“Per Mattarella fare del referendum costituzionale un plebiscito a favore o contro Renzi è un chiaro errore, anche perché è una partita dall’esito incerto nella quale alla fine potrebbero vincere i no”. Lo evidenzia Luciano Ghelfi, quirinalista e giornalista politico del Tg2. “Il no al referendum sulle riforme è inspiegabile con argomenti di merito. Si spiega solo con l’odio personale verso di me”, ha ribadito Matteo Renzi, presidente del Consiglio, all’indomani del voto favorevole alla Camera dei deputati. Una conferma della sua volontà di personalizzare lo scontro sulla riforma costituzionale.



La Camera ha approvato la riforma Renzi-Boschi. Mattarella che cosa ne pensa?

Mattarella ha già detto in più occasioni di essere favorevole alla riforma costituzionale, in quanto ritiene che sia necessaria per sbloccare il Paese: di questo è assolutamente convinto. Del resto lo ha lasciato capire più volte, anche se non è voluto entrare nel dettaglio. Molte volte anche parlando all’estero il presidente ha detto che l’Italia è alle prese con un robusto e impegnativo sforzo di riforme.



L’altro giorno, incontrando degli studenti, Mattarella ha detto che “la Costituzione va letta parola per parola”. Voleva parlare anche a qualche adulto?

Penso di no. Mattarella voleva sottolineare l’importanza dell’attuazione piena della Costituzione e della stessa riforma costituzionale che si voterà a ottobre, ammesso che abbia la maggioranza degli italiani. Sarà un passaggio delicato su cui Mattarella chiaramente sarà chiamato a vigilare e in qualche modo a dire la sua.

Che cosa ne pensa il presidente del fatto che Renzi abbia trasformato il referendum costituzionale in un voto sulla sua persona?



Per antica concezione politica di Mattarella, è probabile che questa non sia la strategia che userebbe il presidente, anzi probabilmente questa è una parte che non gli piace più di tanto. Trasformare il referendum in un’altra cosa, incentrandolo non sul merito della riforma ma in un plebiscito pro o contro il premier, chiaramente non è la strategia che Mattarella ritiene la migliore. Di qui al referendum di ottobre probabilmente il Quirinale non interverrà, ma si limiterà a pronunciarsi a favore del fatto che gli italiani vadano a votare per dire la loro sulla riforma costituzionale.

Anche quello sulle trivelle intanto rischia di trasformarsi in un referendum pro o contro Renzi. Questo sviluppo come è visto da parte del Quirinale?

Con qualche preoccupazione, ma non più di tanta perché la sensazione è che difficilmente si possa ripetere lo scenario dell’“andate al mare” rivolto da Craxi agli elettori nel 1991. Quello di domenica del resto è l’ostacolo più facile dello slalom a pali stretti che attende Renzi.

Mattarella ha partecipato all’Italian-German High Level Dialogue. Che ruolo sta giocando il presidente in Europa?

Fin dal primo giorno Mattarella si è caratterizzato come un presidente fortemente europeista e in assoluta continuità con il suo predecessore. Da questo punto di vista la dottrina del Quirinale non è mai cambiata. C’è una spinta fortissima, e ribadita in ogni occasione, che i suoi interlocutori ormai conoscono. Mattarella ha sempre detto che serve più Europa, non meno. Secondo il suo pensiero non sono permessi né passi indietro né una stagnazione.

 

Neanche di fronte all’attuale crisi politica dell’Europa?

Mattarella ha sempre detto che l’Europa si è fatta nelle crisi, ma compiendo salti in avanti. Considera quindi dei grossissimi errori mettere in discussione Schengen o continuare con una politica di rigore economico esagerato. Quando a Torino ha detto che “i muri sono zavorra per l’Europa” il senso è stato estremamente chiaro, come è stato chiaro che si stava rivolgendo all’Austria pur senza citarla.

 

In questo senso il ruolo di Mattarella è parallelo o supplente rispetto a quello di Renzi?

Non si può dire che sia supplente, ma sicuramente agevola anche il lavoro del governo. Avere un capo di Stato così fortemente schierato dà una spinta a Palazzo Chigi. Mattarella tiene anche rapporti diretti con le massime istituzioni europee, come fa qualunque capo di Stato, e in questo ha anche una funzione di ammortizzatore rispetto alle tensioni tra Renzi e l’Europa.

 

Che cosa preoccupa di più Renzi in questa fase?

Le amministrative servono a Renzi per consolidare il partito, ma la vera sfida è quella del referendum costituzionale. In quel caso non ci sarà il paravento del quorum, che rende facile vincere la partita del referendum del 17 aprile. A ottobre per Renzi non si possono escludere i rischi di una sconfitta, perché potrebbero vincere i no.

 

(Pietro Vernizzi)

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