Nuova puntata della querelle tra Dario Fo e Roberto Benigni sul Referendum d’ottobre 2016. Nelle scorse settimane c’era già stata una polemica tra l’attore e comico toscano e il Premio Nobel sulla questione della consultazione del prossimo autunno quando gli italiani saranno chiamati a decidere se confermare o bocciare il Ddl Boschi che riforma la nostra Costituzione. Ora un nuovo botta e risposta. Dario Fo ieri, al programma di Rai Radio2 Un Giorno da Pecora, ha dichiarato: “Le parole di Benigni sul referendum? Mi dispiace enormemente perché lo stimo, ho la certezza che lui è uno dei cervelli alti del teatro italiano, ma ha compiuto un passo fuori dal limite della gamba, lasciando il cervello un attimo seduto su una panchina”. In particolare Fo contesta a Benigni il fatto di aver prima affermato che avrebbe votato no al Referendum d’ottobre 2016 per poi sostenere che dirà sì. Su questo Dario Fo ha infatti aggiunto: ”Uno che si trova a sostenere un personaggio come Renzi che ne ha fatte di tutti i colori vende se stesso, la propria integrità”.
Interviene ancora Matteo Renzi sul Referendum d’ottobre 2016. Il premier ha partecipato ieri all’assemblea dei giovani di Confindustria: è stata l’occasione per tornare a difendere le riforme, in particolare quella costituzionale che gli italiani saranno chiamati a confermare o bocciare in autunno. Renzi, come riporta Tgcom24, ha sottolineato che “la riforma è l’arma contro inciuci e ammucchiate del giorno dopo il voto. Chiunque verrà dopo di me dovrà poter pigiare un tasto e sapere che succederà qualcosa. Oggi non è così”. E ha aggiunto che “con la riforma costituzionale non tocchiamo i poteri del presidente del Consiglio che resta l’unico a non poter cambiare i ministri: e poi dicono che è una dittatura… Il sindaco se un assessore gli fa girare le scatole lo cambia, il presidente del Consiglio no. Il sistema è totalmente bloccato”. Continua dunque la campagna per il sì al Referendum d’ottobre 2016 da parte del Governo, campagna che vede in prima linea lo stesso Renzi che ha sottolineato che la consultazione costituzionale “non è lo spartiacque sul futuro di un premier ma sulla governabilità del Paese”.