Centrodestra anno zero. Passa per le elezioni comunali di Roma la definitiva disintegrazione dell’area moderata per come l’abbiamo conosciuta a partire dal 1994 e — forse — la sua ricostruzione futura in forme ad oggi del tutto ignote. Da due mesi ormai i partiti che hanno vinto per tre volte le elezioni e governato l’Italia per nove degli ultimi 22 anni si dilaniano nella scelta di un candidato comune per il Campidoglio, scelta ormai impossibile, visto che il tempo per raccogliere le firme e presentare le candidature è ormai agli sgoccioli.



Il primo dato chiaro è che a Roma il centrodestra ha deciso di perdere, condannandosi all’irrilevanza. Ciò che va definito è a chi giovi tutto questo. Matteo Salvini agita il peggiore dei sospetti: che Berlusconi, rifiutandosi di convergere su Giorgia Meloni, intenda fare un favore a Renzi, favorendo la corsa di Roberto Giachetti, in chiave anti-5 Stelle. Azzoppando la corsa della leader di Fratelli d’Italia, infatti, aumentano le possibilità che al ballottaggio con Virginia Raggi (data per certa) possa andare proprio il candidato del Pd, un risultato altrimenti impensabile.



Lo stesso sospetto alberga ormai stabilmente anche nella mente della Meloni. Per i due leoni rampanti del centrodestra, insomma, dietro le mosse dell’ex Cavaliere ci sarebbero i cascami del patto del Nazareno. Un sospetto che si è ulteriormente accresciuto leggendo la lettera di Berlusconi a Il Giornale, dove si legge che Forza Italia non è la destra, ma un movimento moderato alternativo alla sinistra che con la destra si allea.

Secondo Salvini si tratta di categorie superate dai fatti e dalla storia. A lui la definizione di destra va molto stretta. Per lui e per la Meloni il nemico numero uno da battere è il Pd renziano. Si batteranno sino all’ultimo minuto, ma se al ballottaggio la scelta secca dovesse essere fra Giachetti e Raggi, nessun dubbio: lo hanno già annunciato, appoggeranno la giovane candidata grillina. Per Berlusconi, invece, probabilmente la scala delle priorità è diversa, dal momento che attribuisce all’astensionismo la crisi del centrodestra.



Sarà proprio in quel momento che le strade dell’ex Cavaliere e quelle di Salvini e Meloni si separeranno. E stavolta potrebbe essere per sempre. Di una Forza Italia in calo costante di consensi Salvini non sa che farsene. E neppure la Meloni. In più, una (probabile) débâcle  alle amministrative di giugno (solo a Milano il centrodestra è unito e competitivo) potrebbe provocare ulteriori emorragie in quel che resta della “balena azzurra”, che già ha visto le scissioni di Alfano, di Fitto e di Verdini. 

Prospettive fosche, quindi, anche perché la diffidenza fra i tre protagonisti principali del centrodestra non è mai stata così alta. Berlusconi si sente minacciato da un’operazione a tenaglia Salvini-Meloni. Imputa loro un voltafaccia clamoroso proprio sul via libera a Bertolaso. E il suo nervosismo traspare nelle parole in libertà della sua fidanzata-convivente, Francesca Pascale, che si permette il lusso di definire quello che dovrebbe essere un alleato “troglodita e maschilista”. Una sparata talmente enorme da spingere il leader del Carroccio a ipotizzare che ormai le decisioni che contano (compresa la scelta di Bertolaso) siano in realtà appannaggio del duo Pascale-Maria Rosaria Rossi. E la fibrillazione si allarga all’ala nordista di Forza Italia, che governa con il Carroccio in Liguria, Lombardia e Veneto, e vuole continuare a farlo. Sale sulle ferite di un partito allo sbando.

Di un alleato così debole e ondivago Salvini non sa che farsene. Negli ultimi giorni aveva sperato che la ricucitura sulla Meloni fosse davvero possibile. Ma nessuno dei due si fida più dell’altro, e la trattativa è andata a monte a un passo dal traguardo. A questo punto a lui e alla Meloni, novelli Bruto e Cassio, conviene sferrare la coltellata definitiva, accelerando quel processo di decomposizione di Forza Italia che giudicano ormai inarrestabile. Infatti, finché l’ex Cavaliere rimane in campo nessuna nuova aggregazione è possibile. Troppo ingombrante la sua presenza. 

Ma quand’anche la disfatta di Forza Italia a giugno fosse completa, il nuovo centrodestra senza Silvio è un’incognita totale. Tutto da inventare. Il vento europeo è buono, come dimostra il voto del primo turno delle elezioni presidenziali in Austria. Ma convincere la parte moderata degli elettori di centrodestra a non scappare verso Renzi non sarà impresa per nulla facile. Il rischio è di fare una fine triste, come fu proprio di Bruto e Cassio.