“L’Italicum va cambiato introducendo il premio di coalizione, mentre il doppio incarico premier-segretario di Renzi è un fatto ormai connaturato a tutte le democrazie europee. Non c’è nessuna ragione per ipotizzare una segreteria di Dario Franceschini”. Lo rimarca Giuseppe Fioroni, deputato del Pd ed ex ministro dell’Istruzione. Oggi e domani, a Orvieto, l’onorevole Fioroni ha organizzato un convegno dal titolo “L’impegno dei cattolici democratici nella politica di oggi tra solidarietà e legalità”. Un’occasione per fare il punto sulla situazione all’interno del Partito Democratico.



A chi lo criticava in direzione, Renzi ha replicato: “Sfiduciatemi al Congresso”. Come valuta questa risposta?

La fisica prevede il principio di azione e reazione… Tra quanti affermano che Renzi si deve dimettere e quanti discutono di doppio incarico, se sottoposto a pressione il segretario del Pd può anche reagire in modo simile, ma opposto, a quello di chi lo ha stuzzicato.



Però…

La partita oggi consiste purtroppo nel fatto di ampliare la proposta politica, superando il fatto che il partito del cambiamento è stato recepito come un ostacolo. I moderati che dovevano votare Pd non lo hanno fatto.

Come va superato questo impasse?

Riallacciando un rapporto con il mondo cattolico. E’ vero che è finita l’unità in politica dei cattolici, ma il centrosinistra e il Pd hanno rappresentato sempre la prima area nell’ambito delle scelte dei cattolici. Il problema non è contarci tra di noi, bensì allargare la base democratica di condivisione.

Se Renzi non ce la fa, come vede l’ipotesi di una crisi pilotata?



Non intendo prendere in considerazione le subordinate a Renzi. Non si può pensare per esempio che Alfano si debba dimettere per il gossip delle intercettazioni o per presunte accuse di familismo, tantomeno dopo che ha ben operato come ministro degli Interni. Strumentalizzare questa vicenda è un po’ come farlo con le paure e le fobie degli italiani.

Quindi per lei qual è la priorità?

Dobbiamo concentrarci tutti su come non perdere la straordinaria occasione che il referendum costituzionale avvii la stagione del cambiamento. Nello stesso tempo occorre contribuire a creare un nuovo cemento di relazioni nel Paese, in modo tale che la vittoria del Sì costruisca ponti e sappia recepire quelle ragioni del No che portano a garantire risposte sulla qualità della democrazia.

All’interno del Pd si sta lavorando per trovare un segretario alternativo?

A suo tempo feci una battaglia perché la figura del presidente del Consiglio e quella del segretario del partito fossero separate. La stragrande maggioranza di quanti oggi invocano la separazione dei ruoli allora sostenevano invece che andavano unificati. Optando per la separazione, oggi ci presenteremmo in modo anacronistico rispetto alla storia. Il problema è che nell’organizzazione del Pd ci sia un vice che con autorevolezza e dedizione faccia sì che il partito sia sempre più uno strumento di radicamento e non di evanescenza.

 

Che cosa ne pensa di Dario Franceschini come segretario?

Credo che Franceschini la pensi come me: quando uno ha già fatto una cosa, quell’esperienza è una parte archiviata della propria vita, a quel punto si guarda avanti e si fa altro.

 

L’Italicum va cambiato?

E’ dall’inizio che affermo che l’Italicum va cambiato. Non lo faccio da oggi per convenienza, ma per convinzione. La coalizione è uno strumento di esercizio e di palestra di democrazia matura. Dare il premio di maggioranza alla coalizione è quello che serve.

 

Basta questa modifica o ce ne vorrebbero delle altre?

Questo è bastevole e sufficiente.

 

(Pietro Vernizzi)