“L’obiezione sui costi di un voto in due giorni venuta da Enrico Letta è stata un colpo pesantissimo per Renzi. L’ex premier dispone di un filo diretto con Mattarella e di rapporti internazionali di primo piano. Se per Renzi comunali e referendum dovessero andare male, Letta è l’alternativa già pronta per sostituirlo”. Lo afferma Luciano Ghelfi, giornalista politico di Rai2 ed esperto di Quirinale. E’ bastato un tweet dell’ex presidente del Consiglio per scatenare un caso. “Tornare indietro? Voto in due giorni? Costa 120ml e tutti votano in un giorno solo. Si eviti questo ulteriore sfregio”, è stato il “cinguettio” di Letta. Tanto che alla fine Renzi è stato costretto a fare marcia indietro. La seconda in due giorni. Dopo avere detto per mesi che il referendum costituzionale è un voto sulla sua persona, martedì ha dichiarato: “Personalizzare lo scontro non è il mio obiettivo ma quello del fronte del no che, comprensibilmente, sui contenuti si trova un po’ a disagio”.
Che cosa ne pensa dell’accusa mossa da Renzi ai suoi avversari di volere personalizzare il referendum?
Il primo a personalizzare il referendum era stato lo stesso Renzi, che a gennaio ha detto anche: “Se perdo mi ritiro dalla politica”. Il cambiamento di posizione da parte del premier è una scelta dettata dal timore che qualcosa possa andare storto. Anche perché i primi sondaggi dicono che non sarà assolutamente una passeggiata. Anzi più di uno, al netto di un’altissima percentuale di indecisi, dà il no al referendum costituzionale in vantaggio.
Anche sul voto in due giorni il governo ha dovuto fare marcia indietro. Che cosa sta succedendo?
Le polemiche che sono scaturite sui costi e sull’incoerenza della posizione di Renzi hanno fatto sì che la linea del governo cambiasse radicalmente nel giro di 24 ore. Ad avere pesato da un lato sono stati i costi del voto in due giorni. Dall’altra in occasione del referendum sulle trivelle, che prevedeva il quorum, non si è fatto l’election day e si è votato in un giorno solo. Mentre nel caso del referendum costituzionale, che non prevede il quorum, si sarebbe voluto votare in due giorni. E’ evidente che le due cose stridono.
Come si spiega il dietrofront del governo?
L’obiezione sui costi venuta da Enrico Letta è stato un colpo pesantissimo. L’ex premier ha contestato il fatto che la scelta del giorno unico era stata fatta alle politiche di due anni fa proprio con l’obiettivo della riduzione dei costi della politica. Per non parlare del fatto che in tutta Europa si vota in un giorno solo. Tornare quindi alla doppia giornata di voto era abbastanza inspiegabile. L’uscita di Letta, insieme forse a una consultazione con Mattarella, ha consigliato a Renzi di fare retromarcia.
Le retromarce del governo denotano anche una difficoltà politica?
L’impressione di molti è che sia una fase non semplice in cui bisogna passare due scogli, amministrative e referendum. In entrambi i casi per Renzi la vittoria è tutt’altro che facile.
C’è anche una difficoltà legata all’attività di governo?
Se in campo economico il governo ottenesse risultati più evidenti sarebbe tutto più facile.
Renzi può ancora contare sul fatto di non avere un’alternativa?
Al momento non c’è un’alternativa vera in vista, soprattutto nei campi degli oppositori, ma non bisogna mai dormire sugli allori. Se il referendum dovesse andare male, a quel punto un’alternativa dovrebbe uscire per forza di cose.
Da dove potrebbe spuntare?
La risposta a questa domanda è insita nelle elezioni per le amministrative, che sono una prova generale di quanto può avvenire dopo. Serve assolutamente capire quali sono i rapporti di forza nel Paese, sia tra M5s e centrodestra, sia dentro al centrodestra stesso che al momento non ha un leader.
L’alternativa potrebbe anche venire da un ritorno in campo di Letta?
Dentro al Pd questa è un’ipotesi che non si può scartare. Nel momento in cui Renzi dovesse trovarsi in difficoltà, Letta potrebbe tornare in scena. E’ chiaro però che l’uno elide l’altro: non c’è spazio per entrambi nello stesso pollaio. Al momento i candidati che si vogliono opporre a Renzi per la segreteria del Pd sono Emiliano, Speranza e Rossi. L’ambizione di Letta è piuttosto quella di tornare a fare il presidente del Consiglio.
Quale ruolo sta giocando Letta in questa fase?
Letta è a bordo campo e aspetta. Anzi si è seduto sulla riva del fiume come il cinese del proverbio. Letta ha scelto di farsi da parte per non rompere con il Pd nel momento in cui quest’ultimo diventa il partito di Renzi. Ma non è assolutamente detto che la sua carriera politica sia finita con le sue dimissioni dal Parlamento: anzi ci potrebbe essere un domani. Letta continua a conservare relazioni internazionali e nazionali di primissimo livello che lo qualificano come una riserva sia per il Pd sia per la Repubblica nel suo complesso.
L’ex premier sta anche ricoprendo cariche internazionali?
Letta da qualche mese è presidente dell’associazione Italia-Asean, la comunità dei Paesi di Asia e Pacifico. L’associazione guidata dall’ex premier fa da ponte con una delle zone più emergenti del mondo. E’ vero quindi che Letta è andato a insegnare in un’università a Parigi, ma non è assolutamente sparito dalla scena politica internazionale.
Letta ha anche un filo diretto con Mattarella?
Possiamo dare conto di svariati inviti al Quirinale, compreso quello a Giacarta quando Mattarella è stato in visita in Indonesia. Alla sede centrale dell’Asean il capo di Stato ha voluto con sé l’ex premier. Vengono dalla stessa identica militanza Dc-Margherita-Pd, e quindi i due sicuramente hanno un filo diretto.
(Pietro Vernizzi)