“Beppe Grillo è un leader capriccioso e autoritario, schierato apertamente con l’ala più dura e ortodossa dell’M5s. E’ questo che gli toglie credibilità, in quanto per guidare un movimento in modo carismatico occorre essere al di sopra delle varie correnti interne, come hanno saputo fare sia pure in modo diverso Berlusconi, Craxi e Pannella”. E’ l’analisi di Mauro Suttora, inviato di Oggi ed esperto del fenomeno M5s. Per il Financial Times, Beppe Grillo “sta rischiando di danneggiare il suo movimento” e i primi danni si potrebbero già vedere con le elezioni per il sindaco di Roma.
Per il Financial Times, Grillo è una zavorra per il movimento e rischia di danneggiarlo …
E’ vero, ormai dà l’idea di un capo capriccioso e autoritario. Quando uno vuole essere autoritario, deve quantomeno avere un minimo di senso della giustizia. In molti movimenti ci sono state delle figure carismatiche, come Berlusconi in Forza Italia, Pannella nel Partito Radicale e Craxi in quello Socialista. Questi leader però devono essere considerati al di sopra delle parti ed essere rispettati da tutti. Perché ciò avvenga non devono mai entrare nelle battaglie interne. Grillo invece ha preso la parte dei più fanatici. Non a caso appena è morto Casaleggio, sono stati nominati nella Fondazione Rousseau i due più duri e ortodossi, cioè Massimo Bugani e David Borrelli.
Quali sono gli scopi di questa manovra?
La Fondazione Rousseau ha dato vita a un sistema informatico attraverso cui è possibile consultare online tutti gli iscritti. Per esempio già adesso si possono discutere i disegni di legge e proporre modifiche. E’ però un sistema puramente consultivo, che gli informatici definiscono “top-down”, cioè dall’alto verso il basso, e che in realtà non serve per portare il punto di vista dei cittadini ai portavoce. Questi ultimi in teoria non dovrebbero votare seguendo le loro decisioni arbitrarie, bensì ascoltando le indicazioni della base.
Grillo ha anche proposto un algoritmo per espellere i parlamentari dissidenti. E’ la fine del soggetto politico pensante?
Quella di Grillo è chiaramente una battuta. Nel caso di Federico Pizzarotti però ci sono diversi elementi che sono sfuggiti ai media.
Quali?
Il sindaco di Parma era in urto da tre anni soprattutto con il figlio di Gianroberto Casaleggio, Davide. I leader di M5s aspettavano la prima occasione per mandare via Pizzarotti.
Questo conflitto da che cosa nasceva?
Quando nel febbraio 2014 ci furono le prime espulsioni di Luis Alberto Orellana e degli altri, Pizzarotti si permise di criticare la “purga”. Fu subito quindi catalogato come dissidente. In particolare era in urto con Bugani, candidato sindaco di Bologna, perché Pizzarotti era considerato vicino al consigliere regionale Giovanni Favia. Quest’ultimo nel settembre 2012 era stato espulso perché aveva criticato la mancanza di democrazia interna al movimento.
Se Pizzarotti avesse informato il direttorio sull’avviso di garanzia, M5s lo avrebbe risparmiato?
Il direttorio di M5s imputa a Pizzarotti il fatto che per tre mesi non ha informato il movimento di avere ricevuto l’avviso di garanzia. Ma tutti sapevano che se avesse detto di avere ricevuto l’avviso di garanzia sarebbe stato espulso dopo un’ora. Il suo destino quindi era già segnato. Dopo l’affare Nogarin, si è deciso che l’espulsione per chi riceveva l’avviso di garanzia non era automatica. A quel punto sembrava che nel movimento gli atteggiamenti più “forcaioli” fossero stati superati. Invece ne hanno subito approfittato per espellere Pizzarotti, non in quanto aveva ricevuto l’avviso di garanzia bensì per non avere avvisato di essere stato avvisato.
Grillo ha detto: “Mai con Salvini. O vinciamo in un anno o andiamo a casa”. Lo farà davvero?
Andiamo a casa dove? E poi se vincono dovranno governare. Se Virginia Raggi arriva prima alle Comunali di Roma, poi vedremo che cosa sono capaci di fare. Finora l’unico che ha saputo amministrare bene è stato Pizzarotti, e questo probabilmente è il motivo per cui non è stato ancora espulso.
Lei come vede M5s di qui a un anno se va avanti di questo passo?
Se va avanti di questo passo non ci sarà più. In caso di un buon risultato alle Comunali, ne usciranno corroborati e potranno continuare. Se invece avranno un risultato deludente, si divideranno e finiranno in una guerra per bande.
(Pietro Vernizzi)