“Io ho votato Morassut, ma ora sosterremo Giachetti senza se e senza ma. Un problema politico dopo le primarie di Roma? Certo che c’è. E Renzi deve affrontarlo”. Dopo le primarie capitoline del Pd, che si sono chiuse domenica con la vittoria dimezzata del renziano Roberto Giachetti, parla Gianni Cuperlo, dalemiano, eminenza grigia della minoranza dem che fa capo a Speranza e Bersani. Cuperlo contese a Renzi la segreteria del Pd nelle primarie dell’8 dicembre 2013, uscendone battuto. Ora il Pd ha bisogno di un tagliando — dice Cuperlo al sussidiario — ma soprattutto gli serve un segretario a tempo pieno. Renzi? “Deve fidarsi di noi. Quando non l’ha fatto, non ha avuto buoni risultati”.



Cuperlo, la vittoria di Giachetti ha provocato molti mal di pancia.
Diciamoci la verità, non è che a Roma ci volessero le primarie sapere che la situazione era complicata. La vicenda Marino ha lasciato sul terreno molte tossine e ferite aperte e tutto ciò si è riversato nelle primarie. Per questo ci vuole secondo me un giudizio più equilibrato. 



D’accordo, Cuperlo, ma quei 50mila che hanno disertato i seggi hanno fatto parlare di vittoria dimezzata, eccetera.
Ma quegli altri 50mila che hanno votato erano persone vere, io al mio gazebo le ho viste in fila, persone che hanno la volontà, nonostante tutto, di esserci, perché convinte che le primarie siano ancora uno strumento prezioso, da sfruttare.

Secondo lei quindi non c’è un problema politico?
Il problema è interamente politico. Quelle 50mila persone che non sono tornate ai seggi non le possiamo liquidare come la somma di capibastone, affiliati a mafia capitale o gruppi rom, non è questo il modo per risolvere la questione (il riferimento e al presidente del Pd, e commissario di Roma, Matteo Orfini, ndr). In questo momento serve grande unità e insieme la capacità di riconoscere che, evidentemente, siamo di fronte a una frattura tra il Pd e una parte del nostro popolo.



Ora Roberto Giachetti è anche il suo candidato, lo dicono le primarie.
Appunto. Io ho votato Morassut, ma ora Giachetti è il candidato del Partito democratico e spero non solo del Partito democratico. L’impegno di Giachetti e di ciascuno di noi dovrebbe essere quello di non polemizzare al nostro interno e di lavorare, con grande umiltà, per recuperare la fiducia con un pezzo di città che questa fiducia l’ha smarrita.

Però non si può ancora escludere una candidatura alternativa, da parte dell’altra sinistra per esempio. 

Se lo fanno sarà una loro scelta, legittima. Noi il nostro candidato lo abbiamo scelto alle primarie e si chiama Roberto Giachetti, che io sosterrò con l’impegno e la coerenza richiesta. Questo per me non è in discussione. Quando si scelgono le primarie come strumento di selezione di una candidatura, io sono affezionato all’idea che poi l’esito di quelle primarie vada rispettato. 

Giusto. Però di fronte al risultato di Roma la minoranza dem, di cui lei fa parte, è tornata all’attacco, dicendo che che occorre dividere la figura del segretario da quella del premier.
E lo dice a me? Io ci ho fatto su un congresso: mi sono candidato alla segreteria del mio partito proponendo esattamente questo, la distinzione della figura di segretario da quella di premier. La motivazione che usavo all’epoca è la stessa di oggi: chi guida il partito non può non aver bisogno del tempo necessario a governare una macchina così complessa. 

E lei lo ha detto a Renzi in direzione, no?
Certo: tu, Matteo, hai chiesto un mandato pieno per fare insieme il segretario del Pd e il capo del governo, io avevo una posizione diversa, ho perso e ne ho preso atto; ma se tu hai chiesto il mandato a esercitare entrambe le funzioni, fallo, il segretario del partito, perché la segreteria nazionale del Pd non si riunisce da luglio dell’anno scorso… cose che hanno sentito tutti.

Però è passata un’altra linea. E adesso?
Lo so e non penso di riportare indietro le lancette dell’orologio. La sua domanda andrebbe rivolta non a me ma al segretario: scusa, ma dopo due anni e mezzo sei ancora convinto che quella fosse la scelta giusta da fare? Perché alla luce dei problemi che abbiamo davanti, se avessimo tra le mani un’auto e non un partito, direi proprio che ci sarebbe bisogno di un tagliando.

Ma scusi, Cuperlo, la divisione dei ruoli non le sembra un’ipotesi dell’irrealtà con Renzi al timone?
Intanto le ho detto: non ho cambiato opinione. In questo momento, più che chiedere come un’eco nel vuoto di distinguere le due figure, sarebbe saggio che in una discussione seria, magari proprio nella direzione prossima ventura, al segretario si ponesse questa domanda e si esigesse una risposta. I problemi ci sono e non si possono più risolvere con la metafora dei gufi, vanno affrontati nell’interesse del partito e nell’interesse del governo. 

Auspica un congresso in tempi rapidi?
Ho la netta sensazione che la legislatura non arriverà al 2018 e che si voterà nel 2017, e che quindi il congresso sarà inevitabilmente un po’ anticipato rispetto ai tempi, se la mia previsione è giusta. Ma adesso non è questo il cuore del problema.

Anche lei, sfogliando il Corriere, si sarà imbattuto nell’ipotesi di candidatura di Massimo Bray. Cosa ne dice?

Massimo Bray è una persona di grande valore e per di più e anche un amico, ma in questo momento non è il candidato del Pd o della sinistra del Pd. Come le ho detto più volte, in questo momento il candidato ha un nome e un cognome e si chiama Roberto Giachetti, e lo sosterremo senza se e senza ma.

Insomma Renzi può fidarsi di voi.
Renzi deve fidarsi di noi; sbaglia se non si fida del suo partito. Anzi, ogni volta che non si è fidato del suo partito, non ha avuto buoni risultati…

(Federico Ferraù)