Un Matteo Orfini impegnato sul referendum costituzionale d’ottobre 2016, un Partito Democratico che prosegue nella lotta tra chi sostiene Renzi e la riforma Boschi e chi invece promette battaglia per il No della legge sulla cui è nato questo governo. Ad Agorà su Rai 3 il presidente dem ha inteso però spezzare una lancia per l’unità del suo partito: «Sulla Costituzione io credo sia legittimo avere posizioni diverse, anche all’interno del Partito Democratico. Noi abbiamo una linea precisa perché queste riforme le abbiamo volute e votate, ma se qualcuno non se la sentisse di votare il Sì, io credo non ci sia niente di scandaloso». Nello stesso tempo Orfini non ha remore a dire le cose come stanno per quanto riguarda il futuro del governo, legato ormai a stretto doppio filo al referendum costituzionale d’ottobre 2016. «Non sta a me deciderlo, ma mi pare evidente che questa legislatura e questo governo finirebbero con la sconfitta al referendum. È del tutto evidente che se fallisse il referendum sulle riforme questo governo non esiste più».



Interviene sul dibattito del referendum costituzionale di ottobre 2016 anche il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che come riporta l’Ansa si scaglia contro il voto della riforma Boschi. «la riforma va detto un secco no e il destino dello stato poi dipende da cosa succede dopo: no al referendum sui cambiamenti costituzionali e poi governo di unità nazionale. Purtroppo non sono cangiabile per altri 3 anni ma resta una necessità assoluta un governo a larghe intese». Secondo l’ex premier, in Italia ci sono ormai tre poli: «il centrodestra non può pensare di vincere al ballottaggio, perché se andasse al ballottaggio contro M5s gli elettori del Pd voterebbero per questi, mentre se andasse al ballottaggio con il Pd tutti gli elettori del M5s voterebbero per il Pd. L’unica possibilità di vincere è farlo al primo turno superando il 40%». Da qui fino ad ottobre non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta che si ritornerà su questo argomento: la politica sta prendendo la piega referendaria, pro e contro, e l’intero contenuto del dibattito politico e non solo nei prossimi mesi potrebbe raggiungere vette di presenza difficilmente prevedibili.



Il 2 giugno è passato ma il tema del referendum costituzionale d’ottobre ha preso una prevedibile impennata: la festa della repubblica è stata anche l’occasione di ricordare i 70 della costituzione italiana e inevitabili sono state le due correnti di pensiero che si stanno contrastando sulla riforma Boschi che andrà in voto referendum confermativo il prossimo autunno. Da chi la difende a spada tratta senza modifiche a chi invece, pur riconoscendo il lavoro incredibile dei padri fondatori, vorrebbe oggi correggere qualche punto attraverso il ddl Boschi che così tanto sta facendo discutere in ambito politico e culturale. Un caso su tutti ha agitato ieri le cronache referendarie: Roberto Benigni in una intervista a Repubblica si è detto orientato a votare per il Sì, dopo che nei mesi passati aveva espresso più di una perplessità sul testo e che avrebbe quindi votato no. Putiferio, con il compagno e amico di mille battaglie Dario Fo che lo ha attaccato duramente: «leggendo la sua intervista sono rimasto sconvolto, si lascia così andare alla deriva. C’è qualcosa del dare e avere, non c’è dubbio che questa posizione favorisce il governo e il potere. Sarà ripagato, però mi stupisce terribilmente. Lo vedo cedere davanti alle lusinghe, ero convinto adesso ormai scelto come si deve e soppiatto secondo la storia della sua vita e invece ora penso stia tradendo se stesso», scrive su Huffington Post il premio Nobel. Tante le critiche a Benigni per la sua posizione dopo aver recitato in prima serata tv lo spettacolo “La più bella del mondo”, riferendosi appunto alla Costituzione. Ma allora dove sta il vero? Il comico è un doppiogiochista o qualcosa nel reazioni altrui convince ancor meno? Pungente e interessante la posizione di Enrico Mentana, come si vede dal suo post su Facebook: «Quelli che Benigni era un grande perché votava no e ora è un fallito che non fa più ridere perché voterà si. Quelli che insultano i talk perché sono il peggio dell’Italia e poi fanno gli esposti perché non li invitano. E così via. Più che la Repubblica Italiana sembra Mondo Convenienza». Con un lontano richiamo alla Jannacci, “quelli che…”, Mentana forse azzecca il punto centrale: è più doppiogiochista chi cambia idea o chi si esalta una persona e poi la “massacra” se non la pensa più come lui, o peggio, come “si deve” pensare per essere “giusti”?

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