“Sull’Italicum Renzi si trova stretto in una tenaglia. Da un lato può tirare dritto con modifiche non sostanziali. Dall’altra può cedere sulle preferenze, accettando così di diminuire di molto il suo potere dittatoriale all’interno del Pd. Non cedere però per Renzi può voler dire la morte”. E’ l’analisi di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Dubbio, ex direttore di Liberazione ed ex condirettore de l’Unità. Mercoledì si è deciso che l’Italicum ritornerà alla Camera a settembre dopo la mozione di Sinistra Italiana. A partire da ottobre inoltre la Corte costituzionale inizierà a discutere i motivi di incostituzionalità presentati dal Tribunale di Messina. Intanto in questi giorni continuano gli incontri europei del premier per decidere la strategia europea da adottare dopo la Brexit.
Renzi sta incassando solo promesse a parole o riuscirà a cambiare l’Europa?
E’ difficile da dire, ma più che cambiare l’Europa adesso Renzi vuole salvare se stesso e uscire vivo dall’attuale situazione. Naturalmente la Brexit è un’occasione per chi resta, in particolare per l’Italia che diventa più importante. Le risposte della Germania sono però caratterizzate dalla chiusura, e quindi non credo che Renzi porterà a casa moltissimo. Finora il nostro premier non si è dimostrato un leader europeo, ma piuttosto un leader strettamente italiano. E’ difficile quindi che possa agire per cambiare l’Europa.
In che senso Renzi non è un leader europeo?
Renzi non ha né una personalità internazionale, né un gruppo dirigente in grado di affrontare le questioni su scala europea. Questo è il suo limite principale: vede nell’Europa un’occasione, ma non è in grado di indicare una prospettiva europea. Del resto non mi pare che in Europa ci siano molti leader più carismatici di lui. Non parliamo delle figuracce fatte da Cameron, ma neanche Hollande e la Merkel hanno un carisma, una prospettiva e una statura da statisti internazionali in grado di guidare l’Europa. L’unico personaggio che si staglia un po’ è la Merkel, che è una grande statista tedesca ma non europea. Ciascuno di questi leader pensa di potere usare l’Europa, ma non intende né promuoverla né riformarla.
Per quali obiettivi Renzi vuole usare l’Europa?
Per avere soldi, cioè la flessibilità di bilancio. L’uscita del Regno Unito apre un vuoto, e quindi consegna all’Italia uno spazio più importante di quello che aveva prima. L’appoggio europeo serve a Renzi per andare adesso al referendum e poi alle prossime elezioni con il Pil che sale anziché con il Pil che scende.
Renzi vuole anche recuperare il prestigio che aveva perso dopo il risultato delle comunali?
Renzi non punta ad avere prestigio ma soltanto a sopravvivere, perché ha sempre scommesso sull’inevitabilità della sua leadership. Adesso vuole tornare a mettere all’ordine del giorno il tema dell’“ultima spiaggia”. La grande debolezza del premier è che non gioca su molteplici scacchieri ma su uno solo: vuole dimostrare che dopo di lui c’è il diluvio, ma non ha un altro schema.
Renzi accetterà di cambiare l’Italicum?
Renzi dovrà cambiare l’Italicum fingendo di non essere lui a chiederlo altrimenti perderà le elezioni, perché stando agli attuali sondaggi chi vince è Grillo.
Venire a patti sull’Italicum può anche garantire la compattezza del Pd?
Dipende da quali saranno le concessioni di Renzi. Se si limita a dare il premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito, alla minoranza Pd di questo non importa nulla. Se invece reintroduce le preferenze, rinunciando al potere immenso che l’Italicum consegna ai capi dei partiti, allora può anche ricompattare il Pd. In questo modo si può arrivare a un partito “omnibus” con le sue correnti, ciascuna delle quali agisce in proprio. In questo modo Il Pd si trasforma nel Partito della Nazione, anzi nella Democrazia Cristiana.
Quindi a Renzi conviene reintrodurre le preferenze?
Il problema poi è che in un Partito della Nazione dove contano le correnti non è detto che Renzi riesca a resistere. Nella DC i segretari di partito e i premier saltavano ogni otto mesi. Con l’Italicum c’è la grande possibilità che Renzi metta fuori dal parlamento tutti gli esponenti della minoranza Pd. Nel momento in cui si torna alle preferenze, le minoranze ricominciano ad avere una fonte di potere autonoma che non dipende più dal capo del partito, e di conseguenza il segretario è in discussione. E’ questa la tenaglia nella quale si trova Renzi.
E se a Renzi convenisse aspettare che prima si pronunci la Corte costituzionale?
Questo è possibile. Se adesso si riapre la discussione sull’Italicum, di qui a ottobre c’è tempo soltanto per avviarla. L’obiettivo sarebbe quindi arrivare alla decisione della Corte costituzionale già con una riforma avviata, e a quel punto a seconda della sentenza della Consulta tra novembre e dicembre si potrà approvare la nuova legge elettorale. Io do per scontato che l’Italicum sarà cambiato. Se però nel frattempo al referendum sulla riforma costituzionale vincono i No, Renzi va a casa e si dovrà creare un governo di transizione.
(Pietro Vernizzi)