Domenica dalle 7 alle 23 si vota per il referendum abrogativo relativo alle piattaforme per le estrazioni a mare. Gli italiani sono chiamati a esprimersi sulla proroga o meno delle concessioni entro le 12 miglia marine dalla costa. L’articolo 75 della Costituzione è chiaro: “Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”. Il presidente della Corte costituzionale, Paolo Grossi, è intervenuto nel affermando che “si deve votare: ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini”. Un invito dal quale si è dissociato l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Abbiamo chiesto un commento a Fabrizio D’Esposito, giornalista politico del Fatto Quotidiano.
Che cosa ne pensa del dibattito sulla legittimità o meno dell’astensione?
Premetto che sono un giornalista politico e non un esperto di diritto. Ma il fatto che due pubblici ufficiali quali sono Matteo Renzi e Giorgio Napolitano invitino all’astensione è un reato punibile, o quantomeno è altamente diseducativo. Personalmente condivido quanto ha detto il presidente della Corte costituzionale, Paolo Grossi, secondo cui “votare è un dovere civico”. O quanto meno chi non va a votare non dovrebbe invitare gli altri a non andarci, come hanno fatto Renzi e Napolitano.
La Costituzione prevede che il referendum sia valido solo se c’è il quorum. Significa che il diritto all’astensione è garantito dalla stessa Costituzione?
Io non sto criminalizzando chi non va a votare. Lo stesso Mattarella ha detto che un privato cittadino poteva pensarla come Napolitano, ma che siccome è il capo dello Stato domenica andrà a votare. Il punto dolente di questa vicenda è che il presidente del Consiglio, dal momento che con questo referendum si gioca una partita politica, ha invitato all’astensione ed è stato supportato dallo stesso presidente emerito Napolitano. E’ questo ciò che trovo scandaloso.
Lei che cosa ne pensa dell’intervento di Grossi?
Il presidente della Corte costituzionale, l’istituzione chiamata a interpretare la Costituzione, ha detto che è dovere di ogni italiano andare a votare. Mi fermo quindi a quello che dice Grossi.
Perché secondo lei il presidente della Consulta ha deciso di intervenire?
Nel momento in cui c’è un forte accentramento da parte del potere esecutivo, la Corte costituzionale può esercitare un utile contrappeso che il Parlamento invece non riesce a mettere in atto. Oggi Renzi governa in modo assoluto. Anche sulle riforme costituzionali abbiamo assistito all’introduzione del cosiddetto “canguro” per strangolare il dibattito. Nel momento in cui il potere legislativo sembra annientato dalla smania del governo, ci è rimasta soltanto la Corte costituzionale.
Se la democrazia rappresentativa con il Parlamento non funziona più, la via d’uscita sono forme di democrazia diretta come il referendum?
Assolutamente sì. Proprio per questo il referendum sulle trivelle è un’occasione anche per dire no al governo Renzi e a una situazione in cui il Parlamento non è più libero di esprimersi.
Il referendum di domenica è anche un test politico sul gradimento di Renzi?
E’ un test interamente politico, anche se non si dovesse raggiungere il quorum. Anche se dovesse andare a votare il 40% degli italiani, che corrispondono a circa 20 milioni di persone, quelle potenzialmente sono tutte persone che a ottobre torneranno alle urne per votare contro le riforme costituzionali. Comunque Renzi in un modo o nell’altro non festeggerà. E’ un test politico che darà anche il polso del malcontento e del malessere generale nel Paese, nonostante la disinformazione dei media più vicini al presidente del Consiglio. Qualora non si dovesse raggiungere il quorum Renzi potrà cantare vittoria, ma dal punto di vista politico sarà una vittoria di Pirro.
E se un elettore fosse contro Renzi ma a favore del metano?
E’ il mio caso, io voterò “no” come Bersani perché voglio contribuire al quorum, ma sono favorevole all’uso del metano.
In questo modo non rischia di far passare un messaggio politico confuso?
Questa è la conseguenza della propaganda renziana. E’ stato Renzi fin dall’inizio a volere nascondere il più possibile questo referendum. Altrimenti avrebbe fatto l’election day, abbinandolo alle elezioni amministrative. Chi ha politicizzato il referendum è stato il presidente del Consiglio. Poi possiamo ragionare sulla composizione del voto, può esserci sempre un cittadino poco interessato alla questione delle trivelle che decide di andare a votare contro Renzi, ma il problema politico di fondo rimane.
E qual è?
Il problema è che abbiamo un presidente del Consiglio che non è frutto di un’elezione politica. Renzi sta al governo ormai da due anni senza un legittimo voto popolare. Le occasioni per chiedere al popolo di esprimersi sono pochissime, ed è per questo che anche il referendum sulle trivelle è diventato un voto politico.
(Pietro Vernizzi)