Ottava “Regina di Roma” per stanotte con una vera landslide popolare. Ma è prevedibile che attorno al neo-sindaco di Roma Virginia Raggi l’atmosfera cambierà radicalmente quando varcherà il portone del Campidoglio, la sua nuova reggia. Una “città nella città”, popolata di 25mila dipendenti (di cui 6mila vigili urbani), che quasi raddoppiano con le municipalizzate: da quelle parzialmente privatizzate come l’Acea ai carrozzoni più sfasciati e discussi come l’Atac. Oggi il Comune di Roma – nel suo perimetro più largo – ha più dipendenti di Fca, l’ex gruppo industriale leader in Italia. Ed è un’azienda – il Campidoglio – sull’orlo del default finanziario: 13,6 miliardi di debito.
E’ con queste cifre che – svaporata un’euforia peraltro giustificata e spenti i riflettori dei media internazionali – la Raggi dovrà misurarsi. Un banco di prova che – in scala 1 a 25 – il sindaco grillino di Roma condividerà con il premier Pd: rimettere almeno un po’ d’ordine nella macchina amministrativa, tagliando spese, rinegoziando debiti e probabilmente mettendo mano alle partecipazioni. Renzi in due anni a livello statale ha fatto poco o nulla: quasi nessuna spending review e vendita dell’ultimo gioiello pubblico in cassaforte: le Poste. Vedremo come se la caverà la prima esponente Cinque Stelle cui gli elettori italiani abbiano affidato qualcosa di importante da governare.
Anche attorno al Campidoglio, cpmunque, nell’establishment della Capitale, i consensi appaiono quasi rovesciati rispetto al suffragio democratico. I “poteri forti” romani non hanno votato Raggi. Il loro candidato ideale era Alfio Marchini, quello reale – ancorché da subito in difficoltà – era Roberto Giachetti: che nelle due settimane che hanno preceduto il ballottaggio ha posto in cima alla sua campagna le Olimpiadi 2024, il nuovo stadio e la terza linea della metropolitana. Un programma da partito degli affari: quello impersonato a Roma da Francesco Gaetano Caltagirone: il primo fra i costruttori romani, il proprietario del Messaggero, l’azionista di rilievo nell’Acea, il solo finanziere con posizioni in realtà come UniCredit e Generali.