«Oggi non ci sono indicazioni o possibili segnali su attività terroristiche che mirino proprio a obiettivi italiani. Gli indizi del mondo degli apparati di sicurezza, dai quali è possibile intuire fasi iniziali di programmi concreti ai danni del nostro Paese, sono stati molto molto scarsi». Lo rivela Stefano Dambruoso, questore della Camera dei Deputati, magistrato anti-terrorismo e deputato di Scelta civica. Una rassicurazione che ovviamente non ci mette al riparo da eventuali operazioni di lupi solitari che agiscono senza alcun coordinamento. Ieri intanto un pacco dimenticato da un viaggiatore alla fermata della metro della Stazione Centrale di Milano ha fatto scattare l’allarme bomba. All’interno in realtà non c’era esplosivo, ma le forze dell’ordine hanno comunque fermato la circolazione della metropolitana finché il pacco è stato fatto brillare. Poco prima due telefonate anonime avevano fatto scattare l’allarme a Ventimiglia.
Quali sono i rischi reali di un attacco terroristico in Italia?
Oggi viviamo in un contesto particolarmente vulnerabile ad attacchi di singoli soggetti, siano essi i cosiddetti lupi solitari, cioè gente consapevole del fatto che si è auto-radicalizzata anche via web, sia figure che invece hanno delle debolezze ulteriori rispetto a quelle che i lupi solitari già molte volte hanno prospetteranno o prospetteranno in futuro. Il caso di Monaco di Baviera di venerdì è in questo senso emblematico.
Un episodio simile potrebbe verificarsi anche nel nostro Paese?
Oggi possibili iniziative di singoli soggetti sono da tenere in seria considerazione, e ciò comporta delle difficoltà nella prevenzione. Ben diverso il caso di attentati con un minimo di strutturazione il cui ultimo esempio può essere quello al Bataclan di Parigi, per non parlare dell’assalto al Charlie Hebdo, rispetto a cui c’era un pensiero evidente alle spalle. Oggi comunque non ci sono indicazioni o possibili indizi di iniziative che mirino proprio a obiettivi italiani.
Eppure l’Isis ha più volte minacciato il nostro Paese…
Di queste minacce va ovviamente tenuto conto. Fortunatamente, però, finora gli indizi del mondo degli apparati di sicurezza, dai quali è possibile intuire fasi iniziali di programmi concreti, sono stati molto molto scarsi.
Gli attentati contro l’Italia non sono stati progettati o siamo riusciti a sventarli in tempo?
Ci sono stati almeno due casi in cui si è riusciti a sventarli. In altri casi la progettazione era in una fase talmente iniziale che l’intervento degli apparati di sicurezza è stato idoneo per bloccarne qualunque tipo di sviluppo.
L’Italia ha gli anticorpi per reagire di fronte ai nuovi rischi?
L’Italia ha senz’altro un’attività di intelligence altamente adeguata alla problematicità del fenomeno. Se per anticorpi noi facciamo riferimento ai nostri apparati di sicurezza, la risposta è assolutamente sì. Possono però non bastare, come purtroppo si sta verificando in molti Paesi, perché il tipo di minaccia e aggressione è asimmetrico, molte volte legato a iniziative di singoli con dinamiche non comunicate, per cui è difficile inserirsi con attività d’indagine.
È vero che le forze di sicurezza italiane hanno un coordinamento migliore di quello di altri Paesi come la Francia?
Le nostre forze di sicurezza hanno un coordinamento migliorabile. Da quando è sorto, il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (Casa) sta dando frutti davvero significativi. Il Casa ha infatti avvicinato le varie anime dell’attività di prevenzione, e sta quindi funzionando.
(Pietro Vernizzi)