Per il ministro Maurizio Martina l’obiettivo per recuperare su referendum costituzionale dottore, con i sondaggi che danno indietro il Sì rispetto al No della legge Boschi, è di condurre una campagna elettorale che vada “ben oltre il Pd”. In una intervista al Corriere della Sera stamattina, il ministro dell’Agricoltura ha voluto stabilire i prossimi paletti della corsa verso il referendum d’ottobre, lasciando anche qualche impressione sulla possibilità o meno di cambiare la legge sull’Italicum. «Bisogna allargare il campo, anche dando vita a comitati della sinistra per il sì al referendum. C’è bisogno di mobilitare in modo diffuso la cultura, la sensibilità e l’esperienza della sinistra di governo, progressista e riformista», sono le considerazioni di Martina. Mentre il partito nel caos si prepara alla Direzione nazionale alle 15, uno degli uomini già fidati di Renzi afferma anche «A partire da un dato: per affermare meglio i principi della prima parte della Costituzione, c’è bisogno di innovare la seconda. È un passaggio irrinunciabile se vogliamo sconfiggere le forze populiste che mirano a scardinare l’idea che le istituzioni possano autoriformarsi».



Renzi è accerchiato e sul referendum costituzionale e la legge elettorale dell’Italicum si gioca una grossa fetta del suo futuro politico non solo la Governo. Le pressioni sono tante e la doppia partita che la minoranza del partito democratico e il Movimento 5 Stelle cercano di far giocare al segretario-premier su ddl Boschi e legge elettorale è per cercare di sfiduciarlo agli occhi del Paese. Il calcolo politico ha avuto poi una seconda mossa che due mesi fa ha fatto presentare, qualche giorno dopo l’approvazione alla Camera dell’Italicum (diventato poi legge il 1 luglio 2016), la richiesta di un altro referendum, questa volta abrogativo, sulla legge elettorale nei suoi punti chiave. Via il premio di maggioranza e i capilista bloccati, su questo si discute e per questo motivo la Cassazione ha fissato il termine fino al 4 luglio 2016 compreso per la raccolta di almeno 500mila firme per poter chiedere il voto abrogativo sotto forma di referendum. Ebbene, scade dunque oggi ma il deposito in Cassazione vede ancora un pugno di firme mancanti, svela il Corriere della Sera. Le firme sarebbero ancora troppo poche, 450mila forse, e non si riuscirebbe a presentarle entro sera: ai promotori, che ancora non si sono sbilanciati, è mancato certamente il forte apporto mediatico e operativo del Movimento 5 Stelle, visto che a voce ovviamente l’M5s contesta l’impianto di legge del Pd, ma nei fatti questa legge elettorale va molto comodo a Di Maio e Co, visto che favorisce di fatto la salita al potere grillina, come già anticipato nei ballottaggi alle Amministrative. Come finirà la disputa



Oggi il tema di Italicum e referendum torna di stretta attualità dopo le parole importanti del Premier Matteo Renzi che ha lanciato la “volata” alla direzione Pd che si terrà oggi pomeriggio: “non ci sono spazi per possibili modifiche della legge elettorale”, ha risposto il presidente del Consiglio ieri durante l’intervista della domenica su SkyTg24 con Maria Latella. Le prossime scadenze sono strettamente legate a questi due temi che continuano ad intersecarsi tra polemiche, critiche e urgenze politiche: la segreteria del Pd si prepara d una lunga e “torrida” estate e non certo per le condizioni meteo. La minoranza sta preparando la battaglia sul doppio fronte delle riforme, sia quella già approvata dell’Italicum e sia sul voto di ottobre che Renzi ha stabilito sarà tra il 2 e il 30 ottobre (“dipende dalla Cassazione, fosse per me lo farei il prima possibile“). «In Parlamento non vedo una maggioranza in grado di proporre una legge alternativa; mi piacerebbe avere potere di vita e di morte sulle leggi. Ma anche se alcuni lo pensano, questa non è dittatura».



Interessante pi il passaggio del ex sindaco di Firenze quando approfondisce il contenuto stesso del referendum sul ddl Boschi e con è di fatto in gioco con il voto di ottobre: «non è un referendum su di me, anche se io sono pronto a trarne le conseguenze. Ma la vera domanda è: volete o no ridurre il numero dei parlamentari, semplificare i rapporti Regioni-Stato e fare in modo che una sola camera dia la fiducia». Insomma da un lato la minoranza dem vuole ricacciarla indietro e dall’altro non accetta altre modifiche alla legge elettorale come invece proposto dal centrodestra, Ncd e Forza Italia, con l’ennesimo diniego ad un nuovo “Nazareno”. Su questo in particolare, Renzi è tranciante (anche perché probabilmente teme il giudizio dell’ala sinistra del suo partito) e sempre nell’intervista a Sky assicura, «il patto è stato sciolto dal leader forzista dopo l’elezione di Mattarella e non ci sono segnali in controtendenza».