È fallita la raccolta firme per un referendum abrogativo contro l’Italicum, la legge elettorale del governo Renzi contestata ad molti ambienti politici e sociali che hanno messo in piedi nei mesi scorsi un comitato per il voto abrogativo a cui servivano per legge 500mila firme per poter richiedere il referendum. Ebbene, ieri era posta la scadenza per la presentazione delle firme e alla fine sono state solo 420mila, con il fallimento ufficiale del voto abrogativo: il comitato ha lamentato “ostacoli palesi e occulti frapposti alla raccolta delle firme”, ma resta comunque il dato di una raccolta insufficiente a livelli numerici. E ora? Mentre la discussione politica si infiamma tra Renzi e gli avversari tra referendum costituzione e legge elettorale, le prossime speranze per chi non condivide l’impianto di base dell’Italicum si chiama Consulta o Corte Costituzionale. «La battaglia contro l’Italicum non si ferma perché parallelamente alla proposta referendaria è andata avanti anche la strade del giudizio davanti alla Corte costituzionale, avviando iniziative giudiziali in venti tribunali con l’obiettivo di far sollevare la questione di costituzionalità», afferma il comitato elettorale in un comunicato, mentre la Consulta si pronuncerà in merito il prossimo 4 ottobre.



Ha parlato e tanto su referendum e italicum il premier Matteo Renzi ieri durante una infuocata Direzione nazionale del Pd: obiettivi, grillini ma soprabiti i “nemici” interni della minoranza dem, da Cuperlo a Bersani, da Speranza e D’Alema. Il segretario del Pd ha insistito sulla traccia principale della prossime politica di governo: è il referendum costituzione di ottobre a segnare la salute del Governo Renzi, che piaccia o no, affronta Renzi. «Conosco le critiche di molti di voi sulla personalizzazione del referendum (lancia un video con un brano dell’intervento di Giorgio Napolitano nel suo discorso di insediamento per il secondo mandato da Capo dello Stato, con le pesanti critiche ai partiti). Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale, non meno perdonabile resta la mancanza di riforme della Seconda parte della Costituzione, seppur mirate» ha tuonato nel discorso iniziale della Direzione Pd. Secondo l’ex sindaco di Firenze inoltre se «vince il sì la classe politica sarà in grado di guidare e cambiare il Paese. SI chiude la stagione delle riforme e si apre la stagione del futuro. Ha fatto una sorta di derby personale, e la data del referendum non è nelle nostre disponibilità. Chi ha paura di confrontarsi con i cittadini faccia altro». Renzi è convinto che se il referendum passa la classe politica dà un segnale, la “più bella pagina di autoriforma in Occidente”, mentre nel frattempo vengono date alcune aperture su un altra riforma, questa volta non il ddl Boschi di ottobre, ma l’Italicum, il criticato e polemizzato da tanti provvedimento sulla nuova legge elettorale. Ebbene, non Renzi ma Franceschini ha ammesso nel suo intervento alla Direzione Pd che «dopo il referendum servirà una riflessione sulla legge elettorale in modo da reintrodurre lo spazio alle coalizioni».

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