“Né Renzi né Berlusconi possono cambiare la legge elettorale perché i gruppi parlamentari non esistono più. Quando i sistemi sono svuotati della forza vivificatrice della democrazia, l’autocrate o vince sempre o nel momento in cui perde si ritrova senza esercito”. E’ l’analisi di Rino Formica, ex ministro del Lavoro e per due volte ministro delle Finanze. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è tornato a farsi sentire sui media con una lunga intervista a Repubblica, ma si trova in una fase di difficoltà politica, evidenziata dal fatto che in molti parlano della necessità di cambiare l’Italicum che solo pochi mesi fa era considerato intoccabile. Lo stesso presidente emerito, Giorgio Napolitano, aveva sottolineato che “oggi bisogna essere sinceri e dire che rispetto a quando l’Italicum è stato concepito sono cambiati i tempi”.
Formica, lei come vede le difficoltà in cui si trova Renzi?
Ci troviamo in una fase di grande incertezza internazionale. La Francia, il Paese che ha la più grande tradizione di tutela delle garanzie politiche, ha sospeso i diritti democratici per sei mesi. Il rischio di un’involuzione democratica è molto forte perché viviamo nella rassegnazione e nella resa generale. Renzi allo stato attuale è patetico perché tutte le carte su cui poteva bluffare le ha giocate.
In che senso?
Sono i suoi ministri che oramai danno la prova e la dimostrazione quotidiana che non c’è una guida politica dotata di una prospettiva. E’ agghiacciante vedere che i tre ministeri più importanti, Esteri, Interni ed Economia, esprimono il vuoto e l’incertezza totale.
Il Partito Democratico è destinato a rimanere sotto al tallone di Renzi?
Mi domando come si faccia a parlare di partiti quando un esponente autorevole come Massimo D’Alema, che rappresenta un pezzo importante della storia del centrosinistra, dice che nell’organo del Pd non si è nelle condizioni di potersi esprimere. Ciò che è avvenuto è la distruzione del tessuto democratico del Paese in un tempo molto breve. Nell’arco di dieci anni è crollato un impianto faticosamente costruito nella vita repubblicana italiana dal ’45 agli anni 90.
Il governo Renzi non è democratico?
E’ il Pd a non essere democratico, nel governo c’è la resa agli avvenimenti e ai fatti nonché la paralisi. Sul fortino del governo sventola bandiera bianca, non c’è una linea di direzione e di fuoriuscita dalle difficoltà.
Non è una contraddizione che Renzi controlli completamente il partito, e poi viva questa resa a livello di governo?
Il Pd è facilmente controllabile perché è una scatola vuota. Rimane la guardia al bidone di benzina. Oggi quel poco di vita politica presente nel Paese si sviluppa soltanto fuori dai partiti politici. Un po’ di politica la fanno solo le organizzazioni di categoria, in virtù del fatto che devono tutelare i loro interessi. Sono le cosiddette lobby a giostrare quel poco di potestà legislativa che c’è ancora nel Paese.
Di fronte a questa situazione, lei come valuta l’ipotesi di un accordo Renzi-Berlusconi per cambiare l’Italicum?
Nessuno è nelle condizioni di accordarsi con chicchessia, perché nessuno è in grado di dire di quanti voti dispone in Parlamento. Più ci avviciniamo alla conclusione della legislatura e più il comportamento dei parlamentari diventa individuale.
Allora ha ragione Renzi quando afferma che la legge elettorale va cambiata dal Parlamento?
Il punto è che Renzi si nasconde anziché affrontare la realtà. Ciò che dovrebbe dire è che la legge elettorale non si può cambiare perché i gruppi parlamentari non ci sono più, compreso quello del Pd. Invece se ne esce fuori dicendo: “Trovate una maggioranza”. Ma una maggioranza composta da chi?
Da dove viene fuori l’attuale situazione?
La radice della situazione odierna non è venuta alla luce oggi, bensì già negli anni passati. L’Italicum è un figlio degenere del Porcellum, cioè della legge elettorale con la quale sono stati eletti gli attuali parlamentari quando il segretario del Pd era Pier Luigi Bersani. Il giorno dopo la caduta di Bersani, i suoi nominati hanno smesso di essergli fedeli. Quando i sistemi sono svuotati della forza vivificatrice della democrazia, l’autocrate o vince sempre o nel momento in cui perde si ritrova senza esercito.
E al suo posto sale al potere un nuovo autocrate?
Il problema è che adesso si è creata una situazione nella quale nessuno è più nelle condizioni di vincere. Quando si assume la responsabilità di governo, ci si misura con problemi figli di un accumulo di arretrato che non sono risolvibili nell’immediato. Per cinque o sei mesi a Roma e Torino, M5s può ancora dire che sta facendo il “censimento delle rovine”. Tra sei mesi però non avrà più le pale per rimuovere le rovine. I responsabili dei partiti politici non hanno l’onestà di dire: “La nostra esperienza è finita in modo fallimentare. Vediamo se c’è una nuova guida politica che possa portarci alle elezioni con leggi elettorali rappresentative”.
(Pietro Vernizzi)