Le elezioni spagnole non hanno migliorato la situazione politica del paese, che ora è in difficoltà nella costruzione di un nuovo governo a sei mesi di distanza dall’ultimo voto. Per Giovanni Toti ci sono delle similitudini con il quadro politico italiano: «C’è una fotografia simile a quella dell’Italia o a quella della Germania con Alternative. O l’Europa sa riformarsi, sa dare risposte ai suoi cittadini membri, sa tornare a crescere in modo davvero importante, o rischia di sgretolarsi», ha dichiarato il presidente della Regione Liguria, come riportato da “Città della Spezia”. Il voto spagnolo, inoltre, offre a Toti gli spunti per riflettere sul futuro del centrodestra in Italia: «Le elezioni spagnole sono state un momento di maturità di quel Paese. Il Partito Popolare di governo dai tempi di Aznar fino a Rajoy, che ieri ha dimostrato di avere ancora grande capacità di presa sull’elettorato, ha dato delle risposte ad un Paese che in effetti ha fatto molto più di altri: è riuscito a crescere pur in una situazione difficile e a fare delle riforme che, a differenza di quelle italiane, hanno portato un’importante crescita dell’occupazione».
La situazione politica della Spagna non può che essere considerata agitata all’indomani delle elezioni politiche: il quadro politico che, infatti, hanno consegnato è molto complicato. Non è affatto cambiata, dunque, la situazione di instabilità politica rispetto alle ultime votazioni, quelle del dicembre 2015. A distanza di sei mesi i partiti si ritrovano a dover costruire un’alleanza: Mariano Rajoy ha vinto, ma non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, quindi deve riflettere sui possibili accordi. Si studiano le possibili alleanze su cui si può costruire il nuovo governo. Ecco alcune delle ipotesi avanzate dall’Huffington Post: un patto tra PP e PSOE, ma finora il leader socialista Pedro Sanchez ha respinto l’ipotesi; un patto tra PSOE, Podemos e Ciudadanos, ma questi ultimi due partiti hanno dichiarato che i loro programmi sono incompatibili; un’alleanza tra PP, PSOE e Ciudadanos porterebbe una maggioranza schiacciante.
Le elezioni spagnole sono state relegate tra le notizie meno importanti della giornata dai siti dei principali giornali tedeschi, francesi e britannici, addirittura il New York Times non l’ha nemmeno fatta figurare in home page. Maggiore l’attenzione, invece, in Italia e in Portogallo, perché ciò che accade a Madrid riguarda da vicino in particolare il nostro Paese. Il risultato elettorale, però, impedisce la nascita di un asse Roma-Madrid-Parigi: ora la Spagna è focalizzata più sui suoi problemi che sugli scenari europei. Le elezioni spagnole si sono rivelate ininfluenti sul futuro dell’Unione, in preda al panico dopo la Brexit. Quanto accaduto nel Regno Unito non ha condizionato particolarmente l’esito del voto, anzi ora le spinte indipendentiste della Catalogna, secondo Il Fatto Quotidiano, potrebbero rallentare. La Brexit rappresenterà un fattore dissuasivo? Potrebbe intanto essere un’occasione per trattare sull’autonomia fiscale di cui la Catalogna non gode affatto.
Mariano Rajoy vince le elezioni Spagna 2016 con i risultati più sorprendenti di quanto si poteva pensare alla vigilia, ma resta appiedato visto l’ennesimo “niet” del Psoe che in queste ultime ore ha allontanato qualsiasi ipotesi di governo con grande coalizione. Ha parlato Cesar Luena, numero 2 di Sanchez all’interno del partito socialista – che ha scampato il rischio del sorpasso a sinistra di Podemos – chiudendo ancora la porta ad una ipotesi di grande coalizione con popolari e Ciudadanos. «Non sosterremo Rajoy. Faremo un passo dopo l’altro, chi deve prendere l’iniziativa per tentare di formare un governo è Rajoy, non noi». Uno spiraglio resta aperto, con un’ipotesi di appoggio esterno alla maggioranza, una sorta di posizione alla Pci durante il Pentapartito in Italia negli anni Settanta. «I socialisti potrebbero astenersi, questo sì ma la decisione sarà presa a tempo debito, l’obiettivo resta di spodestare Rajoy». Il leader Psoe Sanchez e il premier uscente Popolare, Mariano Rajoy, si sono sentiti ieri sera e si vedranno nei prossimi giorni: che ci sia una volontà, anche se recondita, di dialogo?
E’ stato Rajoy il vincitore delle elezioni in Spagna 2016, il cui risultato ha decretato la vittoria del Partito Polare con il 33% delle preferenze. Il riconfermato premier uscente spagnolo Mariano Rajoy, come fa sapere Il Gazzettino, ora auspica in un accordo per la formazione del nuovo governo entro un mese, ovvero dopo che il Parlamento si sarà costituito il 19 luglio. Il risultato ottenuto ha riconfermato anche l’andamento di sei mesi fa ed è lo stesso leader del Pp che ora rivendica il successo asserendo: “Abbiamo vinto le elezioni e vogliamo governare”. In merito al partito Podemos, la svolta a sinistra in Spagna si è rivelata un flop con il risultato del 21,1%. Il partito viola nato due anni fa, infatti, attendeva certamente un responso differente da quello ottenuto, tanto che i sondaggi alla vigilia delle elezioni avevano parlato addirittura di un sorpasso allo storico PSOE e parlando di Podemos come avanguardia dello storico elettorato di sinistra. Il risultato ottenuto, tuttavia, allontana anche da una ipotetica coalizione di governo.
Dopo i risultati delle elezioni in Spagna 2016 e che hanno portato alla vittoria il Partito Popolare di Mariano Rajoy, giunge anche il commento di Pablo Iglesias, leader del partito Podemos. Iglesias, come riporta oggi Il Fatto Quotidiano, ha ammesso che il risultato del suo partito “non è stato soddisfacente” e non ha potuto negare la preoccupazione per la “perdita di consenso per il blocco progressista”. Commentando il risultato delle elezioni politiche in Spagna che si sono svolte ieri, il leader del partito viola ha poi aggiunto: “Ho scritto un messaggio a Pedro Sanchez per parlare alla luce di questo risultato e non ho ancora ricevuto risposta. Rimango convinto che sia sensato riuscire a dialogare e lavorare insieme a partire dal terreno comune, condividiamo infatti un modello sociale opposto a quello attuato dal governo dei popolari”.
Ha perso Podemos, alle elezioni Spagna 2016 dopo i risultati che consegnano una situazione ancora una volta nello stallo generale: un passaggio chiaro è che il sogno del partito anti-sistema si infrange sulla dura realtà, che premia il Partito Popolare ancora più di dicembre, ma sempre senza una vera maggioranza assoluta. Resta però come il sorpasso a sinistra di Podemos Unidos sui socialisti non è avvenuto: «ci aspettavamo un risultato diverso, è il momento di riflettere. Un fenomeno politici che dal nulla arriva a questi livelli di sostegno è incompatibile con la parola “fracasso” (disfatta). Siamo la terza forza politica ma non ci conformiamo e continueremo a lavorare per diventare la prima». Una vera analisi non è ancora stata fatta da Iglesias, giovane ed abile comunicatore, che però non è riuscito a conquistare l’intero elettorato progressista (si è fermato al 21,1% con 71 deputati) e ora bisognerà capire cosa succederà in sede di possibili alleanze e simili. Iglesias non sembra però intenzionato, dal momento che dice “il mio partito non ha sbagliato e non si prostituirà mai, il nostro programma non lo cambiamo per un posto o una carica. Continueremo ad essere coerenti”.
Le elezioni politiche in Spagna che si sono tenute ieri, hanno portato alla sorprendente vittoria del ministro conservatore Mariano Rajoy sebbene non abbia ottenuto la maggioranza in Parlamento. Oggi sono ormai note le percentuali delle elezioni Spagna 2016 rivelate da Adnkronos: il Pp ha chiuso con il 33% e 137 seggi su 350 nel Congresso dei deputati. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, il Partito Popolare del premier uscente avrebbe ottenuto 14 punti in più rispetto alle elezioni del 20 dicembre. Alle spalle del Pp, il Psoe con il 31,2% e 85 deputati (5 in meno rispetto a sei mesi fa), seguito poi dal partito di sinistra Podemos con il 18,5%. Mariano Rajoy, dopo la vittoria, direttamente dal balcone della sede del Partito Polare a Madrid ha esposto le sue prime parole al cospetto di un vasto pubblico asserendo: “Abbiamo vinto le elezioni e rivendichiamo il diritto di governare”. Rajoy, dopo non aver ottenuto la maggioranza assoluta (occorrono 176 seggi) dovrà ora cercare il giusto partner per formare un governo di coalizione, ma sebbene al momento non si sappia quale sarà il partito che si unirà al vincente Pp, il premier appare più che ottimista.
Il quadro politico in Spagna dopo le ultime elezioni non è cambiato rispetto a quello prospettato dal voto del dicembre 2015: il primo partito resta il Pp (33%), che ha ottenuto 14 deputati in più ma non la maggioranza assoluta. Le urne hanno certificato comunque il tramonto del sogno coltivato da Podemos (21,1%) di diventare il primo partito della sinistra e di guidare il governo. Gli exit-poll avevano preannunciato un risultato storico per la Spagna, perché Pablo Iglesias sembrava seriamente in lizza per il ruolo di premier e in procinto di studiare una colazione con Psoe (22,7%) per governare con la maggioranza assoluta, ma le previsioni si sono rivelate totalmente sbagliate: festeggia allora Mariano Rajoy, l’unico che può dire di aver vinto le politiche spagnole, visto che è sopravvissuto ad un’altra elezione. Tra i delusi anche il partito moderato emergente Ciudadanos (13,1%), che ha perso 8 seggi. I socialisti, invece, si sono salvati la faccia dopo i disastrosi sondaggi. Il problema della governabilità resta, però, d’attualità in Spagna, dove ora si studiano le alleanze: durante la campagna elettorale Rajoy aveva proposto un’alleanza con i socialisti e Ciudadanos, ma finora Pedro Sanchez, il leader del Psoe, ha risposto no. Decisiva sarebbe un’eventuale retromarcia, visto che Pp e Ciudadanos da soli non ottengono la maggioranza assoluta del Congresso. Rajoy può comunque “consolarsi” con la sicurezza di avere una maggiore autorevolezza, avendo vinto queste politiche. «Ho mandato un messaggio a Pedro Sanchez per confrontarmi sul risultato, ma non ho ancora ricevuto risposta. Resto convinto che sia importante dialogare e lavorare insieme», ha dichiarato Pablo Iglesias, leader di Podemos, che si è detto preoccupato per la perdita di consenso per il blocco progressista. Nel frattempo Sanchez ha commentato i risultati per la Psoe, che non può sorridere, pur avendo ottenuto il “secondo posto”: il partito socialista spagnolo ha fatto registrare il suo peggiore risultato storico in seggi.
Un nulla di fatto per Podemos che si è visto sfumare davanti agli occhi il secondo posto delle Elezioni politiche di Spagna 2016. Con uno spoglio al 90%, riferisce il Corriere della Sera, la certezza che emerge è la vittoria del Pp del premier in uscita Mariano Rajoy, ma con maggioranza esclusa. Al primo partito va il 32,57% dei voti, seguito dal 23,08% del Psoe di Pedro Sanchez, una corsa che ha decretato quindi l’uscita dei giochi dei Podemos con 71 seggi ed il 21,22% dei voti. In ribasso inoltre Ciucadanos al 12,70%, un dato che come gli altri sottolinea come i 176 seggi necessari per l’esecutivo non siano stati raggiunti e che si dovrà quindi passare ad un’alleanza fra i partiti per dare vita al governo. Un effetto post Brexit che si è fatto sentire quindi anche in Spagna, con un’elezione caratterizzata da una bassa affluenza se solo si considerano le elezioni dell’anno precedente. Si parla infatti del 69,11% degli elettori, il dato più basso in assoluto che la Spagna ha registrato in tutta la sua storia politica.
Si sta per formare un nuovo governo e un nuovo parlamento in Spagna, dove i cittadini sono tornati al voto a distanza di sei mesi. Sono stati 36 milioni gli spagnoli chiamati alle urne. I dati sull’affluenza hanno confermato numeri in linea con quelli registrati il 20 dicembre: è stata, infatti, del 69,2%. In attesa dei primi dati ufficiali, si è parlato nelle ultime ore di un’ipotetica alleanza tra Podemos e socialisti, che porterebbe alla formazione di un governo con maggioranza assoluta. Ma dopo le 21, quando sono state sigillate anche le urne alle Canarie, è stato possibile scattare una prima fotografia: secondo i dati forniti da El Mundo ed El Pais con il 13% dei voti scrutinati, il Pp otterrebbe il 31,06%, i socialisti il 24,04%, Unidos Podemos il 21,4% e Ciudadanos il 11,39%. E’ evidente, almeno per quanto riguarda i dati finora a disposizione, una sorta di “effetto Brexit”: Pp e Psoe risultano rafforzati rispetti ai sondaggi dei giorni scorsi. Smentiti gli exit poll sul sorpasso di Podemos nei confronti del Psoe.
I dati sull’affluenza alle elezioni Spagna 2016 sono più o meno in linea con quelli delle precedenti elezioni del 2015: alle ore 14 aveva votato a dicembre il 36.91% degli elettori, mentre oggi il dato si è leggermente calato verso il 36,87%, ma sostanzialmente rimane in parità. Non ci sono state quindi grosse modifiche di popolo alle urne che non si è riversato a votare dopo la stallo degli ultimi 6 mesi: va però anche detto che tale incapacità di formare il governo non ha fatto perdere molti punti all’affluenza finale. Intanto si preparano i risultati finali con la grande attesa che dovrebbe arrivare questa notte: i socialisti decideranno alla fine questa tornata elettorale con spettro della Brexit alle spalle? Uno scenario potrebbe infatti portare quanto segue: se effettivamente, come dicono i sondaggi, il Psoe di Sanchez dovesse arrivare terzo dietro a Popolari e Podemos, il giovane leader dovrebbe dare le sue dimissioni. In quel caso le redini dei socialisti dovrebbero prendere Felipe Gonzales e Susana Diaz che, secondo quanto riportano i colleghi de La Stampa e di El Pais, sarebbero pronti a decidere per un’astensione del Psoe in modo da favorire finalmente un governo in Spagna, a guida Popolari e Ciudadanos, ma con “appoggio esterno” dei socialisti. L’unica condizione che avrebbero richiesto è che Rajoy debba farsi da parte: uno scenario plausibile?
E se dopo i risultati delle elezioni in Spagna 2016, la seconda in sei mesi, la situazione fosse ancora un inesorabile stallo? Gli scenari sono tutti aperti, anche perché secondo gli ultimi sondaggi – come potete vedere qui sotto – nessun partito è dato in maggioranza assoluta; e allora, se a sorpresa avvenisse una poco prevedibile “grande coalizione”? I colleghi della Stampa hanno provato a testare lo scenario più improbabile ma anche, forse, il più necessario in un momento di forte stallo politico; la possibilità si avvicina a fatti di casa nostra del 2011, quando in Italia una grande coalizione si riunì sotto un premier, Mario Monti, super-partes contro il populismo del Movimento 5 Stelle. In Spagna potrebbe accadere se tutti i principali partiti, Popolari, Psoe e Ciudadanos, si alleassero contro Podemos Unidos per provare a superare l’ostacolo populismo della serie, “ce lo chiede l’Europa”. Con lo spettro Brexit alle spalle e con il timore dei moderati di vedere al potere Podemos Unidos: vorrebbe dire però accordo socialisti-popolari, assai difficile qui in Spagna e con Ciudadanos che darebbe alla coalizione un spinta centrista più spostata verso destra. Accadrà così?
Urne aperte per le Elezioni Spagna 2016 con i risultati che nelle prime ore della notte dovrebbero consegnare un nuovo governo: usiamo il condizionale perché come ben sapete la Spagna arriva al voto dopo sei mesi di assoluta ingovernabilità per le precedenti elezioni di dicembre che non hanno portato una maggioranza assoluta e non si è riusciti a trovare nessun accordo tra i principali partiti concorrenti. Oggi si vota fino alle 20, mentre alle Canarie fino alle 21, e lo spoglio partirà immediatamente, con l’intera Europa che guarda a questo voto, il primo dopo il referendum Brexit che ha gettato l’Unione Europea nel caos più totale. Dagli ultimi sondaggi scopriamo che il partito probabilmente più in forma è Podemos Unidos (il movimento di ribellione “sinistra” assieme ai comunisti di Izquierda Unida) che è dato al 25%, appena dietro al Partito Popolare di Rajoy che dovrebbe rimanere ancora il primo partito al 28-30% ma senza una maggioranza assoluta. Podemos potrebbe alla fine trovare un accordo con il Psoe di Sanchez, in netto calo con il 21% negli ultimi sondaggi. Ciudadanos invece, con Albert Rivera che non intende trovare ancora un accordo con i popolari, sono dati indietro al 15%. Sarà ancora stallo? La palla di vetro non l’abbiamo ma le prossime ore saranno temiamo davvero decisive per una ulteriore crisi politica europea. Speriamo di sbagliarci.
Oggi si tengono le Elezioni Politiche Spagna 2016, la seconda volta nel giro di due anni dopo che nel 2015 la vittoria dei Popolari del Premier uscente Mariano Rajoy non era riuscito a trovare un alleato per avere una maggioranza assoluta e quindi formare un governo stabile per i cittadini spagnoli. Per questo motivo il Re Felipe ha dovuto indire nuove elezioni e le formazioni che si presentano ai nastri di partenza sono sempre le stesse ma con evidenti e numerosi fattori diversi dalle scorse elezioni politiche iberiche. Ecco dunque i candidati presidenti e relativi partiti che oggi i cittadini spagnoli potranno scegliere alle urne, aperte fino alle 23: Mariano Rajoy con il Partito Popolare, Pedro Sanchez per Partito Socialista, Pablo Iglesias di Podemos e Albert Rivera di Ciudadnos. Quattro leader, quattro formazioni politiche che in due anni si sono accordate, lasciate, ripromesse e di nuovo “mollate” formando un caos generale a livello politico che la Spagna continua a pagare. Il rischio grosso è che anche dopo questa tornata elettorale non vi siano i numeri per avere una maggioranza stabile, specie se i Popolari non troveranno l’accordo con Rivera, il partito più moderato rispetto a Psoe e Podemos (che per l’occasione si presenta unito alla sinistra più radicale di Izquerda Unida). Probabilmente l’unica possibile soluzione sarebbe una coalizione tra Socialisti e Podemos ma dopo sei mesi in cui hanno provato un accordo, prima di tornare a nuove elezioni, non ne sono venuti a capo. Scandali corruzione, elezioni senza esito e un governo che manca da dicembre, la Spagna entra a queste elezioni con il timore enorme di non risolvere ancora nulla. Ci penseranno i cittadini a rendere più chiara la situazione politica?. Il voto di oggi confermerà queste previsioni?
Le elezioni in Spagna rivestono un secondo motivo di grande interesse e non è per nulla interno questa volta: sono le prime tornate elettorali di un Paese Europeo a pochissimi giorni dal Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. In molti si chiedono e gli esperti si dividono sulle possibilità concrete in un voto “condizionato” dal forte vento anti-Ue che agita i vari movimenti politici europei. In Spagna temono che dalle urne oggi vengano premiati i partiti meno europeisti e che possa nascere anche in terra iberica il terreno fertile per una possibile “Espana Exit”. Preoccupazioni reali? assolutamente sì, specie su partiti più estremisti come Podemos o Izquerda Unida. Secondo uno storico ispanista italiano intervistato da Radio Vaticana, Alfonso Botti, questo pericolo è meno probabile di quanto si creda: «Quello che è successo in Inghilterra ci fa vedere la differenza del quadro politico spagnolo, nel quale sono in competizione quattro forze politiche, tutte e quattro fermamente europeiste, anche se alcune più critiche degli assetti attuali dell’Unione Europea: quando parlo di queste forze critiche, mi riferisco senz’altro a “Podemos” e “Izquierda Unida”. La Spagna ha due specificità da questo punto di vista: la prima, che in Spagna non ci sono stati movimento xenofobi e il secondo dato caratterizzante per la situazione spagnola è che tutte le forze politiche, anche quelle nazionaliste basche e catalane, sono europeiste».