Qualcosa si muovo nel Partito Democratico e oggi non ha molto di positivo per il premier e segretario Matteo Renzi: dopo il caso Guidi e le dimissioni in seguito alle intercettazioni sulle inchieste del petrolio a Potenza, le opposizioni sono i subbuglio e rivoltate tutte unite contro il Pd mentre la minoranza interna si agita e inizia a sferrare le prime avvisaglie. Parla Enrico Rosi, governatore della Regione Toscana e candidato segretario per il prossimo Congresso del Partito Democratico: non fa parte dell’area di “classica” minoranza alla Bersani, ma è certamente sempre più distante anche dalla guida simil renziana. «Federica Guidi, ministro dello sviluppo economico, ha dato le dimissioni per una storia di conflitto d’interessi. La ringrazio per questo, però ritrovarmi come ministro dell’industria un esponente nazionale di Confindustria mi ha sempre fatto una certa impressione, perché fin dall’inizio c’era un oggettivo conflitto di interessi che poi è esploso». Secondo Rossi, che lancia così stilettate a Renzi a tutta la maggioranza, il profilo ideale sarebbe stato quello di Claudio De Vincenti, che bene aveva operato come sottosegretario nel governo Letta. La Direzione tra te giorni si fa sempre più bollente.
Una bufera di portata enorme sopra al Pd, con lo scandalo sul ministro Guidi e Boschi che il giorno dopo evidente non si placa: le dimissioni del Ministro per lo Sviluppo Economico dopo le intercettazioni sule piattaforme petrolifere in Basilicata hanno ottenuto il risultato opposto di quanto sperato, ovvero di spegnere il fuoco sul nascere. Le opposizioni infatti chiedono al Partito Democratico e al Governo intero perché, se per la Guidi vale il problema di opportunità politica dopo il caos-petrolio, lo stesso non vale per Maria Elena Boschi. Inutile dire che ovviamente i due ministri hanno “pesi” diversi nell’economia della maggioranza, oltre che la Boschi non risulta comunque implicata in alcuna intercettazione (va ricordato che neanche la Guidi è indagata, al momento, per quanto è emerso dagli atti). Come fare dunque per Renzi? Situazione bollente alla vigilia della Direzione del Pd, prossimo 4 aprile, e alla pre vigilia del Referendum Trivelle che trattando proprio del medesimo argomento, il petrolio, rischia di complicarsi ancora di più. In più sorge la “minaccia” di una possibile spaccatura in Direzione con la minoranza dem che certamente cercherà di approfittare delle defaillances del parte renziana con la lo smacco dell’implicazione di Boschi nello scandalo petrolio. Ce la faranno? E soprattutto, cosa chiederanno Bersani e Speranza in cambio di una unione mantenuta?
Tra tre giorni ci sarà la Direzione del Pd e forse qualche resa dei conti verrà effettivamente “fatta fuori”: di sicuro le grane in campo sono parecchie e non riguardano solo le difficili campagne elettorali per le Comunali di primavera tra poco in atto, da Roma a Milano passando per Napoli, le situazioni non sono certo sempre rosee. Ma ieri è scoppiato lo scandalo per le intercettazioni sul ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi che in serata si è poi dimessa: nella vicenda petrolio, il nome del membro della squadra di governo Pd risulta nelle carte dell’inchiesta sugli impianti petroliferi Eni in Basilicata, con le telefonate agli atti dove viene “immortalata” al telefono con il compagno Gianluca Gemelli, indagato per traffico di influenze, a proposito di emendamenti favorevoli alla Total con il compagno che era in affari proprio con la compagnia francese. E ora che si fa? Bella grana per il premier-segretario Matteo Renzi, a pochi giorni dalla Direzione del Partito Democratico che si preannuncia bollente, a dir poco. Nelle carte risulta anche il nome di Maria Elena Boschi, anche se al momento non ci sono né accuse né opportunità di conflitto d’interesse per la super-ministra del governo Renzi. Lobby del petrolio, governo senza un ministro e ammissione di colpa: come riuscirà il premier a tenere a bada la minoranza del partito sul piede di guerra e nello steso tempo le opposizioni insorte allo scandalo dopo il caos-Guidi.