“Salvini e Meloni non sostengono Bertolaso perché sono convinti che il centrodestra come lo abbiamo conosciuto finora sia definitivamente morto e che il modello per battere Renzi sia quello della Le Pen. Il caso di Milano però può dimostrare esattamente il contrario”. Lo rimarca Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera. Venerdì Berlusconi ha deciso di andare avanti per la sua strada, e che il 29 aprile presenterà la lista a sostegno di Guido Bertolaso. Il centrodestra romano resta quindi spaccato in quattro, in quanto restano in campo le candidature di Giorgia Meloni, Alfio Marchini e Francesco Storace.
Quali nodi sono venuti al pettine con la candidatura di Bertolaso?
E’ venuto alla luce il fatto che non c’è più il centrodestra come lo conoscevamo, con un equilibrio tra centro e destra a vantaggio dei moderati e quindi con una leadership da parte di Berlusconi. E’ quello che una volta era chiamato il “forzaleghismo”, con un’unione di sentimenti anche molto simili che poi faceva perno su Forza Italia. Oggi non c’è più un’alleanza tra moderati e destra in cui il centro ha la leadership, non c’è più la guida di Berlusconi e neppure una destra che accetta di farsi sdoganare dal centro.
Che cosa è cambiato?
E’ cambiato che la destra vuole fare da sola perché pensa di fare meglio. Si è convinta che la Le Pen in Francia fa così, senza rendersi conto che poi il Fronte National al ballottaggio perde dappertutto. Quindi non è che la leadership di Berlusconi si sia esaurita perché è vecchio e stanco, ma perché non c’è più la ragione sociale dell’alleanza che era quella che Berlusconi si inventò quando sdoganò Fini. Nel 1994 il Cavaliere stese la sua ala protettrice sulla destra portandola al governo. Questo compromesso, quantomeno a Roma, oggi non esiste più.
Quale risultato vogliono ottenere la Meloni e Salvini in questo modo?
Vogliono mettere da parte il nonno, cioè dimostrare di essere loro la parte egemone della coalizione e soprattutto evitare di farsi imporre dei candidati scelti da Berlusconi. Dopo molti tentennamenti da parte della Meloni ha avuto successo la linea di Salvini, che era: “O il candidato piace a me o io non lo sostengo”. E’ curioso perché se c’è una città dove la Lega conta poco o nulla, questa è proprio Roma. Eppure attraverso la Meloni, Salvini è riuscito a giocare una partita che ha avuto successo.
Che cosa farà Berlusconi?
Berlusconi ha deciso che non vuole cedere lo scettro a Meloni e Salvini, soprattutto non a Roma. E’ però possibile che si inventi qualche altra soluzione, come un sostegno a Marchini.
La Raggi intanto ha toccato il tetto del consenso o può crescere ancora?
Almeno per il primo turno lo ha toccato, ma per ora le basta cercare i voti dei Cinque Stelle che sono già sufficienti per portarla al ballottaggio. E’ al secondo turno che la Raggi dovrà essere in grado di convincere un elettorato non suo.
Secondo alcuni Giachetti sta facendo una campagna troppo sottovoce. Fino a che punto questo è un problema?
La campagna di Giachetti finora non si è proprio vista, come del resto quella degli altri. La stessa Raggi, che è chiaramente in testa, non ha ancora detto nulla di rilevante sul governo della città. La vera debolezza di Giachetti è che è rimasto in mezzo al guado tra l’idea di rinnovamento totale, con la rottamazione del Pd romano, e il fatto di salvare il salvabile e presentarsi come un uomo che traghetta il vecchio Pd lungo un nuovo corso.
Che cosa dovrebbe fare Giachetti?
Giachetti ha un solo modo per vincere: presentarsi come colui che manda a casa il Pd romano. Questo può indebolirlo nel partito, ma è l’unica strada che può ottenergli i voti dell’opinione pubblica.
Renzi deve temere di più una sconfitta a Milano o a Roma?
Se Renzi perde a Milano il colpo politico al governo e al partito sarà molto forte. A Milano le scelte sono state tutte del premier: il candidato lo ha scelto lui, e Renzi stesso ha fatto tutt’uno con l’Expo e con Sala. Se per caso un centrodestra rinato e unito battesse il candidato del Pd, ci troveremmo di fronte alla prova che esiste ancora una coalizione di governo che ha i numeri per competere con quella del premier. Questa sarebbe la rottura della “magia di Renzi”, basata sul fatto di non avere alternative. Invece una vittoria di Parisi dimostrerebbe che un’alternativa c’è.
Ma non è proprio quello che Salvini e Meloni non vogliono più?
Salvini e la Meloni pensano che la loro sia la strada per avere la maggioranza, mentre io sono convinto che non lo sia. La destra italiana, con i suoi sentimenti, gli umori e quello stesso tratto xenofobo che in certa parte la contraddistingue, non può vincere le elezioni se non trova una guida conservatrice, moderata e credibile per l’intero Paese.
(Pietro Vernizzi)