PECHINO — Il tanto paventato Brexit è successo e le conseguenze paiono tanto immense e imprevedibili che non erano state previste o anticipate. Né Unione Europea né britannici avevano un piano B, cioè cosa avrebbero fatto se effettivamente il referendum avesse scelto di uscire dall’Unione.

Ciò è chiaro dalle prime reazioni esasperate del presidente della Commissione Juncker, che a caldo ha detto in sostanza agli inglesi “e ora levatevi dalle scatole il prima possibile”, e degli inglesi stessi, che nelle prime ore dopo il voto raccoglievano due milioni di firme per rivotare mentre subito gli scozzesi annunciavano formalmente che loro intendevano restare nell’Unione e lasciare invece il Regno unito.



Molti però non pensano alla distruzione del Regno che con tante difficoltà per secoli è stato unito, quanto alla frantumazione dell’ancora più difficile Unione Europea e della sua moneta, l’euro. La cosa potrebbe creare crisi finanziarie globali ed esasperare tensioni sociali e politiche dentro e fuori i labilissimi confini dell’Unione.



Tanti finanzieri temono questo e ci mettono i loro soldi puntando contro la moneta unica, a cominciare dallo speculatore/filosofo Soros. Le prospettive reali sono un orizzonte per l’Europa come fu quello per l’Asia con la sua crisi finanziaria del 1997-98. Allora il crollo del baht thailandese innescò una catena di eventi che rase al suolo tante economie della regione. Ciò a sua volta portò a una serie di enormi sommovimenti sociali che spazzarono via regimi e pratiche di governo consolidate in quasi tutti i paesi dell’aerea, dal Giappone e dal Sud Corea fino all’Indonesia e all’India. Solo la Cina resistette alla tempesta finanziaria, ma ciò perché la sua moneta non era liberamente convertibile.



Oggi l’uscita del Regno Unito dalla Ue è un fatto molto più grave del crollo del baht nel 1997 e l’area dell’euro è molto più pesante globalmente di quella asiatica 20 anni fa. Allora solo lo yen nipponico era un gigante, gli altri erano solo gnomi finanziari. Quindi potrebbe accadere qualcosa di molto peggio della crisi del 2008, partita dall’America, quando tutti sono ancora doloranti per quelle ferite non rimarginate.

Occorre porvi rimedio rapidissimamente prima che il disastro si allarghi fuori da ogni controllo. La confusione totale di queste ore ha molti padri e i libri di storia certamente produrranno migliaia di volumi in proposito, ma qui brevemente occorre dire che la colpa non è solo di chi ha usato rozzamente la delicata clava della democrazia, ma anche dei tanti burocrati che per anni sono rimasti sordi alle lamentele popolari. E’ mancata la vera democrazia e la capacità di guidare il continente attraverso cambiamenti immani e difficilissimi.

Le prospettive quindi non sono oggi rosee: chi non è stato capace in tempi normali riuscirà in tempi straordinari? È difficile ma è più che possibile; è essenziale alla sopravvivenza di tutti. 

A caldo due misure sono necessarie per fermare l’ondata di panico che questa settimana potrebbe travolgere come uno tsunami i mercati. 1) La Ue deve stabilire una moratoria ai britannici che congeli per due anni le cose e dia tempo a tutti di ragionare su come uscire da questo tunnel. 2) Tedeschi e francesi devono decidere bilateralmente di procedere a una unione politica e poi gli altri paesi decidano se aderire o meno. L’unione politica serve a bloccare sul nascere altri tentativi di spaccare l’Unione e dare all’Europa tutti gli strumenti per governare l’economia: la sola moneta non basta.

La seconda misura è difficile, certo, ma occorre mettere tutti i paesi davanti alle proprie responsabilità: dentro o fuori dall’Unione. E se è fuori, che si faccia un piano per spaccare l’euro e tornare ciascuno alle proprie monete. L’Unione politica avrà dei costi sociali enormi, ma ponderabili, la frantumazione dell’euro avrà costi maggiori e imponderabili.

In tutto questo inglesi, tedeschi e francesi oltre a pensare a sé devono pensare anche alla grande mina vagante dell’unione e del mondo, l’Italia. A differenza di altri paesi in difetto, come Spagna, o anche Grecia, i problemi dell’Italia sono sempre più gravi e il debito pubblico, e ora anche delle banche, che nessuno sarebbe in grado di sanare da solo può affossare rapidamente l’Italia.

Inoltre dopo la grande sconfitta elettorale sostenuta dal governo di Matteo Renzi alle elezioni amministrative della settimana scorsa, il paese appare senza guida. Renzi dopo avere promesso a caldo un “lanciafiamme” contro l’apparato del suo partito, colpevole della sconfitta, è da giorni quasi catatonico. Questa reazione, più della sconfitta, prova che il premier è usurato e il governo, al di là dei numeri in parlamento, è già in crisi. Il Brexit ha moltiplicato l’impatto della crisi attuale italiana.

Nell’incertezza di cosa faranno Gran Bretagna, Germania e Francia l’Italia deve prepararsi a ogni evenienza, e questo richiede un governo di unità nazionale. Se Renzi avesse il coraggio e la capacità di portarlo avanti bene, ma deve farlo subito. Altrimenti il compito ritorna sulle spalle dell’uomo che nell’ultimo decennio non si è mai sottratto, l’ex presidente Giorgio Napolitano. Qui il punto vero non è per il Pd, partito di governo, unirsi con la destra uscita spappolata dalle elezioni, ma portare al governo il M5s.

Lao Xi su queste pagine non è stato certo parco di critiche al movimento ma questo è un momento storico fondamentale per l’Italia e il continente, tutti devono contribuire e nessuno può permettersi il lusso di rottamare nessuno. Il referendum costituzionale di ottobre deve essere congelato e rinviato e devono essere concordate con Germania e Francia misure straordinarie per mettere in sicurezza il debito italiano e ammettere presto l’Italia nella nuova auspicabile unione politica europea. 

Se l’unione politica non si materializzasse, tanto più l’Italia ha bisogno di un governo di unità nazionale.

Lo scenario in mancanza di queste misure è semplice. Il crollo della sterlina inglese comincerà a trainare con sé anche l’euro, i tassi di interesse dei vari paesi aumenteranno, la forbice tra interessi italiani e tedeschi si allargherà. Gli alti tassi italiani metteranno fuori gioco prima le sue banche poi lo stato, l’Italia crollerà e trascinerà con sé il continente. È per prevenire questo scenario che Germania e Francia devono annunciare presto un’unione politica e il cancelliere tedesco Angela Merkel deve assolvere al suo destino di essere una specie di nuova Maria Teresa d’Austria.

Dopodiché la speranza è che la Gran Bretagna ritorni nell’Unione e prenda la guida dell’Unione. Dopo la fine della guerra dei 100 anni, mezzo millennio fa, l’Inghilterra si è mossa sempre per unificare il dominio delle sue isole e mantenere il continente diviso. Oggi se Londra non torna in Europa e decide di contribuire a guidarla, non solo l’Europa potrebbe unirsi contro la Gran Bretagna, ma come è chiaro in queste ore, anche la Gran Bretagna tornerebbe a spaccarsi.

Naturalmente quando si parla di futuro non c’è sicurezza. Ma una cosa è sicura: un terremoto epocale è arrivato. Ogni ora di ritardo all’azione porta morti in più per le strade, l’esperienza asiatica di 20 anni fa lo prova.

In Italia che Renzi si muova; o, per favore, presidente Napolitano o presidente Mattarella fatelo voi.