Anni fa, ospite di Gad Lerner, il semi sconosciuto sindaco di Firenze era stato colto in fallo mentre durante un intervallo rispondeva tramite auricolare a Giorgio Gori che ne gestiva la performance televisiva. Allora Renzi, per cancellare l’immagine di un uomo eterodiretto, si liberò di Gori relegandolo a sindaco di Bergamo, ma il Renzi silente di questi giorni è indizio di nuovi e più potenti suggeritori che ne hanno rivoluzionato la strategia tanto guascona quanto inconcludente. Questi però vogliono risultati. Via allora dal proscenio il Renzi mussoliniano presidente di tutti, pateticamente attaccato allo smartphone per sommergere di sms gli atleti italiani impegnati alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. E dentro invece gli editorialisti dei giornali che contano, quindi non quelli italiani, che spiegano a mezzo mondo che se passa il No sarà recessione per tutta Europa.
In realtà i “pupari” dell’uomo di Rignano sull’Arno, se passa il No, ci rimettono un sacco di soldi. Chi potrà garantirgli infatti in futuro una Costituzione italiana che sfrutta la bugia quasi infantile della cosiddetta “clausola di supremazia dello Stato” per vendersi l’Italia a pezzi? E vivaddio, molti di loro hanno già dato. Dai tempi delle cene in Toscana. Una cena per decidere, una per confermare le decisioni. Primo giugno 2012, primo aprile 2014. Due protagonisti sempre presenti: il presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’ex premier britannico Tony Blair. Un terzo (presente con suoi rappresentanti) è l’organizzatore, il vero beneficiario dei frutti degli incontri: la banca d’affari JpMorgan.
Scrive il quotidiano britannico Daily Mirror: “Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan”.
I fatti. Il primo giugno 2012 la banca d’affari statunitense organizza una cena a palazzo Corsini a Firenze. Il padrone di casa Jamie Dimon (amministratore delegato della JpMorgan) invita l’allora sindaco della città Renzi e il già ex primo ministro, e da quattro anni consulente speciale della banca, Blair. Il primo aprile 2014 la scena di sposta Oltremanica. Questa volta gli onori di casa lo fa l’ambasciatore italiano a Londra Pasquale Terracciano. Durante la cena a base di pesce Renzi e Blair discutono in privato.
Il giorno successivo Blair rilascia un’intervista a Repubblica, in cui afferma: “I momenti di grande crisi sono anche momenti di grande opportunità. In tempi normali sarebbe difficile per chiunque realizzare un programma ambizioso come quello delineato dal nuovo premier italiano. Ma questi non sono tempi normali per l’Italia. Renzi comprende perfettamente la sfida che ha di fronte. Se facesse solo dei piccoli passi rischierebbe di perdere la spinta positiva con cui è partito. Perciò c’è una coerenza tra il suo programma di riforme costituzionali e le riforme strutturali per rilanciare l’economia. E la crisi può dargli l’opportunità per compiere quei cambiamenti che sono necessari al Paese, ma che finora non sono mai stati fatti per le resistenze di lobby e interessi speciali”.
E ancora: “A mio parere occorre calibrare tre elementi: la riduzione del deficit, che è essenziale; le riforme necessarie per cambiare politica economica; e la crescita non solo per generare occupazione ma anche per portare più denaro nelle finanze pubbliche. Per fare tutto questo non serve la contrapposizione destra/sinistra, bensì quella tra giusto e sbagliato, fra ciò che funziona e ciò che non funziona. Se la riduzione del deficit è troppo veloce, la crescita non riparte. Ma se non si fanno le necessarie riforme, il deficit non si riduce. E mi sembra che questo Renzi lo abbia capito benissimo”.
In un’altra intervista, rilasciata al quotidiano britannico The Times, sempre Blair ha detto: “Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l’Italia: il governo ha l’opportunità concreta di iniziare riforme significative”.
Ricapitolando. Blair ha confermato il suo appoggio a Renzi sulla strada delle riforme. Ma, come abbiamo ricordato, non è più il politico che parla. Oggi il fu-leader dei laburisti riceve uno stipendio di milioni di dollari l’anno per fare da consulente a una delle più importanti banche d’affari del mondo (seconda solo alla Goldman Sachs), formalmente denunciata dalla Casa Bianca di essere stata la “responsabile della crisi dei subprime”, che ha poi scatenato la crisi economica mondiale.
Ha scritto l’economista statunitense Joseph Stiglitz: “Le banche d’affari si servono di consulenti come la massoneria si serve dei propri membri. I consulenti oliano gli ingranaggi della politica, avvicinano i politici che contano alle banche giuste e promuovono presso di loro politiche compiacenti a quelle indicate dalle banche”.
Che cosa si intende per “politiche compiacenti a quelle indicate dalle banche”? Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici pagine dal titolo “Aggiustamenti nell’area euro”. Dopo che nell’introduzione si fa già riferimento alla necessità di intervenire politicamente a livello locale, a pagina 12 e 13 si arriva alle costituzioni dei Paesi europei, con particolare riferimento alla loro origine e ai contenuti: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”.
E ancora. “I problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo”, prosegue l’analisi della banca d’affari.
Andando avanti nella lettura il documento entra più nello specifico: “I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.
Riassumendo, la JpMorgan ci dice: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.
È “L’idea d’uno Stato dove i poteri legislativo, esecutivo, giudiziario appartengano a organi diversi e siamo tutti eguali davanti alla legge” a esser malvista dalla parte dominante nel ventunesimo secolo. Soprattutto, sono malviste le Costituzioni nate dalla Resistenza. Specie quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo”, denuncia il giurista Franco Cordero.
Per l’economista Emiliano Brancaccio: “Maggiore è il potere del parlamento, più è difficile ridimensionare lo stato sociale. Un orientamento di segno opposto, invece, mira a redistribuire il reddito favorendo il profitto e le rendite, non certo a un ammodernamento del Paese. Nella Costituzione italiana e in quelle antifasciste ci sono norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può essere espropriata per fini di pubblica utilità. Le istituzioni finanziarie hanno spesso interesse a realizzare acquisizioni estere di capitali nazionali, e dunque hanno interesse a garantire che la proprietà del soggetto straniero che acquisisce sia tutelata. Con queste Costituzioni il soggetto straniero che viene ad acquisire spesso a prezzi stracciati capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è totalmente tutelato perché potrebbe essere espropriato. Dietro la parolina magica ‘modernizzazione’, spesso pronunciata da JpMorgan, c’è dunque la tutela degli interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in Italia e in altri paesi periferici dell’Unione europea”.
Mentre Renzi fa i “giochi” che contano, la macchina di distrazione di massa ci tiene impegnati con i racconti dei suoi sms a nuotatrici e ciclisti, a tiratrici al piattello e pallavolisti tutti timorosi di trovare le mitiche congratulazioni anticipate del premier che significano sconfitta sicura, come attestato dal povero Nibali. E sull’altro fronte, quello del fu “centrodestra”? Berlusconi-Zeus continua a giocare dal monte Olimpo di villa Certosa e dopo Bondi, Alfano, Bertolaso, Fitto lancia Parisi in attesa — secondo i più — di sgranocchiarsi anche l’ex-manager pubblico-privato.
Ma Stefano Parisi, così dicono i bene informati che lo hanno visto all’opera nei meandri di Palazzo Chigi, è “razza padrona”. Prepara in silenzio la sua campagna d’autunno, certo come Highlander che “ne resterà soltanto uno”. E già pregusta di essere lui, sfruttando l’onda lunga della protezione di Silvio il tempo necessario per poter essere poi in grado di difendersi dal suo mecenate. Gioco difficile e dagli esiti incerti. Ma conoscendo le potenzialità dell’elettorato moderato italiano, un gioco che vale la candela.
Giochi. Olimpiadi, Renziadi, Parisiadi. Noi che siamo rimasti ingenui, continuiamo a fare il tifo per l’Italia.