Matteo Renzi getta acqua sul fuoco dopo il risultato deludente del Pd al primo turno delle elezioni comunali. In conferenza stampa, il presidente del Consiglio ha spiegato che di fronte al voto nelle grandi città “una lettura nazionale non si può fare, gli elettori fanno zapping con il loro voto, scelgono in libertà in base alle esperienze amministrative, è un voto molto frastagliato”. Un’analisi che non convince però Fabrizio D’Esposito, giornalista politico de Il Fatto Quotidiano, secondo cui “Renzi mente sapendo di mentire. Il voto anti-renziano ha esercitato un ruolo molto importante in queste elezioni comunali, e si sentirà ancora di più con il ballottaggio tra Stefano Parisi e Giuseppe Sala”.
D’Esposito, perché non la convincono le spiegazioni che Renzi ha fornito sul risultato del voto nelle grandi città?
Renzi ha tenuto una conferenza stampa in una pura logica difensiva perché a smentirlo non sono soltanto alcuni suoi esponenti della minoranza Pd, ma anche dei candidati sindaco che stanotte si sono ritrovati con l’incubo del ballottaggio sulle spalle. Mi riferisco a Piero Fassino a Torino e a Virginio Merola a Bologna, i quali hanno affermato che il voto risente della crisi del quadro nazionale. E’ un modo come un altro per dire che l’antirenzismo esiste e che è un fatto che ha “ammaccato” se non danneggiato i candidati sindaco delle grandi città. Anzi a Milano il fattore anti-Renzi si è sentito e si sentirà ancora di più con il ballottaggio tra Stefano Parisi e Giuseppe Sala.
Che cosa ne pensa del successo di Virginia Raggi a Roma?
E’ la definitiva consacrazione di un sistema nuovo che non è più bipolare. Con la sola eccezione di Milano, oggi non si può più ragionare secondo gli schemi del passato. Laddove i governi uscenti delle città hanno pagato un prezzo elevato alle inchieste e al malgoverno, i Cinque Stelle crescono come forza alternativa ormai non più di protesta. Dopo cinque anni che M5s registra consensi sempre più alti, sarebbe stupido e superficiale definirlo soltanto come un movimento populista di protesta.
Perché la consacrazione è arrivata a Roma e non in altre città?
A Roma i Cinque Stelle vincono con una candidata che mostra un profilo non aggressivo bensì moderato. La percezione che la Raggi ha dato di sé è quella di una ragazza che fa la mamma e l’avvocato, è una borghese, ed è stato questo il suo tratto più convincente. Come documenta anche il caso di Chiara Appendino a Torino, M5s continua a radicarsi nella nostra realtà, anche tra luci e ombre. Laddove presenta dei candidati che sembrano delle persone normali e non aggrediscono, come ci ha abituato tutta una certa vulgata del movimento, riscuotono ancora più consensi.
A Roma Giorgia Meloni e Matteo Salvini appoggeranno Raggi in chiave anti-Renzi?
Ci può essere un “sentiment”, ma io non credo più al fatto che gli elettori seguano quello che dicono i leader di partito. Meloni aveva effettivamente detto che in caso di ballottaggio avrebbe votato per la Raggi. Ma se Meloni e Salvini invitassero gli elettori di centrodestra ad andare a votare Giachetti, loro non li seguirebbero. Io non so che cosa faranno i due leader della destra, ma l’apparentamento funziona fino a un certo punto. Il vero elemento da tenere d’occhio è piuttosto l’elettorato che agisce di testa propria, e che è molto sottovalutato da parte dei leader politici.
Come è messo il candidato del Pd, Roberto Giachetti?
Per fare un paragone calcistico, è come se domenica si fosse giocata l’andata di una finale di Champions League. La Raggi è come se avesse vinto 2-0 in casa di Giachetti, e ora quest’ultimo deve andare a giocare in casa della candidata M5s sapendo che deve vincere 3-1 o 3-0. Ci sono due dati che non sottovaluterei…
Quali?
Per la prima volta a Roma c’è un dato di affluenza maggiore, in controtendenza rispetto alla media nazionale. Inoltre per la prima volta in modo definitivo i Cinque Stelle hanno sfondato a sinistra. In alcune periferie della Capitale che erano considerate zone rosse, M5s conquista consensi.
(Pietro Vernizzi)