L’ex sindaco di Londra, astro emergente del Partito conservatore inglese, Boris Johnson, interpreta quello spirito british che ignora completamente il politicamente corretto e spara una bordata choc nel pieno della campagna elettorale sulla Brexit, il referendum che deve decidere l’uscita o meno della Gran Bretagna dall’Unione Europea.



Dice Johnson: “L’Unione Europea è simile a Hitler”. Intervistato dal Sunday Telegraph, Johnson sostiene che l’Ue persegue un obiettivo simile a quello di Hitler nella creazione di un sovrastato europeo. Nei fatti, Boris Johnson pensa che l’Unione Europea, quella a trazione tedesca, ha “rilevato l’economia italiana” e ha letteralmente “distrutto” la Grecia.



Al momento, la reazione degli europeisti inglesi è stata immediata e dura solo nelle parole dell’ex ministro laburista Yvette Cooper che ha replicato: “Johnson fa un gioco veramente sporco. Non dovrebbe fare giochetti con il periodo più buio e sinistro della storia europea”. Meno diretto, per il momento, il commento del leader laburista Jeremy Corbyn: “Il problema non è l’Unione Europea, ma il governo conservatore”. Addirittura un po’ imbarazzato, pronto a scantonare si direbbe, il premier David Cameron, che ha ignorato le dichiarazioni di Boris Johnson e nel suo comizio di ieri ha detto che “Uscendo dall’Unione perderemmo i finanziamenti per progetti vitali in tutte le regioni della Gran Bretagna”.



Non poteva invece che essere entusiasta Nigel Farage, leader del partito anti-europeista britannico Ukip. E’ probabile che nelle prossime ore la polemica diventerà più forte e i toni saranno più accesi. Sarà comunque difficile tenere un profilo basso verso queste dichiarazioni di Johnson e liquidare il personaggio come un neo-populista alla Le Pen o alla Matteo Salvini.

Boris Johnson è stato uno studente di Eton e poi di Oxford ed è un tory di grande spessore, per ben due volte ministro-ombra alla cultura a Westminster prima di diventare sindaco di Londra. Ma è anche un grande giornalista, che è stato direttore dello Spectator. Se si guarda attentamente la figura di questo personaggio, rampollo di una grande famiglia, con la doppia nazionalità (inglese e statunitense), si coglie una passione coltivata a Oxford, dove si è laureato in antichità classica e ha approfondito con passione gli studi e l’insegnamento di un grande storico, Edward Gibbon. In sostanza Johnson è un personaggio di rilievo, che con tutta probabilità prenderà nel partito tory il posto che oggi occupa David Cameron.

Un politico carismatico di grande cultura, dotato di una ironia tagliente, come quando fece i famosi “ringraziamenti” all’ex ministro laburista all’istruzione, Charles Clarke, “che non si sarebbe dato troppa pena se lo studio delle lettere classiche si fosse estinto completamente in Gran Bretagna”.

Per finire, Boris Johnson ha scritto un libro già famoso, ma che è destinato a diventare ancora più celebre in questo periodo: Il sogno di Roma, con un sottotitolo molto esplicito, “La lezione dell’antichità per capire l’Europa di oggi”. Converrà soffermarsi un attimo sul significato di questo libro, più avanti. 

Intanto è bene comprendere perché Boris Johnson ha sfoderato questa “sciabolata” contro l’Unione Europea, arrivando a paragonare la politica dell’Unione Europea a quella di Adolf Hitler. Johnson ha evocato lo spirito di Winston Churchill invitando i britannici a essere gli “eroi dell’Europa”, votando per l’uscita di fronte ai “disastrosi fallimenti dell’Ue” che hanno provocato tensione tra gli Stati membri e hanno permesso alla Germania di “rilevare” l’economia italiana e di “distruggere” la Grecia.

Più in generale, sull’Ue “che ha salvato la pace” come gli contesta Yvette Cooper, Johnson dice che soffre di “Un eterno problema: non c’è un’autorità che tutti rispettino e comprendano. E questo produce il grande vuoto di democrazia che stiamo vivendo”.

A ben vedere Johnson tocca temi sui quali gli inglesi sono molto sensibili e che li hanno visti spesso contrapporsi ai tedeschi. Ma l’ex sindaco di Londra, con indubbio fiuto politico, coglie anche un momento particolare. I sondaggi sulla cosiddetta Brexit registrano uno straordinario “testa a testa”. Poi ci sono dati disaggregati, con la City che probabilmente è favorevole all’Europa, ma con gli imprenditori britannici che sono contrari all’Europa per un 54 per cento. Quindi c’è un rimescolamento elettorale in varie zone del Paese, dove i laburisti perdono nei confronti degli indipendentisti di varie zone del Regno Unito.

Insomma una partita cruciale, che può ridisegnare la carta geopolitica del mondo.

Si possono aggiungere alcune sensazioni. Il presidente americano Barack Obama forse è stato imprudente a consigliare un voto di “non uscita” ai cugini inglesi, che tollerano difficilmente interferenze nella loro politica. Johnson, con doppia nazionalità e un’amicizia personale, non ha risparmiato critiche al “suo” presidente e amico Obama.

Ma oltre a questo, c’è la claudicante economia europea. Ritorna il dibattito e l’interrogativo di fondo sulla contrapposizione che fece Thomas Mann tra una Germania europea e una Europa tedesca. Ci sono le critiche all’attuale politica tedesca, non di neopopulisti, improvvisatori, “dilettanti allo sbaraglio”, ma di uomini come Helmut Kohl e del recentemente scomparso ex cancelliere socialista Helmut Schmidt. E c’è una vasta, sempre più dura, perenne insoddisfazione di tanti europei verso le istituzioni di Bruxelles e di Strasburgo e verso la politica economica che impone la Germania, dove le distinzioni tra destra e sinistra sembrano tramontate per sempre.

Boris Johnson coglie bene questo momento di grande incertezza europea. Poi, con la sua grande cultura, farà probabilmente riferimenti storici su cui alcuni sprovveduti inciamperanno facilmente. Dicendo unità europea, Johnson ritorna spesso al “periodo d’oro” dell’Impero romano, alla tragica sconfitta di Teutoburgo del console romano Publio Quintilio Varo nel 9 dopo Cristo. 

Poi c’è la disperazione per quella tragedia dove furono annientate tre legioni romane e 5mila ausiliari germanici. Infine c’ è il ricordo della saggezza di Augusto, e anche del successore Tiberio, nel fermare l’espansione romana al Reno e al Danubio, lasciando che il nord della Germania restasse nelle mani dei Cherusci di Arminio, il doppiogiochista. Forse quei popoli erano tetragoni alla grande civiltà romana.

Chissà che in questa polemica senza peli sulla lingua, Boris Johnson non riservi ad Angela Merkel, e al suo “cerchio”, il ruolo di nuovo Arminio del terzo millennio.