Mentre a Lodi il Movimento 5 Stelle organizza manifestazioni contro il Pd, che ha il sindaco, Simone Uggetti, in galera per turbativa d’asta, a Livorno, ma soprattutto intervenendo via Twitter e Facebook, alcuni dirigenti del Partito democratico quasi esultano per l’avviso di garanzia che ha ricevuto il sindaco, Filippo Nogarin, del M5s.



L’ avviso è legato alla richiesta di concordato per l’Aamps come quello ricevuto da Gianni Lemmetti, assessore pentastellato al bilancio. L’Aamps è l’azienda dei rifiuti di Livorno, che ha 50 milioni di debiti. Nell’inchiesta, tuttavia, è finito anche l’ex sindaco del Partito democratico, Alessandro Cosimi.



Lo spettacolo del contenzioso a colpi di arresti e avvisi di garanzia tra Pd e M5s è desolante. Nogarin si dichiara pronto a dimettersi, se l’avviso di garanzia dovesse scontrarsi con l’etica “grillina”. Intanto il Pd sembra una “Camera dei Lord” al contrario. Andrea Romano del Pd insorge: “L’avviso di garanzia recapitato a Nogarin arriva nel giorno in cui tutto il suo partito con Grillo e Di Maio è a Lodi per manifestare contro il sindaco, strumentalizzando come al solito le inchieste in corso”. Il senatore del Pd Stefano Esposito, altro “lord”, specifica: “Noi siamo sempre garantisti e lo saremo anche nei confronti di Nogarin”.



Insomma sembra una partita di calcio vista tra due tifoserie faziose, dove l’arresto è un gol e un avviso di garanzia è un corner o forse un rigore. E in fondo per alcuni del Pd è una sorta di compensazione dopo una settimana dove negli ambienti di via del Nazareno la frase che più circolava era quella: “Ci vogliono far fare la fine di Craxi”.

In questo spettacolo da “circo”, si erge la presunta autorevolezza della magistratura, con le prove di grande equilibrio, “novelli Talleyrand”, del presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, e del consigliere togato del Csm, Piergiorgio Morosini, da cui la stessa Anm ha preso le distanze dopo la “controversa” intervista rilasciata al Foglio, con dichiarazioni che in qualsiasi altro Paese democratico occidentale verrebbero bollate come uno “sproposito”.

Per inquadrare l’alto profilo politico e istituzionale di questa cosiddetta “seconda repubblica”, è significativo il “tormentone”, ripetuto sistematicamente da un noto talk show, di una frase pronunciata dall’intramontabile Paolo Mieli: “Passeranno un’estate infernale”, riferendosi alle intercettazioni che riguardano esponenti del Pd che verranno rivelate e che probabilmente Mieli ha già letto.

Ora, è difficile orizzontarsi in una simile confusione e concitazione, con il rischio anche di fare la parte del “moralista”, che con la politica, a dispetto dei luoghi comuni tanto in voga in Italia, non ha nulla a che fare e soprattutto non è congeniale a chi scrive queste righe. Ma c’è un limite a tutto.

Di fatto oggi (ieri, ndr) comincia ufficialmente, con la presentazione delle liste, la campagna elettorale in alcune tra le più importanti città italiane e già si intravede sullo sfondo lo scontro che ci sarà al referendum costituzionale di ottobre. 

Ora dividersi, confrontarsi duramente, anche litigare, è il “sale” della democrazia, ma scambiarsi accuse con i provvedimenti della magistratura agitati in mano è esattamente il contrario dell’essenza della battaglia politica, che dovrebbe essere fatta da un raffronto di programmi, scelte, tentativi, proposte.

Tutto questo sembra quasi irrilevante. Eppure stiamo vivendo uno dei mesi più tormentati della politica nazionale, europea e internazionale.

Facciamo solo un breve elenco di problemi sul tappeto. La crisi economica è tutt’altro che risolta, con numeri da deflazione conclamata che preoccupano e un futuro italiano, in materia di crescita, occupazione, investimenti, che ha un solo aggettivo: inquietante. Esiste ancora un nodo irrisolto per le banche italiane, così come si ripete, con una monotonia impietosa e destabilizzante, il nodo delle pensioni: rivederle, riformarle?

Poi ci sono i problemi interni all’Unione europea, dove sono sufficienti le parole del Papa per comprendere in che stato si trova questa Europa. E ogni giorno si arriva a una nuova scoperta.

La Germania che, dal presidente della Bundesbank ai suoi leader politici di destra e sinistra, interviene in modo brusco contro l’Italia. Mentre il Trattato di Schengen viene dimenticato e gli incidenti al Brennero di ieri danno la misura di che cosa stia succedendo tra gli Stati europei. Intanto una delle più importanti banche tedesche, la Deutsche Bank, viene indagata per la vendita di 7 miliardi di bond italiani nel 2011, provocando in questo modo la crisi di un Paese fondatore della Comunità europea.

Ma non è ancora finita, se si pensa che il 23 giugno, la Gran Bretagna andrà al voto per decidere se restare o meno nell’Unione Europea, con indicazioni che emergono, con la cosiddetta Brexit, quasi in vantaggio secondo alcune valutazioni e sondaggi. Il tutto terminerà a novembre, il secondo martedì, con le presidenziali Usa, dove i candidati in campo non sembrano preoccuparsi molto dei destini europei, soprattutto se non sarà siglato il Trattato transatlantico che vogliono di fatto solo gli americani.

E’ giusto non lasciarsi travolgere dal pessimismo, ma c’è pure il realismo che conta in una società che vuole andare avanti, magari dando segnali di reazione, di richiamo a una classe dirigente nel suo complesso che sembra avvolta nella nebbia delle risse da ballatoio e ben lontano dal raggiungimento di un compromesso dignitoso. Decente, per ritornare alla logica di un bene comune da presentare alla società italiana.

Guardando i sondaggi che ieri hanno inquadrato le elezioni romane, si resta ancora stupefatti che prevalga la rassegnazione di un 45 per cento persone che è pronta a disertare le urne, mentre in filigrana si snodano le percentuali di candidati che non si misurano sulla possibilità di far uscire Roma dal degrado nel quale è caduta, ma su generiche proposte legate a movimenti e partiti ricchi di improvvisazione. Non può, non deve essere questo il destino italiano.