“Sulla testa di Renzi si sta avvicinando la tempesta perfetta, e può darsi che il premier preferisca vederla subito piuttosto che farsi logorare nell’attesa. Anticipando la sfida finale però non fa altro che provocare a sua volta un’accelerazione delle forze a lui ostili”. Lo evidenzia Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds. Lunedì Renzi è intervenuto di fronte alla Camera del deputati in occasione dell’ultima lettura per le riforme costituzionali, che dovrebbe concludersi mercoledì. “Quello che sta avvenendo è un passaggio al quale non tutti credevano e in molti casi anche noi pensavamo di non vedere più”, ha detto il presidente del Consiglio. Per Caldarola però, “Renzi sta sottovalutando un fatto: fino a poche settimane fa era l’unico funambolo, invece oggi vediamo che sono scese in campo altre squadre ed è iniziato il campionato. Lo documentano M5s che cresce nei sondaggi e un rinnovato centrodestra non berlusconiano riunito attorno al nome di Stefano Parisi”.



Secondo lei quali carte ha in mano Renzi per rilanciare?

Non è facile perché sulla testa di Renzi si sta avvicinando la tempesta perfetta, cioè il concentrarsi del voto per il referendum, dell’inchiesta di Potenza e delle amministrative. Il premier non deve farsi mettere nell’angolo. E’ necessario un rilancio vero, di progetto. E’ per questo che non può limitarsi agli 80 euro ai pensionati che ricordano mosse già viste. Renzi potrebbe inoltre cercare di ottenere una sorta di “pax” nel suo partito.



Che cosa ribolle nel ventre del Pd?

Una componente del partito, rappresentata da Michele Emiliano, ha scelto una linea durissima nei confronti di Renzi. In un’intervista a La Stampa, il presidente della Regione Puglia ha picchiato come un fabbro su Renzi e sul governo. Con il suo attacco al premier, Emiliano si è messo a capo della corrente ambientalista che oggi non è più rappresentata da un soggetto politico.

In questo senso il referendum del 17 aprile potrebbe diventare a favore o contro Renzi?

Ovviamente il referendum sulle trivelle potrebbe non raggiungere il quorum. Intorno al voto del 17 aprile però si sta aggregando una quota di elettori che andando alle urne vogliono dimostrare la loro ostilità a Renzi. Può accadere che tecnicamente il referendum raggiunga il quorum, e questa per il premier sarebbe una sconfitta, oppure che ci vada abbastanza vicino, e in questo modo si manifesterebbe l’esistenza di un significativo blocco elettorale ostile al governo.



Secondo fonti del sussidiario, Renzi sta pensando di anticipare il referendum costituzionale al 19 giugno. Come valuta questa scelta dal punto di vista politico?

L’idea di non farsi cuocere a fuoco lento è utile. E’ del tutto evidente che Renzi ormai ha intorno a sé un concentrato di oppositori di vario tipo, tanto che il premier sta scoprendo di essere tragicamente solo. La carta del referendum costituzionale del resto è sicuramente favorevole a Renzi, in quanto non credo che la maggioranza degli italiani vogliano che le cose rimangano come sono.

Quindi ha senso anticipare il voto?

Il premier deve cercare di capire se anticipando il voto non provochi a sua volta un’accelerazione delle forze a lui ostili. In questo senso prima ho detto che si sta avvicinando la tempesta perfetta. Può anche darsi che chi teme la tempesta perfetta preferisca vederla subito piuttosto che farsi logorare nell’attesa. L’anticipare la data del referendum non è però di per sé una garanzia per la vittoria.

 

Da dove viene questo coagularsi di forze ostili a Renzi?

Innanzitutto dalle amministrative di Milano. Quella di Parisi è la candidatura più intelligente che il centrodestra abbia fatto. La sua scelta documenta la possibilità di dare vita a un centrodestra libero da Berlusconi e dai suoi colonnelli. Se questa ipotesi dovesse avere successo a Milano, potrebbe avere un futuro nazionale. Anche questo è un dato che va elaborato, sapendo come diceva D’Alema che il nostro è un Paese con una maggioranza di centrodestra. Adesso questa maggioranza si rifugia nell’astensione e nel voto di protesta, ma se trovasse una leadership moderata tornerebbe ad aggregarsi.

 

Secondo un sondaggio di Ilvo Diamanti, M5s si sta rafforzando sul Pd. Anche lei ha questa percezione?

Nel momento in cui Grillo e Casaleggio sono più in crisi, M5s sta raccogliendo i frutti di quanto ha seminato in questi anni. I sondaggi danno la Raggi in testa a Roma, e dicono che in un ballottaggio Renzi-Di Maio vincerebbe il secondo. Sono tutte previsioni negative per il premier. Fino a poche settimane fa Renzi sembrava avvantaggiato dalla fluidità delle opposizioni, un funambolo che non sa neppure a chi passare la palla perché in campo c’è solo la sua squadra. Invece oggi se ci guardiamo intorno vediamo che sono scese in campo altre squadre ed è iniziato il campionato.

 

Renzi potrebbe essere tentato di cambiare l’Italicum?

Cambiare l’Italicum in questo momento richiede una forzatura parlamentare che andrebbe  fatta senza il consenso di tutte le parti. M5s infatti non ha nessuna intenzione di modificare la legge elettorale. A Renzi occorrerebbe quindi trovare il consenso nel suo partito, con la sinistra che lo ha abbandonato e che lo critica, e con il gruppo dei berlusconiani che rispondono ancora a Berlusconi.

 

Possono bastare i voti di Verdini?

Certamente no, perché il premier non potrà affrontare tutte le sfide elettorali che lo attendono se trasmette l’immagine di un leader autoritario. Il leader può essere autoritario se porta a casa dei successi in termini di occupazione e di sviluppo del Paese, ma l’opinione pubblica non ha la percezione che l’Italia abbia voltato pagina.

 

(Pietro Vernizzi)

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