In tempi di grandi cambiamenti, come questi, gli italiani ricevono sollecitazioni che generano diverse insicurezze nella loro vita: al primo posto, il lavoro che manca, soprattutto per i giovani, costretti sempre più a emigrare, soprattutto se di particolari doti e valore; al secondo posto, il risparmio, quello investito nelle borse, o dato alle banche, e quello mantenuto direttamente nella forma immobiliare e mobiliare; al terzo posto, e questo riguarda le persone di una certa età che non sono una quota trascurabile, la preoccupazione di vedere ridotto l’ammontare delle pensioni. Tutte le altre preoccupazioni, comprese quelle derivanti dalla criminalità e dal terrorismo, sono considerate residuali.
Spetta alla politica dare sicurezze; i cittadini votano nella speranza di trovare qualcuno che risolva i problemi; del resto si chiede il voto e si è eletti per questo.
Le recenti amministrative sembrano mostrare, dopo un avvio felice e folgorante, che l’indice di fiducia in Renzi sia stato consumato e che i cittadini, almeno in parte, sembrano cercare nuovi orientamenti, anche non sperimentati e sconosciuti, come a suo tempo fu il giovane sindaco di Firenze.
Possiamo dire che il bilancio di Renzi all’interno del Paese sia ormai contrassegnato da elementi ampiamente negativi e di sfiducia; tant’è che in molti gli stanno consigliando — giustamente — di spostare in avanti nel tempo, e di parecchio, il referendum costituzionale, il cui esito potrebbe risultargli fatale per la poltrona di presidente del Consiglio; e soprattutto di rivedere la legge elettorale, l’Italicum, la cui formulazione, al momento, favorisce solo il M5s, che a questo punto vorrebbe utilizzare a suo vantaggio la decisione assunta in modo poco meditato da Renzi.
Peraltro, in democrazia, meglio votare due volte, com’è accaduto in Spagna, dove ci si avvia ora a un governo di coalizione o a un monocolore popolare con appoggio esterno dei socialisti, piuttosto che dare vita a governi senza un vero sostegno popolare, di assoluta minoranza come quelli che genererebbe l’Italicum.
Insomma, in politica interna, Renzi sta abbastanza “appeso”; non è detto che non trovi le giuste soluzioni, ma sino a questo momento sembra vittima del proprio assolutismo imperiale.
E in politica estera? La politica estera è sempre l’altro versante nel quale bisogna misurare un politico, tanto più in tempi come questi segnati da globalizzazione, euro, crisi umanitarie e guerre varie.
Il presidente del Consiglio italiano si è mosso con lo stesso atteggiamento mostrato in politica interna. Tutto è stato alla sua portata, o almeno lui così lo ha considerato, e tutto semplice da risolvere: il rapporto con Obama, quello con Putin, poi ci sono Angela e François, un po’ meno David Cameron; il grande club.
Peccato che sia stato visto come il rappresentante dell’Italietta sempre in affanno e considerato, lui, il grande rottamatore, troppo giovane e inesperto con proposte un po’ troppo semplici rispetto ai problemi europei e internazionali, tanto più se mentre i grandi della terra parlano lui gioca con lo smartphone e se quando parla in inglese scambia la parola “pace” per quella di un atto organico.



L’Italia è stata lasciata sola nella crisi umanitaria; mentre nelle altre crisi a margine dell’Unione europea, Ucraina e Turchia, la Francia e soprattutto la Germania hanno intrattenuto rapporti diretti. L’Italia si è fatta applicare regole a sua insaputa come il bail in per le banche, dopo che la Germania aveva messo in sicurezza le sue, molto più disastrate delle nostre. L’Italia è sempre stata richiamata da tutti, Commissione, partner europei e internazionali; mentre la Francia da anni non rispetta i parametri della convergenza europea e il ministro Schäuble non ha detto una parola. E si potrebbe continuare.
Adesso, però, il capo del governo italiano si muove tra avvenimenti molto grandi che sembrano favorirlo. La Brexit, per la quale il governo italiano non aveva un proprio piano, sembra improvvisamente avergli dato un ruolo. Infatti, l’Europa azzoppata dal risultato del referendum britannico ha dovuto mostrarsi più ampia e più forte e, così, è stato chiamato Renzi e il duetto Merkel-Hollande, che aveva retto le vicende europee, si sarebbe trasformato ora in un trio.
Si tratta di un piccolo vantaggio che è capitato al nostro pPresidente del Consiglio, speriamo che lo sappia sfruttare bene, anche per le disastrate vicende interne.

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