: non raggiungerà il ballottaggio, perché non si capisce neppure come possa conciliare le diverse posizioni nel centrodestra.
Alla fine il ballottaggio potrebbe essere un confronto tra Giachetti, vincitore delle primarie del Pd e la candidata del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi.
Al momento, considerando tutte le preoccupazioni di partecipazione, le varianti su cui si può discutere, questo ballottaggio tra Giachetti e Raggi mi sembra l’ipotesi più ragionevole.
Guardiamo invece Napoli, con una situazione che si sta chiarendo. Nel senso che la candidatura di Antonio Bassolino non pare aver scompaginato le fila del Pd.
Fino a qualche mese fa sarei stato incerto sul risultato delle primarie napoletane. Ora invece la situazione di Napoli mi sembra abbastanza di ordinaria amministrazione nella sua ovvia complessità. A mio parere vincerà Luigi de Magistris, non perché abbia realizzato qualche cosa di decisivo per la città, ma perché i napoletani lo vivono ancora come uno di loro, uno che non rappresenta l’apparato, il potere. E sostanzialmente uno che è contro, un ribelle, in sostanza.
(Gianluigi Da Rold)