Il referendum costituzionale di ottobre 2016 sta diventando un caso politico, anzi lo è già, ma differentemente da quanto ci si possa aspettare l’opposizione più forte arriva… da dentro la maggioranza che ha votato quella legge e come quelle le altre riforme dell’esecutivo. La guerra è nel Partito Democratico in difficoltà per la spaccatura interna tra Renzi e la minoranza dem di sinistra: l’ultimo capitolo arriva sul tema Italicum, la nuova legge elettorale italiana voluta e varata da Renzi in Parlamento con voto di fiducia finale. Ebbene, Pier Luigi Bersani non ci sta sulla partita delle riforme di far passare la “personalizzazione” renziana, e attacca: «Propongo che si abbandonino i toni aggressivi e che si ristabilisca la fondamentale distinzione tra sfera costituzionale e funzione di governo: Propongo che il sì si rivolga al no cogliendo almeno alcune delle preoccupazioni non infondate che il no esprime. Suggerisco inoltre che venga dichiarata la disponibilità, una volta approvata la riforma, a rivedere l’Italicum. Su come modificarlo non ho ‘pretese’. Ho semplicemente le mie idee, finché non è vietato averne». La reazione della segreteria è immediata e arriva tramite le parole di Lorenzo Guerini: «Sulla legge elettorale il Parlamento ha appena approvato la legge, credo che sappia coniugare le esigenze di rappresentanza e stabilità. Ci siamo arrivati dopo un lungo percorso, credo che non ci siano le condizioni per aprire la discussione. un possibile cambiamento non è all’ordine del giorno». Inutile dire che è solo l’inizio di un lunghissimo braccio di ferro.



Si schiera apertamente contro il referendum costituzionale di ottobre 2016 l’attuale Governatore della Lombardia, Roberto Maroni: uno dei leader della Lega, oggi alle celebrazioni del 164esimo anniversario della Polizia di Stato a Varese, ha annunciato insieme a Zaia si batteranno contro il voto del ddl Boschi che porta a numerose riforme della carta costituzionale. «Io sono assolutamente per il no, non c’è il minimo dubbio. Io e Zaia chiederemo che insieme alla consultazione sulle riforme costituzionali si tenga anche quella per l’autonomia di Lombardia e Veneto. Sono quesiti che parlano della stessa cosa, anche se in modo diametralmente opposto», dice Maroni all’agenzia di stampa Aska News. Secondo il presidente lombardo, il Sì al referendum lanciato dal Governo Renzi è da escludere: «Se passasse il Referendum confermativo della riforma costituzionale varata dal Parlamento, ha osservato il governatore, non avrebbe più senso eleggere il presidente della Regione, perchè basterebbe un Prefetto mandato da Roma».



Se il buon giorno si vede dal mattino, sul referendum costituzionale ottobre 2016 il premier Renzi potrebbe aver ottenuto un’ottima sponsorizzazione dal nuovo presidente di Confindustria, insediato ufficialmente oggi. Vincenzo Boccia ha infatti, senza dirlo apertamente, appoggiato il percorso di riforme del governo e ha infine promosso la fine del bicameralismo perfetto, proprio come prevede la riforma costituzionale a firma Boschi. Senza dire effettivamente “Sì al voto referendario di ottobre”, Boccia ha comunque indirizzato il suo discorso verso un appoggio e non uno scontro col Governo Renzi che incassa, con favore. «Le riforme sono la strada obbligata per liberare il paese dai veti delle minoranze e dai particolarismi, che hanno contribuito a soffocarlo nell’immobilismo. Le riforme possono inaugurare una grande stagione della responsabilità, nella quale chi governa sceglie e prende decisioni e il consenso si misura sui risultati», le parole che arrivano dall’Auditorium di Roma, davanti anche al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Secondo Boccia, le riforme non hanno un nome ma un oggetto, nel senso che non conta chi le fa, ma come sono fatte: «se noi le condividiamo, le sosteniamo. Le riforme non sono patrimonio dei partiti, ma di tutti i cittadini. E quindi anche nostro». Frecciata poi lanciata anche all’opposizione, esterna ed interna al Governo, che sul referendum d’ottobre stanno temporeggiando, secondo Boccia: «Una democrazia moderna prevede che chi si oppone a una riforma, a un governo o a una misura, avanzi proposte alternative subito praticabili e non usi l’opposizione solo per temporeggiare».



Il referendum costituzionale di ottobre 2016 è comunque, come lo si voglia vedere, un caso politico, anzi il caso politico fino ad autunno sicuramente: il voto sulla legge Boschi porta con sé l’intera battaglia politica attuale, un Renzi contro tutti che in fondo non dispiace al premier. In una intervista pubblicata oggi su Repubblica dell’ex direttore Ezio Mauro, ha parlato uno dei leader del fronte per il No, Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Consulta. «Nel “fronte del no” convergono preoccupazioni diverse, come è naturale. Vorrei però che si lasciassero da parte le parole a effetto. L’atmosfera è già troppo surriscaldata. Contesto la parola golpe, non l’allarme. Come si fa a non vedere che il potere va concentrandosi e allontanandosi dai cittadini comuni? Non basta per preoccuparsi?», le parole immediate del costituzionalista. La battaglia per il Senato per Zagrebelsky non è la vera sfida, ma è solo un simbolo di un rischio ulteriore che identifica, con parole molto dure, in questo modo: «Vedo un progressivo svuotamento della democrazia a vantaggio di ristrette oligarchie. Per ora le forme della democrazia reggono, ma si svuotano. Si parla di post-democrazia e, se subentra l’autoritarismo, di “democratura”. Ripeto: non c’è da preoccuparsi?».

Investe anche il campo dell’informazione lo scontro politico sul referendum costituzionale d’ottobre 2016. Gli italiani saranno chiamati alle urne per la consultazione referendaria sul ddl Boschi. Negli ultimi giorni è iniziata la campagna elettorale pro ‘sì’ del Partito Democratico. Riguardo al pluralismo dell’informazione ieri si è tenuto l’ufficio di presidenza della Commissione Vigilanza Rai. Alberto Airola, membro della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, ha spiegato al Velino: “Da quasi tutte le opposizioni è partita la richiesta di una convocazione perché la commissione stimoli la Rai a garantire il pluralismo sull’informazione rispetto al referendum costituzionale che in questi ultimi giorni, con Renzi, la Boschi e il presidente Napolitano, hanno riempito numerosi spazi senza mai un contraddittorio. Molti comitati del ‘no’ si sono lamentati oggi di uno spazio pari a zero rispetto al si”. Sulla questione del pluralismo dell’informazione sul referendum costituzionale d’ottobre 2016 è in programma oggi un altro ufficio di presidenza “perché il Pd si è opposto anche solo alla richiesta di garantire il pluralismo. Base di qualsiasi democrazia”, ha sottolineato Airola.