“Nell’appoggiare Marchini, è ovvio che il Cavaliere sa bene di fare un favore a Matteo Renzi. Se si sottrae il voto moderato alla Meloni, quest’ultima difficilmente potrà superare Giachetti e presentarsi come la sfidante della Raggi”. E’ l’analisi di Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds. Ieri Silvio Berlusconi ha annunciato che Forza Italia sosterrà Alfio Marchini alle comunali di Roma. In una nota il Cavaliere rende noto che “con il dottor Guido Bertolaso abbiamo deciso di sostenere e fare nostra la candidatura dell’ingegner Alfio Marchini. Non è una scelta nuova. Marchini era stato la nostra prima opzione, ed era caduta per i veti posti da un alleato della coalizione”.
Che cosa succederà dopo la scelta di Berlusconi di sostenere Marchini?
Fino a qualche giorno fa sembrava che Berlusconi si stesse piegando alla decisione di convergere sulla Meloni, accettando i diktat di Salvini. La scelta del Cavaliere indica che non intende concedere a Salvini e Meloni la guida del centrodestra. Vede in loro due parricidi, e quindi non sta al gioco. Ma ci sono altre due letture possibili.
Quali?
Berlusconi è convinto del fatto che il voto moderato di Forza Italia non convergerebbe sulla Meloni, e quindi corre ai ripari cercando di radunare un po’ di truppe attorno a Marchini. Inoltre il sostegno di Berlusconi a Marchini, secondo i più maliziosi, potrebbe favorire un ballottaggio tra Giachetti e Raggi anziché tra Meloni e Raggi. La svolta di Berlusconi arriva però probabilmente troppo tardi. Se fosse arrivata quando aveva deciso di candidare Parisi a Milano, per Roma sarebbe stata tutta un’altra storia.
Davvero l’intento di Berlusconi potrebbe essere quello di fare vincere Giachetti?
E’ un’interpretazione maliziosa, che però ha un fondo di verità. In Berlusconi ci sono sempre state due anime. Da un lato quella propagandista che appare sempre molto estrema, dall’altra quella che tende invece a raggruppare i moderati in una linea che taglia alcune aree. Berlusconi non è mai stato subalterno a Bossi, anche se ne ha subito alcune influenze. Per il Cavaliere l’idea che tutta la sua eredità possa finire nelle mani di due personaggi che sono chiaramente estremisti come la Meloni e Salvini contraddice un pezzo della visione del mondo sua e di alcuni suoi importanti “suggeritori”, come Fedele Confalonieri e Gianni Letta.
Quindi preferisce fare un favore a Renzi?
Nell’appoggiare Marchini, è ovvio che il Cavaliere sa bene di fare un favore a Matteo Renzi. Se si sottrae il voto moderato alla Meloni, quest’ultima difficilmente potrà superare Giachetti e presentarsi come la competitrice della Raggi.
Perché Berlusconi fa questo gioco?
Perché il Cavaliere non ha niente da guadagnare da una destra guidata da Meloni e Salvini, mentre non ritiene di essere danneggiato da un governo del Paese che resti nelle mani di Matteo Renzi. Nel gioco della torre, tra Renzi, Salvini e la Meloni, di certo Berlusconi non butterebbe il premier.
Almeno Salvini vuole davvero vincere a Roma o soltanto contarsi?
Nessuno vuole vincere a Roma. La Meloni era nello stesso partito di Alemanno, e quindi il giorno in cui vincesse, il mondo di Alemanno si avventerebbe su di lei.
Neanche la Raggi vuole vincere?
No, o meglio a non volerlo è M5s, perché un anno di esperienza romana potrebbe danneggiare l’immagine del movimento in vista delle Politiche. La stessa Virginia Raggi, via via che appare “al naturale”, si rivela sempre più fragile. La polemica del Pd sui suoi dati biografici è sterile. Molto meglio lasciarla parlare, in quanto si vede subito che è del tutto inadeguata.
E Giachetti che cosa sta facendo?
Giachetti è un candidato interessante, ma finora non si è fatto particolarmente sentire. Il paradosso quindi è che Roma non la vuole nessuno: non mi pare che sia in atto una vera gara, in quanto i candidati sembrano più in stand-by che realmente desiderosi di vincere.
La svolta su Roma avrà ripercussioni anche su altre città come Milano?
No. Se boicottasse Parisi, Salvini dimostrerebbe di essere un Tafazzi qualsiasi, cioè uno che per dispetto crea un ostacolo a un candidato che si sta battendo bene. E’ anche da questo che si misurerà lo spessore di Salvini, che è sicuramente un abile propagandista, ma nessuno di noi ha capito se abbia anche in mente una strategia. Parisi sarebbe piuttosto danneggiato se la presenza di Salvini risultasse troppo ingombrante. A Milano il candidato del centrodestra ha qualche chance in più se esplicita il suo profilo di leader moderato, e quindi se Salvini si defila gli fa più un regalo che un danno.
(Pietro Vernizzi)