Il giorno dopo il ritorno di Matteo Renzi sul referendum costituzionale, sulla campagna referendaria più importante degli ultimi anni i politica italiana, arrivano le prime reazioni: specie la sfida Anpi-Premier sembra infiammare ancora i dibattiti sul voto di ottobre-novembre (che dovrebbe accettare o rifiutare il pacchetto di riforme Boschi) quando Renzi ha di nuovo invitato il capo dei partigiani d’Italia, Carlo Smuraglia, ad un dibattito direttamente alla Festa dell’Unità in Emilia Romagna. «La prossima settimana rinnovo il mio invito al capo dell’ampi ad una Festa dell’Unità in Emilia per discutere con lui di referendum». Non si fa attendere la risposta di Smuraglia che in maniera piccata non rifiuta l’invito ma nello stesso tempo prende tempo: «il tema della discussione ossia anche le modalità della Presenza dell’Anpi alle feste dell’Unità, non è stato ancora seriamente affrontato e risolto. L’ipotizzato confronto a livello nazionale del tutto anomalo per la sede parziale per gli interlocutori e per le modalità non definite, non è certamente la soluzione del problema di fondo e verrà comunque valutato nella sua sostanza». Insomma, un “ni” che ora Renzi cercherà di approfondire per arrivare ad una data da fissare: i partigiani dell’ampi rappresentante una delle voci già contrarie al referendum “Renzi” sulle riforme del governo e raccoglie larga parte della sinistra italiana.



Matteo Renzi è tornato e rilancia la sfida del referendum costituzionale non più d’ottobre ma molto probabilmente di novembre, se non addirittura a dicembre: il premier alla Versiliana – solo dopo aver visto la finale dell’ItalVolley – è carico soprattutto contro il rivale interno al Pd, Massimo D’Alema. «Se D’Alema avesse messo un decimo del tempo che ha messo per attaccare me per attaccare Berlusconi… D’Alema è in compagnia di Berlusconi e Salvini, si sono ritrovati. Lui pesca sempre la carta di attaccare quello più vicino, prima è toccato a Prodi. E la riforma di D’Alema era molto più dura, il governo aveva molti più poteri. Se D’Alema vuole fare la battaglia per difendere i posti e magari tornare in Parlamento, auguri. Ma non si utilizzi il referendum per cercare la rivincita al congresso che si farà quando previsto». Ma sono le novità sul possibile risultato dopo il referendum costituzionale del pacchetto di riforme Boschi-Renzi che vengono svelate dal premier a valere una segnalazione: «si vota nel 2018 comunque vada il referendum, un esito negativo della consultazione di ottobre (novembre, ndr) avrebbe determinato la conseguenza delle mie dimissioni? Non ci sarà un immediato scioglimento delle Camere, opzione che spetta al Presidente della Repubblica, previe consultazioni». Serve insomma la legge elettorale chiara e definita e sarà Mattarella a dover porre eventualmente – laddove vinca il No alle urne – il futuro dell’esecutivo. Traduzione for “dummies”? Renzi se perde non si ritira, ma il Governo vedrà un esecutivo di transizione per traguardare la scadenza naturale della legislatura, ovvero proprio il 2018. Incredibile ma vero arriva anche un mea culpa per un presidente del Consiglio che come Fonzie in Happy Days ogni tanto fatica un po’ troppo a dire “ho sbagliato”… «Ho sbagliato a dare dei messaggi – aveva ammesso il premier – questo non è il mio referendum. Anche perché questa riforma ha un nome e cognome, Giorgio Napolitano. Ma soprattutto perchè questa riforma è la riforma degli italiani. Io ho sbagliato a personalizzare troppo. Ma ora bisogna  semplicemente dire la verità sul merito della riforma. La strategia sul referendum è semplice: dire la verità. La verità gli fa male. Lo sai». “Renzie” come alcuni lo chiamano lancia il guanto della sfida, D’Alema e soci lo raccoglieranno? (Niccolò Magnani)

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