«Affidando Forza Italia a Stefano Parisi, Silvio Berlusconi replica uno schema che è destinato alla sconfitta perché è vecchio di 20 anni. Il centrodestra non ha più alcuno spazio politico in quanto il Pd di Renzi e il Movimento 5 Stelle propongono un modello completamente diverso rispetto ai partiti tradizionali». Lo evidenzia Mattia Feltri, giornalista de La Stampa, dopo la decisione di Berlusconi di nominare Parisi consulente esterno per ripensare il progetto politico di Forza Italia. L’obiettivo è ricostruire un nuovo soggetto politico capace di riunire i vari partitini del centrodestra.



Come valuta l’incarico affidato a Stefano Parisi?

Da tanti anni conosco Parisi come una persona seria, e dunque non potrà che fare bene a Forza Italia. Siamo però di nuovo di fronte a una nomina: il potere di Parisi discende da Berlusconi, e non dal voto di un’assemblea, di un congresso, di primarie o degli iscritti. È ancora una volta il capo che decide, e quindi l’eventuale leadership di Parisi nasce male. Ma c’è anche un secondo problema…



Quale?

Non ho ancora capito quale sia il progetto di Parisi e che cosa intenda fare di Forza Italia. I suoi messaggi finora sono stati “mettiamoci insieme”, “saremo moderati”, “terremo un’assemblea costituente”.

Perché questi messaggi non bastano più?

Perché ci troviamo in uno scenario in cui il Pd ha una visione precisa, diversa da quella tradizionale. A compimento della vocazione maggioritaria di Veltroni si sta immaginando un Paese basato su un monocameralismo, in cui il Premier è più forte e il governo assume una maggiore responsabilità dei processi europei. Lo stesso M5S ha una visione basata sulla democrazia diretta, la rappresentatività, il rapporto non mediato con il popolo. Siamo quindi di fronte a due grandi partiti che hanno un’idea del mondo o quantomeno del Paese.



È ciò che manca a Parisi?

Sì. La sua idea di Forza Italia è ancora ferma a schemi di 20 anni fa. Stiamo parlando di una persona intelligente e capace, ma non c’è un progetto politico, e quindi mettere Parisi o un altro al suo posto poco cambia.

Parisi in passato non ha fatto parte di Forza Italia. Che senso ha paracadutarlo così?

Anche Giovanni Toti in passato non ha fatto parte di Forza Italia, eppure il giorno prima era direttore di TG e il giorno dopo è diventato il braccio destro di Berlusconi, nonché poi il candidato vincente in Liguria. Berlusconi sta cercando da diverso tempo l’uomo che gli risolva i problemi, ma non è come scegliere il direttore di Canale 5 perché Forza Italia è un partito. Finché quindi il Cavaliere è forte, la proposta politica è appetibile e i consensi ci sono, può anche andare bene l’anomalia dell’attuale centrodestra. Quando le cose iniziano ad andare male, questa anomalia si trasforma in un blocco.

 

Anche Alfano ha proposto di rilanciare il progetto dei moderati di centrodestra. Qual è il suo obiettivo?

Angelino Alfano ha fatto parte di tutte le maggioranze degli ultimi 15 anni, con la sola eccezione del governo Prodi nel 2006-2007. Le sue proposte di riformare il centrodestra e di cambiare la legge elettorale hanno a che fare con la sua sopravvivenza. Da quando è sulla scena politica, le strategie di Alfano sono sempre state mirate alla sopravvivenza. Sta quindi cercando di crearsi un appiglio in vista della prossima legislatura, anche se non sa ancora se questo appiglio sarà Renzi oppure Berlusconi.

 

Il centrodestra può stare in piedi senza i voti della Lega nord?

Il centrodestra non sta in piedi in qualsiasi formulazione attuale. Togliere il 6-7% di Salvini sarebbe una perdita piuttosto seria, ma un’alleanza tra Forza Italia e Lega Nord implica il fatto di perdere qualcosa da un’altra parte. In ogni caso stiamo parlando di percentuali che non permettono al centrodestra di vincere, proprio perché è una ripetizione all’infinito dello schema del 1994.

 

Che cosa è cambiato sullo scenario politico?

Sia che piaccia sia che non piaccia, M5s sta raccontando un mondo diverso. Per 20 anni abbiamo assistito a una serie di tentativi di applicare un terzo polo al centro che fosse alternativo sia alla destra, sia alla sinistra. Il terzo polo è arrivato con i Cinque Stelle che non hanno una collocazione geografico-istituzionale classica. Significa che il mondo è cambiato, ma Berlusconi guarda ancora al passato.

 

(Pietro Vernizzi)