In vista delle elezioni comunali 2016 a Roma il candidato sindaco Alfio Marchini, appoggiato da Forza Italia, annuncia che se sarà eletto primo cittadino metterà mano agli stipendi dei dipendenti pubblici. Come riporta infatti l’agenzia di stampa Askanews Marchini ha affermato in un’intervista a La Repubblica: “Trovo immorale che il Comune paghi i suoi dipendenti 1100-1200 euro al mese. Introdurremo uno stipendio minimo di 1500 euro per le fasce a salario più basso. Vivere oggi a Roma con 1100 euro è impossibile”. Il candidato alle elezioni comunali 2016 a Roma ha poi aggiunto: “Secondo i nostri calcoli il costo del personale aumenterà solo di una sessantina di milioni, che incideranno su un bilancio di 6 miliardi l’anno: si deve e si può”. Le dichiarazioni di Marchini hanno già suscitato polemiche come quelle che ci sono state nei giorni scorsi dopo le sue parole sulle unioni civili: il candidato sindato ha infatti affermato che se verrà eletto “non celebrerà unioni gay”.
Giuseppe Sala risponde alle accuse di non essere candidabile alle elezioni comunali 2016 a Milano. Le amministrative si terranno il prossimo 5 giugno e le polemiche non mancano. Il settimanale Panorama sostiene che Sala non può essere candidato sindaco perché non si sarebbe mai dimesso dalla carica di commissario del Governo per Expo 2015. Così risponde il diretto interessato, come riferisce Tgcom 24: “E’ l’ennesima puntata del fango che stanno cercando di buttare su di me, questi sono professionisti dell’infamia. Stanno mostrando alla gente che c’è uno che si fa il mazzo per la città da anni e c’è qualcun altro che ricorre a queste piccole infamie. Continuino, io sono sereno”. E aggiunge: “Come non mi sono dimesso? C’è una mia lettera del 15 gennaio, protocollata il 18. Se vogliamo essere precisi ho firmato anche il bilancio pochi giorni fa. E nessuno ha avuto nulla da dire, sono atti formali che si fanno. Siamo alle accuse surreali ormai. La verità è che non hanno più contenuti, io giro per la città, parlo con la gente, faccio proposte come sto facendo oggi. E dall’altra parte c’è solo questo tentativo di fermarmi con questo fango continuo”.
Questione morale (o formale) nelle elezioni comunali 2016 a Milano, come già accaduto a Roma con il caso Meloni e poi Fassina: si parla di incandidabilità e giù polemiche per l’ennesima notizia che arriva non nel merito dei programmi ma su premesse e dettagli formali, pur importanti se fossero però confermate effettivamente. Su Giuseppe Sala è piovuta addosso una vicenda particolare: Panorama in edicola titola, “Sala non può candidarsi” e apriti cielo: secondo la rivista lombarda il candidato sindaco del centrosinistra alle prossime Amministrative 2016 sarebbe incandidabile e ineleggibile perché non si sarebbe mai dimesso dalla carica di commissario del Governo per Expo 2015, cosa che invece fece per la società Spa dove era Amministratore Delegato. Bufera politica per le Comunali a Milano con il governo tirato in ballo che però smentisce immediatamente: lo staff del Pd milanese una nota stampa mostra la lettera datata 15 gennaio 2016 con la quale si dice come «Giuseppe Sala si sia dimesso da commissario unico delegato del Governo, giù protocollata da Palazzo Chigi e dunque pienamente efficace per il decadimento della carica senza che occorra alcun adempimento». Interessante la reazione degli altri due candidati sindaco di Milano alle prossime elezioni comunali del 5 giugno: il grillino Gianluca Corrado ha annunciato subito la richiesta di accesso agli atti e un ricorso al Tar per “vederci chiaro”, mentre lo sfidante principale Stefano Parisi si rifiuta di seguire le polemiche a strascico, «sono contro queste azioni di discredito che sono sbagliate. Non sono interessato a questo e penso che anche i milanesi non lo siano». E sì che avrebbe potuto replicare alle stesse parole di Sala che in difesa aveva esclamato al Giorno, «Panorama solleva una questione surreale, ma ciò che conta qui non è il merito della vicenda, ridicolo peraltro. Conta l’atteggiamento di una certa stampa militante cui anche Panorama finisce per accodarsi. Con il vicedirettore Maurizio Tortorella candidato insieme a Stefano Parisi, il fu glorioso settimanale si presta ad una meschina provocazione, spiegabile solo con la volontà di non vedere i problemi politici del candidato protetto, che vanno dai nomi in lista di personaggi dal chiaro stampo razzista al tentativo, peraltro fallito, di candidare condannati in via definitiva». Questione morale? Forse più formale o semplicemente elettorale.