La decisione che il popolo britannico ha preso per mezzo del referendum sulla Brexit, di fatto palesando l’intenzione di uscire dall’UE, ha contorni storici. Un esito che ha fatto esultare Nigel Farage, leader del partito Ukip, che circa 17 anni fa entrò nel Parlamento di Strasburgo con l’intenzione di portare all’uscita del Regno Unito. A questo punto sembrerebbe opportuno che tutti gli eurodeputati presentino le proprie dimissioni visto che non ha più senso politico la loro presenza a Strasburgo. In realtà non è così con l’Ukip che in pratica ogni giorno incassa dall’UE qualcosa come 43 mila euro a vario titolo. Secondo i maligni questo sarebbe il motivo della mancata presentazione delle dimissioni e non la necessità di vigilare sulla fase di fuori uscita da parte della Gran Bretagna come invece sostenuto dagli stessi parlamentari Ukip.
È totale bufera dopo la Brexit tra i conservatori in Inghilterra: i Tory, dopo le dimissioni del premier Cameron per aver perso il referendum sull’uscita dall’Unione Europea, sono nel caos per di più dopo le ultime dichiarazioni pubbliche di Boris Johnson. L’ex sindaco di Londra e leader dei Leave durante la campagna Brexit ha deciso, con una conferenza stampa pubblica, di ritirare la sua corsa al dopo Cameron non volendo così più candidati al ruolo di Premier. A sorpresa, dopo le dichiarazioni negli scorsi giorni in cui lui, assieme a Theresa May, sembravano i due candidati per sostituire Cameron e iniziare così il prossimo 16 settembre le trattative per l’uscita del Regno Unito. «Non posso offrire la leadership e l’unità necessaria per tenere assieme la nazione intera», anche se in tanti hanno letto queste parole come un modo di accusare il colpo del “tradimento” patito dall’ex n.2 dei Leave nei Tory, quel Michael Gove che ora a sorpresa si è candidato alla leadership. Una sorta di “coltellata” alle spalle dell’ex collaboratore ormai, Gove si candida contro May: un Leave e una Remain per il dopo Cameron, chi la spunterà?
Suona come una minaccia la conclusione del Consiglio Europeo di ieri dopo il caso Brexit che sta tenendo l’Europa intera sul piede di guerra per l’uscita di un componente importante e storico come la Gran Bretagna: il messaggio del presidente della Commissione Ue è chiaro e diretto, indispettito quasi per la mancata richiesta di Cameron di attivare l’articolo 50 dei Trattati di Lisbona – il celebre ormai articolo con cui si darebbe il via all’iter e negoziazioni di uscita dalla Ue -. «Il giorno dopo la nomina del nuovo primo ministro britannico, vogliamo ricevere la richiesta di recesso sulla base dell’articolo 50 del Trattato», tuona Jean-Claude Juncker. Tradotto per comuni mortali, la Ue aspetterà fino al 16 settembre, data per la quale è stato convocato un vertice informale dei capi di governo Ue a Bratislava senza la Gran Bretagna. Se per allora il successore di Cameron non sarà stato nominato o peggio non sarà stato avviato l’iter di uscita, allora i 27 sospenderanno il Regno Unito e congeleranno il voto.
Nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio Europeo, la Spagna ha deciso di opporsi a qualunque negoziato per la permanenza della Scozia nell’Unione Europea. Come dichiarato da Mariano Rajoy: “Il governo spagnolo si oppone a che tali negoziazioni si tengano con altri se non il governo del Regno Unito”. Rajoy ha poi aggiunto: “Se ne vanno tutti quelli che fanno parte del Regno Unito”. Il no della Spagna va ricercato nella paura di Madrid che la Catalogna e i Paesi Baschi possano in qualche modo staccarsi dallo Stato centrale e chiedere a loro volta l’ingresso nell’Ue. La posizione della Spagna, dunque, può essere vista come una sorta di veto visto che tutti gli Stati dell’Unione europea devono essere d’accordo nel poter accogliere un nuovo Paese al suo interno.
La cancelliera tedesca Angela Merkel non ha mancato di esprimere la propria preoccupazione per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea nel corso del vertice dei 27 a Bruxelles. Queste le sue parole: “La situazione è molto grave: è la prima volta che uno Stato membro decide di partire, e non ci facciamo nessuna illusione, questo è un compito abbastanza diverso dal punto di vista qualitativo. È un momento molto particolare ed è pronta un’agenda strategica: tutte le istituzioni sono impegnate per promuovere la crescita dell’occupazione. Dobbiamo creare occupazione, creare crescita e aumentare la competitività”. La cancelliera ha poi aggiunto: “Quello che dico a Cameron, Merkel e agli altri leader è che per l’uscita del Gran Bretagna dall’Ue serve un piano ordinato, chiaro, che la gente possa comprendere. Poi e’ necessario procedere cercando di capire che la posta in gioco e’ alta per tutte e due le parti”.
Dopo il Consiglio Europeo sulla Brexit ha parlato a ruota libera Matteo Renzi cercando di portare il discorso sugli effetti dell’uscita britannica anche per l’economia e la società italiana. «Dopo la Brexit non si può fare finta di niente, è uno shock anche aver fatto il primo consiglio europeo senza la Gran Bretagna», riferisce il premier davanti alla stampa mondiale. Secondo Renzi il vero problema comunque ora ce l’avranno già a Londra che non in Europa, ma qualche rischio comunque rimane: «Da parte mia ho condiviso il principio per il quale l’Europa non deve essere dura ma molto chiara nei confronti del Regno Unito. Nel medio periodo la Brexit sarà più un problema per loro che nostro». Credere nell’Europa e negli ideali europei oggi, si può? Difficile lettura, per Renzi ovviamente sì, per gli anti-europeisti questo è il momento topico in cui vedere l’intero fallimento dell’Unione. La verità come sempre sta nel mezzo e il Presidente del Consiglio, al netto del buon argomentare solito che gli appartiene ha provato ad esprimerlo con sincerità. «Da un lato ci sono i Le Pen e i Farage o i Salvini, dall’altra anche una fetta dell’opinione pubblica e della classe politica che ci crede e che sa come bisogna lavorare sull’Europa per rilanciare l’Unione che così ora non va». Economia italiana in difficoltà, secondo punto? Non sembra, quantomeno da quanto riferito da tanti colleghi di Renzi ieri a Bruxelles: “Il documento dei 27 di oggi risponde anche alle parole di Draghi di ieri, le ipotesi che le cose vadano peggio di quanto non si immagini sono prese in considerazione. Ma, secondo il rapporto di Padoan, in Italia l’impatto della Brexit sull’economia reale è limitato».