Il Regno Unito ha scelto la Brexit uscendo così dall’Unione Europea, e ora? Dopo borse che crollano, panico nei mercati finanziari e incertezza politica, non solo in Inghilterra dove si è dimesso il Premer Cameron, la vera domanda riguarda i modi e i tempi che permetteranno alla Gran Bretagna di uscire formalmente dalla Ue, con tutte le procedure garantite dai trattati. L’articolo che vale in questo caso è il numero 50 del trattato di Lisbona che recita, «ogni stato membro può decidere di recedere dall’Unione conformemente alle proprie norme costituzionali». A questo punto è lo stato britannico che deve fare il primo passo nella procedura: la Union Jack deve chiedere, senza vincoli di tempo, di innescare all’Unione Europea tutto l’iter per l’attivazione dell’articolo 50. Potrebbe già accadere entro il 28-29 giugno quando sarà in corso a Bruxelles il vertice europeo. Come riportano i colleghi di Le Monde, sarà poi lo stesso Consiglio Europeo a dover decidere chi rappresenterà i paesi dell’Unione nei negoziati: le tempistiche per il divorzio ufficiale sono di circa due anni per mettersi d’accordo e rompere il vincolo europeo. Mentre dal punto di vista economico importante è tenere a mente questi due dati:  i 27 stati rimasti nell’Unione dovranno negoziare la fine della contribuzione dei britannici al bilancio dell’Ue (12,9 miliardi di euro nel 2015) e del versamento dei fondi europei a Londra (5,8 miliardi).



La Brexit ha avuto effetti sull’Unione Europea e sulla Gran Bretagna subito devastanti: dopo il referendum che ha confermato l’uscita dalla Ue per il popolo britannico ora tutte le partnership commerciali vede economiche andranno ridiscusse e varieranno notevolmente nei prossimi mesi per non dire anni. Ha parlato in questa direzione il presidente Usa, Barack Obama, visto che la Brexit riguarda da vicino anche gli Stati Uniti d’America. «Il popolo del Regno Unito si è pronunciato e rispettiamo la sua decisione. «Così anche è per la nostra relazione con l’Unione Europea, che ha fatto tanto per promuovere la stabilità, stimolare la crescita economica, e favorire la diffusione di valori ed ideali democratici attraverso il continente ed aldilà di esso ». Ancora nella nota diffusa dalla Casa Bianca una sorta di garanzia fornita ai due partner principali degli States: «Il Regno Unito e l’Unione Europea resteranno partner indispensabili degli Stati Uniti anche mentre inizieranno a negoziare il loro rapporto per garantire continuità alla stabilità, sicurezza e prosperità per l’Europa, per la Gran Bretagna, il Nord Irlanda e il mondo».- La scelta della Brexit da parte del Regno Unito ha scatenato diverse reazioni in tutto il mondo. In Italia, ad esempio, ha spinto Matteo Renzi ad una riunione con alcuni ministri e il governatore della Banca d’Italia Visco per discutere delle conseguenze del voto britannico. Poi in conferenza stampa ha commentato il voto: «E’ un giorno senza precedenti. L’Italia farà la sua parte nel percorso che oggi si apre. L’Europa è la nostra casa, la casa nostra e dei nostri figli e nipoti. Lo diciamo oggi più che mai, convinti che la casa vada ristrutturata, forse rinfrescata: ma è la casa del nostro domani», ha spiegato il premier, che lunedì a Berlino incontrerà con Merkel e Hollande, con i quali oggi si è confrontato telefonicamente. Di diverso avviso è il segretario della Lega Nord: «Ora l’Europa ha davanti a sé l’occasione di liberarsi dell’Unione Europea. È un gran peccato che la nostra Costituzione, che è antidemocratica, non consenta agli italiani di votare tramite referendum su trattati internazionali», ha dichiarato Matteo Salvini. Il Movimento 5 Stelle attraverso il blog di Beppe Grillo: «L’Unione Europea deve cambiare, altrimenti muore». Viene ribadito che sono state raccolte firme «per il referendum sull’euro per far decidere gli italiani sulla sovranità monetaria».



L’uscita del Regno Unito dall’Europa è il fatto dell’anno: la Brexit tramite referendum ha sancito per il 52% degli inglesi la fuga dalla Ue. Ma ora, davvero, cosa cambia nel concreto per gli europei che vivono e risiedono in Gran Bretagna? Circa mezzo milione di italiani vivono nella capitale britannici e nel resto dell’Inghilterra, rappresenta la comunità più grande all’estero degli italiani in giro per il mondo. Quelli che già vivono in terra britannica da più di 5 anni si potrà richiedere un permesso di residenza e la cittadinanza ufficiale, oppure si dovrà chiedere un visto di lavoro da rinnovare ogni 2-3 anni. Il vero problema accade per chi vuole emigrare in Regno Unito: infatti il lavoro dovrà trovarlo prima di partire per Londra, visto che il “free-lance” in Uk sarà ora davvero complesso. Resta da capire poi cosa cambierà e se cambierà qualcosa per quanto riguarda il turismo: non dovrebbero esserci i fastidiosi visti turistici anche perché gli stessi inglesi poi ne avrebbero bisogno per venire in Italia e in Ue per le proprie vacanze. Resta invece invariato il visto di studio che si può ottenere: ciò che invece non verrà concesso è il prestito al momento esteso a tutti i cittadini europei, da restituire dopo la laurea a rate.



C’era da attendersi un vero e proprio caos per i mercati internazionali in seguito alla vittoria di Brexit nell’ambito del Referendum di ieri il cui risultato ha rappresentato l’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna. A Piazza Affari si è registrata la peggiore perdita dal 1994 e a maggior ragione si parla oggi del temuto “venerdì nero”, dopo la drammatica notte. A pagarne maggiormente le spese, come riporta Repubblica.it sono le banche con perdite a due cifre che hanno interessato in particolar modo Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore creditizio europeo è in crisi, soprattutto Francoforte che perde il 6,9%, peggio addirittura di Londra e Parigi. Ma le conseguenze del risultato del referendum Brexit si sono avvertite anche a Tokyo, con perdite del 7,92%, dati che segnano il peggior risultato dopo l’incidente nucleare di Fukushima. A tal fine il Giappone ha adottato il “circuiti breaker”, ovvero un meccanismo mirato a limitare i ribassi troppo elevati inibendo le funzioni di immissione e modifica ordini e che potrebbe essere adottato anche da Borsa italiana.

È panico generalizzato nelle borse mondiali dopo il referendum Brexit che ha sancito l’uscita ufficiale della Gran Bretagna dall’Europa: un tonfo, uno shock, uno schiaffo ai mercati finanziari che rischia di portarsi dietro conseguenze davvero nomi. Regna la fragilità e oggi nessuno, neanche gli economisti più affermati, possono realmente comprendere come andranno le vicende nei prossimi mesi o forse anni. Dicevamo panico nelle borse, prima quelle asiatiche che erano aperte in contemporanea ai risultati del voto, poi ora tutte quelle europee, prevedibile dopo la Brexit: aggiornato alle ore 14.30, l’indice paneruopeo Euro Stoxx perde l’8,7%, mentre Londra va giù ora del 4,5% insieme a Parigi, -8,45. Male la Germnia, giù del 7,1% mentre Milano la peggiore perde il 10,4%. L’indice invece di Stoxx 600 aveva fatto peggio di oggi solo una volta nel recente passato, ovvero il 6 ottobre 2008 dopo il crollo dei mercati immobiliari in seguito al default di Lehman Brothers, l’inizio della grave crisi contemporanea. Riuscire a capire se questo crollo post-Brexit avrà gli stessi effetti di 8 anni fa ancora non si può sapere, ma il rischio è davvero alto.

Il mercato finanziario mondiale ed europeo sta crollando dopo la Brexit con cui la Gran Bretagna ha deciso di uscite dalla Ue, post-referendum storico del23 giugno 2016. Borse completamente ko, con quelle asiatiche che immediatamente dopo l’ufficialità dei risultati per il voto inglese, sono crollate: Tokyo perde il 7,92% peggior tonfo del Nikkei anche più dei disastri del 2007 con la crisi di Lehman Brothers. Hong Kong va giù del 4%, mentre Corea, Australia e India perdono oltre il 3% e chiudono in netto calo la giornata di ieri. E l’Europa? Un disastro anche qui, con Milano che va sotto del -10%, mentre Londra cede il 12% e Parigi il 7,5%: Spagna attorno al 9,8% di disavanzo, Francoforte invece calano del 6,2%. In generale le borse europee perdono in media il -8% dichiarando estrema difficoltà di fronte alle conseguenze della Brexit; su tutta questa complicata situazione, un venerdì davvero nero, ha parlato da Palazzo Chigi Matteo Renzi , con una breve conferenza stampa. «Sono qui per dirvi che l’Italia farà la sua parte nel percorso che si apre. Il governo e le istituzioni europee sono nelle condizioni di garantire con ogni mezzo la stabilità finanziaria e la sicurezza dei consumatori. L’Europa – ha detto ancora – è la nostra casa, la casa nostra e dei nostri figli e nipoti. Lo diciamo oggi più che mai, convinti che la casa vada ristrutturata, forse rinfrescata ma è la casa del nostro domani».

E se dopo una Brexit avvenisse un’altra Brevi? La vittoria dei Leave nel referendum inglese ha creato un effetto domino in tutto il mondo, ma le conseguenze peggiori in termini di caos arrivano proprio d’Oltre Manica. Dopo infatti il voto per uscire dall’Europa, un membro della Gran Bretagna ora chiede un altro referendum per uscire dallo stesso Regno Unito. La Scozia ha da poco rivendicato la legittimità della richiesta visti i risultati della Brexit: l’attuale primo ministro scozzese, è intervenuta con un discorso alla nazione lanciando la proposta del secondo referendum sull’indipendenza, dopo quello perso due anni fa per l’addio a Londra. Nicola Sturgeon, premier attuale della Scozia, è intervenuta dicendo che «la Scozia ha consegnato un voto chiaro, senza equivoci, per la permanenza nella Ur e accolgo con favore questo sostegno al nostro status europeo. Noi siamo europei, ci vuole un voto sula indipendenza dalla Gran Bretagna». La Brexit ha fatto vedere come tutti gli stati che non sono l’Inghilterra hanno votato contro l’uscita e ora si ritrovano del tutto delegittimati: il rischio vortice nel Regno Unito è sempre più alto.

Dibattito acceso in queste ore successive all’esito del Referendum Brexit che ha visto la vittoria del ‘Leave’ e quindi la decisione di lasciare l’Unione europea. Secondo quanto riferito dal The Indipendent chi ha votato per il ‘Remain’, cioè per restare nell’Ue, starebbe promuovendo una petizione per un secondo referendum: in tanti starebbero già firmando tanto che il sito del governo inglese sarebbe andato in crash. Nella petizione, come riporta il tabloid inglese, si legge: “Stiamo sottoscrivendo la richiesta per il governo di approvare una regola che se il voto rimanere o lasciare è inferiore al 60% sulla base di una partecipazione inferiore al 75% ci dovrebbe essere un altro referendum”. Ma la petizione è di difficile accesso con tutta probabilità per l’aumento del traffico: a metà mattina il conteggio riportato segnava 55mila firme. Tutte le petizioni che ricevono più di 100mila firme devono essere prese in considerazione per il dibattito in Parlamento. (clicca qui per leggere tutto)

Lo shock inglese dopo la Brexit sortisce effetti a valanga: dopo l’uscita sancita dall’esito del referendum con i britannici che hanno scelto per andarsene dall’Unione Europea, per prima cosa sono arrivate le dimissioni del premier Cameron. Ma sono le reazioni europee ora a preoccupare: immediato il commento della leader del Front National in Francia, Marine Le Pen. «E allora ora Frexit» è la sentenza della presidente del partito di destra francese. Dopo la vittoria della brexit infatti si teme un effetto domino in tutti i maggiori paesi europei e il primo a cogliere questo fattore è proprio la Francia con Le Pen che si scaglia contro l’Unione Europea: «Vittoria della libertà. Come chiedo da molti anni, bisogna adesso fare lo stesso referendum in Francia ed in altri Paesi europei». Le fa eco la nipote, Marion Le Pen che su Twitter ha voluto esprimere al meglio la questione, ripresa poi anche da alcuni leader filo-lepenisti come Salvini in Italia o Wilders in Olanda: «vittoria, dalla Brexit alla Frexit, è tempo ormai di portare la democrazia nel nostro Paese, i francesi devono avere il diritto di scegliere».

È uno schock un po’ per tutti, tranne che metà Gran Bretagna: la Brexit ha vinto e i mercati di tutto il mondo stanno soffrendo e non di poco. Il referendum ha decretato la vittoria dei Leave che così facendo decretano l’uscita definitiva dall’Unione Europea. E le conseguenze? Enormi in ogni singolo argomento e tema del commercio, della politica e della società inglese ma non solo: gli europei si interrogano su questo voto e si rischia paralisi con altri paesi che in futuro potrebbero “minacciare” il referendum per ottenere concessioni particolari. «È uno shock, una pessima notizia per tutti noi che adesso porta con sé un’incognita. Dobbiamo lavorare per dare la massima certezza possibile: dobbiamo individuare un percorso di uscita della Gran Bretagna che sia certo con un calendario certo», ha detto questa mattina per il Governo italiano, Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei intervistato da Sky Tg24.

Venerdì che più nero non si può. Brexit arriva, la Gran Bretagna è fuori dall’Europa, le borse di tutto il mondo, specie in Ue, crollano e poi arrivano come “ciliegina” sulla torta le dimissioni del premier inglese David Cameron. Queste le prime parole dopo la rivoluzione e la vittoria del Leave al referendum: «Ci dovrà essere un nuovo primo ministro eletto a ottobre. Dovrà guidare i negoziati con l’Ue: il popolo britannico ha votato per uscire dall’Europa e la volontà del popolo britannico sarà rispettata». Inghilterra nella bufera con il panico letteralmente scoppiato per i mercati finanziari di tutta Europa. La sterlina, dopo le belle speranze di degli scorsi giorni, crolla ai minimi dal 1985 sul dollaro: Madrid -13%, Milano -10% e così via. Jeremy Corbyn aveva richiesto al premier David Cameron di dimettersi ma non è servito visto che ci ha pensato da solo il leader dei Tory, i conservatori crollano ma è tutta l’Inghilterra a tremare per i prossimi mesi. Il popolo ha scelto la Brexit e le conseguenze si faranno sentire: ma saranno positive o negative?

La Gran Bretagna è fuori dell’Unione europea. Nel referendum Brexit di ieri ha vinto infatti il Leave con il 51,9% contro il 48,1% del Remain. Sono questi i risultati della consultazione e i dati ufficiali che sono arrivati dal Regno Unito. E subito si sono avuti i primi effetti: la sterlina è in caduta libera e le Borse sono crollate a picco. A Milano, come riferisce La Repubblica, quasi tutti i titoli sono stati bloccati per eccesso di vendite e Piazza Affari ha segnato un ribasso teorico di oltre il 14%. Francoforte ha perso il 10%. Hanno sofferto soprattutto le valute con “la sterlina che dopo un avvio iniziale trionfante sulla scia dei sondaggi (volata ai massimi dal 2015, sfiorando gli 1,50 dollari), è crollata nella notte man mano che arrivavano i dati del vantaggio del “leave” dalla Ue, segnando un calo del 5% sul dollaro e arrivando a sfiorare 1,33: un crollo che ha superato quello del 1985″.

Sono arrivati i risultati ufficiali del referendum sulla Brexit della Gran Bretagna. I voti per il Leave sono stati 17.410.742, pari al 51,9% del totale, mentre quelli per il Remain 16.141.241, pari al 48,1%. Nigel Farage chiede ora che i negoziati con l’Ue a seguito dell’uscita del Regno Unito partano il primo possibile, possibilmente con un Governo che abbia le stesse posizioni espresse dal popolo e quindi favorevole alla Brexit. In mattinata è previsto una riunione del Governo di Dublino. L’economia irlandese è infatti molto connessa con quella britannica e certamente il risultato del voto porterà a delle conseguenze di non facile previsione. Intanto si avvertono i primi impatti sui mercati. La Borsa di Istanbul ha aperto con un calo del 5% e i futures sulle piazze europee sono ampiamente negativi. Probabile anche l’impatto sui titoli di stato, con lo spread destinato a salire.

Il risultato del referendum in Gran Bretagna sulla Brexit ha visto prevalere il Leave, dunque il Regno Unito uscirà dall’Unione europea. Il “Leave” ha ottenuto il 51,8% dei voti quando ormai i seggi scrutinati sono circa il 99%. La notizia è stata ovviamente accolta con gioia da Nigel Farage, leader dell’Ukip e grande sostenitore del Sì al referendum, che chiede le dimissioni di David Cameron. In Francia Marine Lepen ha dichiarato di voler chiedere che anche i cittadini francesi  possano andare al voto su un quesito analogo a quello proposto ai britannici. l Governatore della Bank of England, Mark Carney, parlerà in mattinata dopo l’annuncio degli esiti ufficiali del referendum. Si attende ora l’apertura dei mercati finanziari che sarà certamente negativa. Addirittura le prime ipotesi sul dato della Borsa di Francoforte parlano di un -8%.

E’ bastata l’apertura della Borsa di Tokyo e l’incertezza del voto Leave in alcune zone dove il Remain doveva stravincere, come Newcastle, per scattare un’istantanea della sterlina quantomai incerta. C’è grande preoccupazione negli ambienti finanziari dopo l’esultanza iniziale. E il leader dell’Ukip, Nigel Farage, che aveva in un primo tempo rilasciato dichiarazioni ascrivibili ad una sconfitta, sia pure onorevole, è tornato in barricata. L’euroscetticismo c’è e bisogna farci i conti. Sappiate – ha detto Farage – che è un’Unione che non ha futuro, qualsiasi sia il risultato noi abbiamo motivo di festeggiare perché il panorama politico è cambiato”. Il terremoto di questi momenti deriva dal fatto che i polls (sondaggi) continuano a dare in vantaggio il Remain con il 52%, ma i pochi dati reali pervenuti contraddicono questa proiezione, perché danno in vantaggio il Leave, sia pure nei pochi (per ora) centri nei quali lo scrutinio è stato concluso. Secondo la Bbc, che segue lo scrutinio in tempo reale, il Leave si mantiene davanti al Remain con 723.486 voti contro 675.723. Affluenza al 68,1%. Insomma, una partita tutta da giocare.

Il risultato del Brexit non è forse così scontato. Il referendum, infatti, che secondo bookmakers ed exit polls doveva essere già chiuso, secondo i dati reali è ancora in gioco. In attesa di scoprire quale sarà l’esito finale per il referendum Brexit, previsto solo nella mattinata del 24 giugno, ci si può affidare solo alle analisi sulle preferenze di voto e sui sondaggi finora commissionati e ai primi dati reali. Secondo il Professor John Curtice, esperto in polling, l’affluenza a Kittering corrisponde al 76% e farebbe da specchio per tutto il Paese, fissando a quota 75% l’affluenza alle urne da parte degli inglesi. L’affluenza invece ad Orkney è più bassa, pari al 68%, e corrisponde di più alla partecipazione del 60% che c’è stata lo scorso anno per le elezioni generali. Intanto, Sammy Wilson del Partito Democratico si dichiara ottimista, come riporta la BBC, per la vittoria dei Leave soprattutto perché gli elettori di questa fazione sarebbero in realtà più motivati di quelli che sono favorevoli invece al Remain. I primi dati reali però parlano di una vittoria risicatissima del Remain a Newcastle, data invece largamente europeista e questo ha contribuito a far più che raddoppiare le quote di una possibile vittoria del Brexit. Seppure in vantaggio il Remain, ora i giochi si fanno più aperti, dato che a Sunderland, città dove Brexit era dato in vantaggio, questo si è consolidato con un netto 61,3% a favore a fronte del 38,7% contro. I prossimi risultati dovrebbero avvenire a breve. La giornalista Susana Mendonca ha infatti confermato che l’esito di Wandsworth dovrebbe diventare noto attorno all’1:30 (ora italiana), a cui seguirebbe Londra all’1:45 con Merton, Westminster, Lambeth, Ealing, Dagenham e Barking, lasciando per ultima Islington che finirà invece il suo spoglio attorno alle 4 (ora italiana).

Il voto e i risultati del referendum Brexit arriveranno a ore, forse anche meno, e si saprà se la Gran Bretagna sarà definitivamente fuori dall’Europa oppure se sarà arrivata la vittoria del Remain che con un colpo di coda evita l’addio alla Ue tanto fragoroso quanto clamoroso. C’è chi però, e non è solo, considera comunque questo voto al referendum sulla Brexit o sulla Bremain come un fallimento a priori dell’unita europea: «in ogni caso non potremmo dire “riprendiamo come se nulla fosse”, la frattura c’è già stata e in modo molto netto. Le conseguenze saranno diverse a seconda dell’esito ma non sarà più lo stesso sentiero che se non ci fosse stata l’iniziativa referendaria». A dirlo è il ministro dell’Economia italiana, Pier Carlo Padoan, a margine ieri era dell’Istituto affari internazionali: ma cosa succederebbe davvero se vincesse la Brexit? A spiegarlo è ancora il ministro dell’Economia, questa volta ai colleghi del Foglio: «In primo luogo genera un rischio politico di emulazione perché forze politiche populiste potrebbero proporre iniziative analoghe in altri stati membri». In seconda mano, «La convocazione del referendum ha generato un clima di incertezza con effetti soprattutto sui mercati finanziari, sui quali abbiamo registrato elevata volatilità». Terzo e ultimo motivo di rischio spiegato da Padoan, «un indebolimento generalizzato delle aspettative sul futuro dell’Ue rischia di frenare le decisioni degli operatori economici e quindi di provocare un rallentamento dell’attività economica». Allora sarà Brexit oppure no?

“I seggi chiudono alle 10 pm (23:30 ora italiana). Ancora un’ora per votare Remain e rendere il Regno Unito più forte, sicuro e migliore con l’Europa”. E’ questo il tweet che il premier David Cameron sta diffondendo sui social a tutti i cittadini inglesi, incitando a non farsi abbattere dalla grande affluenza registrata nelle prime ore della corsa alle urne per il referendum Brexit. Al contrario della previsione di Cameron, la presenza della popolazione anziana ai seggi non sembra compromettere l’ago della bilancia a favore del Remain. E’ infatti questa fazione a continuare a riscuotere le quotazioni maggiori per i bookmaker, mentre lo scarto è minore considerato dai molteplici sondaggi. Il mercato finanziario, come riporta Il Sole 24 Ore, attende solo l’esito del Brexit per capire quale sarà il suo destino. Secondo Standard and Poor’s sarebbe implicito il crollo del rating inglese nel caso in cui i uscisse dalla UE, una previsione che si ripercuoterebbe inevitabilmente anche su Cameron e sulla sua permanenza a Downing Street. Clicca qui per vedere il post di David Cameron per il referendum Brexit

Importante giornata per gli elettori del Regno Unito che dovranno esprimere la loro intenzione di voto al referendum Brexit e che vede diviso il popolo inglese fra Remain e Leave, ovvero restare o uscire dall’Unione Europea. Una notizia Ansa dell’ultim’ora comunica la supremazia dei Remain con un 51%, contro il 49% dei Leave secondo il sondaggio stilato da Yougov, mentre 54% a 46% per quello indetto da Comres. Due dati che si avvicinano molto a quando rilevato dall’Istituto demoscopico Ipos Mori che conferma il vantaggio del Remain al 52% contro il 48% dei Leave. Questo scenario politico corrisponderebbe a quell’84% su cui puntano gli scommettitori inglesi che vedono nel Remain la possibilità più forte. E’ possibile comunque che situazione si possa ribaltare a favore di chi invece vorrebbe l’uscita dalla UE, dato che i dati segnano ancora un testa a testa piuttosto acceso. 

Mentre sono ancora in corso le votazioni per il Brexit, il referendum che deciderà il futuro immediato dell’intera Europa con l’uscita o meno della Gran Bretagna, parla anche il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che cerca di impostare una disamina che vada aldilà del mero anche se importante voto inglese. «Mi auguro che l’Inghilterra scena il remain. Se prevalesse la scelta opposta, credo che si avvierebbe una fase lunga di instabilità e di incertezza». Secondo Gentiloni inoltre, il punto di vista del presidente Ue, Jean-Claude Juncker è assolutamente condivisibile: «chi decide di uscire, esce, Ma sono convinto che ci siano le condizioni perché ci sia una scelta positiva». Per il responsabile della Farnesina, il voto in Regno Unito sta dimostrando come, a prescindere dall’esito finale, l’Europa va comunque ripensata con nuovi sistemi di alleanze e una maggiore cooperazione.Il giorno della verità per l’Europa è arrivato. Oggi, infatti, nel Regno Unito sono chiamati ad esprimere il proprio voto 45,5 milioni di elettori. La Gran Bretagna deciderà dunque se restare nell’Unione Europea o se votare per la Brexit ed uscirne. “Chi è fuori, è fuori, nessun altro compromesso è possibile”, aveva dichiarato ieri sera da Bruxelles il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, come riporta Il Tempo online. Nella giornata odierna Juncker avrebbe dovuto riunirsi in un vertice a quattro con il presidente del Parlamento europeo Schulz, quello del Consiglio europeo Tusk e il primo ministro olandese Rutte ma sarebbe stato coinvolto anche in una serie di consultazioni con altri leader europei. Intanto da Mosca la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, nel tradizionale briefing del giovedì ha voluto esprimere il suo parere sul referendum Brexit asserendo: “Va rispettata la scelta del popolo britannico, ma il voto non deve essere influenzato” e le influenze non devono venire “da nessuna parte”. Putin in merito aveva espresso l’intenzione di pronunciarsi solo dopo il voto di Londra.

Prevedibilmente le reazioni del mondo politico e giornalistico sono divise in merito a ciò che sarebbe giusto decretasse il referendum Brexit, con 46,5 milioni di abitanti del Regno Unito chiamati a decretare o meno l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. In molti temono il venerdì nero della sterlina (qualora l’esito fosse l’uscita dall’UE), così quello delle principali borse europee. Dall’Italia, il premier Matteo Renzi ritiene che quella dell’uscita dall’UE sia una scelta sbagliata mentre il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Angelo Bagnasco, commenta che l’uscita del Regno Unito dall’Ue “certo non è un bene perché dividersi non è mai un bene. Così come non è un bene voler fare i padroni”. Cosa succederà alla Gran Bretagna? Lasciare o restare? Nei sondaggi è testa a testa e le urne si chiuderanno alle 22 e domani mattina si avranno i risultati definitivi di Brexit. Nel frattempo, il presidente della commissione europea Junker ha affermato: “Out is out, chi è fuori è fuori, non ci saranno rinegoziazioni dei trattati”. Perché restare? La Gran Bretagna andando via perderebbe la sua influenza politica internazionale ma anche dal punto di vista dell’economia ci potrebbero essere serie problematiche. L’ex sindaco della capitale, Bors Johnson invece parla in una nuova indipendenza per Londra, con una perfetta autonomia e la possibilità di controllare nel miglior modo l’immigrazione. Le “conseguenze” a lungo termine – di fatto – si vedranno proprio nel corso del tempo e, le primissime potrebbero intaccare la borsa ma anche la normale vita quotidiana più avanti.

Nel Regno Unito i seggi sono aperti da questa mattina alle 7:00 (e lo saranno fino alle 23:00 locali) in quanto oltre 46 milioni di elettori sono chiamati a decidere sulla permanenza o meno di Londra nell’Unione Europea. A dirla tutta, il quesito referendario è stato fornulato agli elettori in maniera molto semplice: “Il Regno Unito deve rimanere un membro dell’Unione Europea o uscire dall’Unione Europea?”. I sondaggi indicano un testa a testa tra il ‘rimanere’ e ‘l’abbandonare’. Sembra che anche il meteo sia destinato ad influenzare gli esiti del voto. Le forti piogge che hanno colpito Londra (equivalenti a quelle di un mese) hanno allagato numerose abitazioni e colpito soprattutto l’Essex e il sud-est della Capitale. I vigili del fuoco sono intervenuti a più riprese. 

In queste ore la Gran Bretagna si sta confrontando con l’evento che è stato comunemente definito Brexit: uscire o meno dall’Unione Europea? I sondaggi hanno già dato una risposta, ma la stampa britannica, in particolare The Economist, è diffidente. Il giornale, infatti, ricorda quelle elezioni legislative del maggio 2015, quando il risultato fu praticamente ribaltato rispetto a quello che ci si aspettava. Il settimanale si spinge a sostenere che i brintrovert, ovvero coloro che sono favorevoli a rimanere nell’UE anche se hanno sempre espresso opinione opposta, potrebbero essere decisivi. Previsioni e sondaggi a parte, il clima risulta essere molto teso, soprattuto nei settori economici ed educativi. In una lettera al quotidiano The Indipendent, infatti, i dirigenti delle cento migliori università britanniche, tra le quali spiccano i nomi di Oxford e Cembridge, hanno chiesto di non uscire dall’UE per evitare di subire danni dal punto di vista internazionale e innovativo. In Europa inizia a circolare una domanda: “che si sia fatto tanto rumore per nulla?”.

Mentre 46 milioni e mezzo di britannici si appresta al referendum Brexit in corso oggi fino alle 23 (ore italiane) e l’Europa vive di fatto il suo giorno più lungo, in qualche modo paragonabile a quanto avvenuto due anni fa con il caso della Grecia e del suo Grexit poi ricacciato indietro, un’altra superpotenza prova alcune mosse strategiche per cercare di approfittare del voto in Gran Bretagna. «I cittadini turchi potrebbero esprimersi sulla continuazione del lungo percorso di adesione della Turchia all’Unione Europea in un referendum in stile Brexit», queste sono le parole di Recepì Erdogan, il presidente della Turchia che prova la mossa nello stesso giorno di Brexit. La sua versione è semplice: perché la Gran Bretagna può fare un referendum su uscire o rimanere in Europa e “noi invece non possiamo farne uno sull’entrata nell’Ue?”. Erdogan di fondo continua a criticare l’atteggiamento di Bruxelles – riporta l’agenzia Askanews – sulle lungaggini nell’apertura dei nuovi capitoli di negoziazioni sulla facilitazione dei visti europei e simili. «Possiamo interpellare i cittadini come stanno facendo in Gran Bretagna. Potremmo chiedere ‘Dovremmo proseguire i negoziati con l’Unione europea, o dovremmo chiuderli?’ Se le persone dovessero dire ‘continuiamo’ allora proseguiremmo». Il presidente turco ha denunciato l’Unione Europea di non voler accettare la Turchia come stato membro perché musulmano: in seguito alla Brexit ci saranno azioni verso la Turchia per accelerare le operazioni o si rimarrà nello stato attuale?

Circa un anno la stessa cosa è accaduta in Grecia, con la sua possibilità di uscire dall’Europa che rientrò quando Alexis Tsipras decise di smentire l’esito del referendum di luglio. Adesso, la stessa situazione sta succedendo in Gran Bretagna e l’intera Europa resta con il fiato sospeso. Il referendum britannico però, a differenza di quello greco pare non lasciare alcun spazio a dubbi: o dentro oppure fuori. Alcuni hanno considerato Brexit la nuova Grexit ma non appare del tutto vero. La Grecia infatti voleva distaccarsi dall’Euro mentre la Gran Bretagna dall’Unione Europea con la sensazione peraltro diffusa, che il Paese si possa sentire decisamente “superiore”. Di fatto per i britannici potrebbe cambiare poco nonostante i richiami che hanno decisamente messo in allarme esattamente come i calcoli sulle variazioni dei salari ed i tassi di crescita decisamente privi di alcun senso reale ed oggettivo: troppe variabili per decretare una possibile ricaduta. Se l’Unione Europea decidesse di mettere i bastoni tra le ruote alla Gran Bretagna gli esiti negativi si svilupperebbero sul mercato delle esportazioni rendendolo ostile ma, cercare di evidenziare che Bretix possa rappresentare un chiaro messaggio di riappropriazione di una sovranità popolare ormai persa appare un messaggio altrettanto dirottante.

Chi vincerà tra ‘Leave’ o ‘Remain’ al Referendum Brexit? Oggi in Gran Bretagna 46 milioni di britannici sono chiamati al voto per decidere se il Paese deve restare o uscire dal’Unione europea. A votare saranno i cittadini irlandesi, britannici e del Commonwealth maggiorenni residenti in Gran Bretagna, i cittadini britannici che vivono all’estero, iscritti nei registri elettorali britannici negli ultimi 15 anni, i cittadini del Commonwealth a Gibilterra. Non voteranno invece, come accade per le elezioni politiche, i cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 22 locali, per il fuso orario saranno in Italia dalle 8 alle 23. Non ci saranno exit poll e lo spoglio del voto per il Referendum Brexit inizierà subito dopo la chiusura dei seggi quindi i risultati sono attesi stanotte verso le 2-3 ora italiana. Il risultato del Referendum Brexit, come ricorda Tgcom24, non è vincolante e in caso di vittoria del ‘Leave’ il Parlamento potrebbe scegliere di non tenere conto dell’esito della consultazione: un’ipotesi che con tutta probabilità non si realizzerà e sarà quindi respinto l’European Communities Act del 1972, che incorpora il diritto europeo nella legislazione britannica.

Qualunque siano i risultati del referendum Brexit di oggi, 23 giugno 2016, secondo Mario Monti, ex presidente del Consiglio italiano, David Cameron ha distrutto ” a paziente opera di tessitura di una generazione di europei”. In un’intervista con La Stampa, Monti sostiene di essere in disaccordo “con chi dice che questo referendum è una splendida forma di espressione democratica. Il gioco di Cameron è tutto volto al mantenimento del potere”. L’obiettivo del premier inglese per Monti è “levarsi d’impiccio il blocco euroscettico fra i Tory e rafforzare la leadership”. Monti poi mette in guardia l’Ue:”Le conseguenze del voto, indipendentemente dall’esito, sono pesanti per l’Unione stessa. Non dobbiamo illuderci: se anche il Regno Unito votasse per restare, ormai c’è un precedente. Cosa succederebbe se altri Stati decidessero di intraprendere un cammino simile a quello britannico? Un qualche Paese dell’Est o altri. Che si dice loro? Siete piccoli, non potete chiedere queste cose?”.

Ad incidere sul referendum Brexit di giovedì 23 giugno 2016 sarà anche l’omicidio della parlamentare laburista britannica Jo Cox? L’assassinio della politica inglese assassinata a Birstall da Thomas Mair, l’uomo di 52 anni che l’ha aggredita ferendola con un coltello e con dei colpi di arma da fuoco, potrebbe infatti spostare molti voti verso il fronte dei “Remain” visto l’impegno della Cox in questa direzione prima della morte. A ritrenere plausibile questo scenario è ad esempio Il Giornale, che il giorno dopo l’uccisione della Cox ha titolato in prima pagina:”Tre colpi di pistola salvano l’Europa”; ma anche Ben Page, amministratore delegato dell’istituto di sondaggi Ipsos-Mori, ha ammesso a Il Corriere della Sera:”Quanto è avvenuto probabilmente sposterà gli equilibri verso la campagna “Remain”. Lo conferma il rialzo della Borsa e della sterlina, immediatamente dopo l’annuncio dell’omicidio. Il che suona terribile, ma significa che i mercati hanno reagito all’informazione, deducendo che un maggior numero di elettori voteranno per restare nell’Ue. In secondo luogo, bisogna contare sull’“effetto status quo” che è presente in molti referendum: la gente tende a votare per il mantenimento dello status quo. Quando c’è incertezza, ancor più quando l’opinione pubblica è spaventata o disgustata per un evento, questo effetto aumenta ulteriormente. Ci sarà un forte movimento di empatia verso Jo Cox e i suoi familiari, molti indecisi che magari propendono per l’uscita dall’Unione Europea ma ai quali non piace l’estrema destra potrebbero ripensarci”.

Ancora qualche ora e conosceremo i risulatati del referendum Brexit che vedrà coinvolti i cittadini della Gran Bretagna: ma cosa dicono sondaggi e bookmakers della consultazione elettorale? A detta dell’ultimo sondaggio di Ipsos Mori, pubblicato sul London’s Evening Standard i “Leave” sono accreditati di una percentuale del 53%, mentre i “Remain” sarebbero fermi al 47%. C’è però chi tiene in considerazione maggiormente i bookmakers: perché? Semplice: gli scommettitori investono i loro soldi, gli intervistati ai sondaggi possono anche mentire. Questo è il convincimento di Graham Sharpe, guru delle scommesse della William Hill, storica società di bookmaker inglesi fondata nel 1934, che a “Quotidiano.net” spiega:”La maggioranza di scommesse – il 72% – sono a favore della Brexit, ma la somma di denaro più ingente, ovvero le scommesse più grosse, sono andate al fronte Remain (pro-Ue). La cosa è facilmente interpretabile. Chi vuole scommettere poco, diciamo 10 sterline, è più attratto dalle quote più alte perché vuole vincere di più rischiando poco. Chi invece vuole puntare grosse somme preferisce la ‘certezza’ della quota minima, che dà comunque di più degli interessi in banca. Abbiamo avuto una signora di Londra, prima volta che scommette, che ha puntato 100mila sterline su Remain. Se vince, si porta a casa 135 mila sterline. Non male per una scommessa!”

Il grande giorno è arrivato: oggi, giovedì 23 giugno 2016, la Gran Bretagna è chiamata a scegliere il suo destino, sarà Brexit oppure no? A chi ancora non lo sapesse chiariamo subito che per Brexit, fusione dei termini Britain ed Exit, si intende la possibilità del Regno Unito di uscire dall’Unione Europea. I cittadini d’Oltremanica che quest’oggi si recheranno alle urne per il referendum leggeranno sulla scheda elettorale il seguente quesito:”Il Regno Unito dovrebbe restare membro dell’Unione Europea o lasciare l’Unione Europea?”. Una domanda molto semplice, che ha diviso la Gran Bretagna in due gruppi: quelli a sostegno del “Remain” e quelli accomunati dal “Leave”. E dire che anche la domanda da porre sulla scheda elettorale ha procurato non poche polemiche: come riporta IlSole24Ore, la Commissione Elettorale britannica nel settembre del 2015 ha stabilito che il quesito originale:”Il Regno Unito dovrebbe restare membro dell’Unione Europea?” fosse sostituito da quello attuale poiché, seppur chiaro, la presenza del verbo “restare” avrebbe potuto “incoraggiare chi vota a guardare con più favore a un’opzione piuttosto che un’altra”.