Sia per il referendum costituzionale di ottobre che per l’Italicum, con la “scusa” del incontro Nato di Varsavia come punto ufficiale, sono stati i temi principali dell’incontro di ieri tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il premier Renzi, ansioso di voler discutere con il Presidente del futuro immediato della politica italiana e del suo governo. I nodi sono tanti e rischiano di far prendere ai prossimi passi sul voto della riforma costituzionale decisivi cambiamenti: si potrebbe andare fino al 6 novembre per il voto del referendum, evitando così la possibile diserzione degli elettori nel weekend di fine ottobre con anche il ponte santi-morti di inizio novembre. Ma non solo questo è stato discusso, anche sul fronte contenuto stesso del voto sul ddl Boschi ci potrebbero essere novità: spacchettamento delle varie novità e modifiche della costituzione, per scongiurare un “no” secco che rischierebbe di gettare Renzi nella possibilità di doversi dimettere. Terzo punto chiave, la revisione dell’Italicum che arrivi a toccare la rappresentatività e il premio di maggioranza non alla lista ma alla coalizione: Renzi, “io preferisco un sì o un no ad un’intera legge” che si possono adattare sia sul referendum e sia sull’Italicum. Eppure, nei prossimi mesi lo stesso premier potrebbe arrivare a cambiare idea.



Il referendum costituzionale di ottobre e la legge elettorale dell’Italicum, inutile dire che saranno per molto tempo ancora lo Yin e lo Yang della politica italiana: Renzi dopo la direzione Pd si è riservato in uno strano silenzio, testimone forse del fatto di alcuni calcoli politici che sta portando avanti in questi giorni difficili più per le gravi situazioni internazionali del terrorismo che non per motivi interni al Parlamento. E proprio da dentro l’emiciclo arrivano parole importanti da uno degli strateghi dem, non esattamente un “renziano” doc ma comunque un uomo molto vicino alla maggioranza di governo. Parla Luigi Zanda, capogruppo Pd, in una intervista al Sole 24Ore: a ruota libera, dal referendum all’Italicum, la situazione dei democratici è più complessa di quanto si crede. Una sorta di divisione e di incertezza regna in tanti esponenti del Pd che si ritrovano “divisi” tra il voler confermare la stabilità e invece riaprire una partita che poteva essere chiusa dopo tante polemiche nei mesi passati, ovvero modificare la legge elettorale. «Non ritengo l’Italicum intoccabile: il problema è trovare una maggioranza in Parlamento favorevole a modifiche all’Italicum che garantiscono ugualmente la formazione di una maggioranza di governo e che rappresentino nella misura più ampia possibile l’elettorato», racconta il capogruppo alla Senato.



Non è un tabù la modifica, secondo Zanda, ma bisogna tener conto di un fattore decisivo, ovvero la chiarezza che al momento sembra mancare: «L’Italicum così com’è lo difende il M5S e la parte maggioritaria del Pd. La stessa parte maggioritaria del Pd, al momento, rifiuta infine il premio alla coalizione da alcuni parlamentari della nostra minoranza, da centristi e, per ora, da Fi. Il ritorno alle coalizioni è in effetti caldeggiato da molti in funzione antipopulista, come Eugenio Scalfari che porta ad esempio le coalizioni “stabili” della Prima Repubblica». Si rifiuta però Zanda di considerare questo particolare momento storico, con l’approvazione di Itlaicum e Legge Boschi di riforma costituzionale, una stortura autoritaria: «Costituzione e legge elettorale sono collegate, ma restano su due piani diversi e non è vero che Renzi ha personalizzato il voto: io credo infatti, e lo dico a D’Alema, che se dopo due anni di lavori parlamentari e dopo sei letture che hanno approvato le riforme la volontà del popolo dovesse essere quella di bocciarle, sarebbe il Parlamento intero ad essere sfiduciato dagli elettori e non solo il presidente del Consiglio».

Leggi anche

PREMIERATO?/ "Così sarebbe il Renzusconi-2016 con un Parlamento di nominati"