“Il messaggio di queste inchieste è chiaro. Se su prescrizione e intercettazioni Matteo Renzi non fa come vuole l’Anm di Piercamillo Davigo, la prossima volta colpiranno ben più in alto del sindaco di Lodi, magari nello stesso cerchio magico del premier”. E’ il commento di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Dubbio, ex direttore di Liberazione ed ex condirettore de l’Unità. Ieri il sindaco di Lodi, Simone Uggetti (Pd), è stato arrestato con l’accusa di avere favorito la società Sporting Lodi nella gestione delle piscine comunali scoperte. Prima di lui è stato inquisito il presidente del Pd campano, Stefano Graziano, e la stessa inchiesta sul petrolio in Basilicata ha fatto cadere la testa del ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi.



Sansonetti, nel Pd c’è una questione morale e quale?

Una questione morale c’è sempre in tutti i partiti. La domanda principale, che si stanno facendo a Palazzo Chigi dopo l’arresto di Uggetti, è chi sarà il prossimo. In questo momento stiamo assistendo a un tiro di sbarramento del partito delle Procure che vuole impedire la riforma delle intercettazioni e vuole ottenere l’allungamento della prescrizione. E’ un fenomeno di lotta politica. Una volta la lotta politica si faceva con i cortei e le manifestazioni, oggi si fa con gli avvisi di garanzia o con gli arresti. E ora colpiranno sempre più vicino a Renzi.



Qual è l’obiettivo di chi ha arrestato Uggetti?

Quando Renzi ha fatto capire che la legge delega potrebbe comportare qualche modifica alle intercettazioni, la conseguenza sono stati gli avvisi di garanzia. Non dà fastidio Renzi, l’Anm di Piercamillo Davigo non vuole riforme che non siano dettate da sé. O Renzi fa una legge sulla prescrizione come vuole l’Anm oppure colpiranno ben più in alto del sindaco di Lodi.

Perché Davigo è partito così lancia in resta con le dichiarazioni sulla corruzione in politica?

La linea Davigo è sempre stata quella, la domanda è piuttosto come mai l’Anm abbia eletto Davigo. C’è uno spostamento dell’Anm su una posizione più reazionaria rispetto alla linea più moderata interpretata da Edmondo Bruti Liberati. Ora hanno scelto Davigo perché vogliono lo scontro frontale, e non cederanno su nulla.



L’Anm vorrebbe anche decidere il prossimo governo?

Non credo che l’obiettivo sia quello. Certo se i Cinque Stelle andassero al governo potrebbero consentire riforme a favore delle toghe, con uno spostamento dell’asse democratico e un riequilibrio dei poteri molto marcato. Non credo però che la strategia dell’Anm sia così diretta.

Al di là della strategia, dove vogliono arrivare?

Una parte dei magistrati sente di avere un compito divino e vuole esercitarlo, mentre trova che il sistema democratico sia un ostacolo alla loro stessa espressione. Queste toghe stanno smantellando il sistema democratico perché vogliono una teocrazia.

Questa parte dei magistrati dicono proprio di essere i garanti della democrazia contro i rischi di un colpo di Stato di Renzi. Perché?

Non mi stupisce, questo lo dicevano anche Mussolini, Stalin e Pinochet. Del resto purtroppo quando uno ha queste idee poi si presenta sempre come un garante della democrazia.

 

Secondo lei perché Renzi sta personalizzando lo scontro sul referendum costituzionale?

Le due riforme più importanti del governo sono state quella della Costituzione e il Jobs Act. In un referendum sul Jobs Act rischierebbero di vincere i no. Probabilmente sulla riforma costituzionale Renzi pensa di poter vincere e gioca tutte le carte su quella casella. Il referendum inoltre è a ottobre e fino ad allora ne vedremo di tutti i colori: Renzi vincerà la partita del referendum, purché riesca ad arrivarci. In mezzo ci stanno le elezioni amministrative e questa offensiva dei giudici.

 

Quale Italia uscirebbe da un ipotetico sì al referendum?

Se vincono i sì non cambierà molto, resta l’Italia di Renzi. Questa riforma è importante ma non stravolge la Costituzione. Da una parte e dall’altra esagerano molto: Renzi non ha fatto una grande riforma, ma non è vero che sarebbe un colpo di Stato.

 

Che cosa intende Renzi quando dice che vuole una “democrazia decidente”?

La “democrazia decidente” è una bella cosa, il problema è che con questa riforma non cambia quasi nulla. Renzi non ha avuto il coraggio di fare la vera riforma, cioè il presidenzialismo. E’ quest’ultima l’unica forma di governo che consente di ridare peso tanto al potere esecutivo quanto a quello legislativo, mentre oggi i due poteri sono assolutamente confusi. Il potere legislativo è quasi cancellato, ma questo a prescindere dalla riforma di Renzi.

 

Voleva una riforma costituzionale sul modello francese?

Niente affatto, in Francia vige un semi-presidenzialismo con un Parlamento “massacrato” dal sistema maggioritario. Il Paese nel quale esiste una “democrazia decidente” e una “democrazia-democrazia” sono gli Stati Uniti. Negli Usa c’è una Repubblica presidenziale e un Parlamento che controbilancia il potere esecutivo, anche perché spesso con una maggioranza diversa rispetto all’inquilino della Casa Bianca. In America la democrazia funziona veramente, e il sistema dei pesi e contrappesi è fortissimo, molto di più che in una democrazia parlamentare quale l’Italia.

 

(Pietro Vernizzi)