Firenze, stai serena. Anni di governo mio, poi ti ho messo uno degli amici, continuo a buttarci un occhio, fiore all’occhiello del paese che riparte. Firmato, Matteo Renzi. Poi alle sei di mattina si apre un voragine sul Lungarno, un ventina di macchine ci sprofondano, il centro è bloccato, l’acqua manca, e Renzi tace. Per forza, mica può fare il sindaco adesso,  con tutte ‘ste Merkel, Erdogan, muri austriaci, sindacati, la Pa che parte, l’Italicum, un salto a ringalluzzire Giachetti, una sberla ai 5 Stelle, un buffetto ad Alfano, una comparsata qui e una là, perché a lui i talk show non piacciono, una capatina al settimo piano di viale Mazzini per sistemare qualche figura non proprio embedded, e insomma, a Firenze c’è Nardella, lui passa a lavori iniziati per dire che va tutto bene, ripartenza alla grande, anzi, farà qualche regalo ai fiorentini, sicuro, qualche 80 euro, qualche gemellaggio, un Higuain per la Viola, chi lo sa, è pieno di risorse, l’uomo.



L’ironia stempera il livore di chi ha visto nella possibile, e grazie a Dio, scampata tragedia un segnale premonitore, l’inizio del declino, il redde rationem, il presagio di una simile, rapida, vergognosa fine. Quasi come il fulmine su san Pietro il giorno delle dimissioni di Benedetto, che avrebbe segnato l’approssimarsi dell’Apocalisse della Chiesa. E’ vero che della malagestione delle tubature d’acqua è responsabile il sindaco, la sua giunta, e chi l’ha voluta; è vero che almeno a Firenze non si può dare la colpa a Berlusconi, o alla minoranza Pd (siamo sicuri? In questa Publiacqua non si nasconderà qualche gufo al seguito di Bersani o D’Alema? L’annuncio del sindaco sul “probabile errore umano” prelude a una caccia al capro espiatorio?). Oppure, senza troppe dietrologie, c’è stata trascuratezza nella gestione di un’impresa privata (ricordate quel referendum sull’acqua pubblica e cos’abbiamo votato?), cattivo o scarso controllo da parte pubblica, ché non basta gloriarsi e sbandierare spot su quel che s’è fatto: le magagne prima o poi saltano fuori.



Però vogliamo parlare di Roma? Di Napoli? Non perché mal comune sia mezzo gaudio: ma perché l’antirenzismo stanca come stancava l’antiberlusconismo. Renzi cadrà o non cadrà alle prossime elezioni, secondo quel che sceglieranno i cittadini. Non è il caso di attribuirgli la responsabilità di tutto quel che succede, e di usare pure la voragine sul Lungarno per attaccare l’Italicum e il referendum. C’è altro a cui pensare, e pazienza se si è espresso perfino Piero Pelù, sul disastro fiorentino. C’è da contenere i danni, perché lo smottamento non avanzi, perché uno dei tratti più belli della città, cuore del più bel paese, non rischi di scivolar via nel fiume, vietando ai cittadini e ai turisti l’accesso. C’è da capire se è stata fatalità o se si tratta di un segnale, di  più gravi dissesti sotterranei.  E’ più importante della prossima Leopolda.

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