Se nel referendum costituzionale entra anche la cultura… no, non è una polemica, ma semplicemente l’ennesimo elemento che si aggiunge ad una discussione che dalla politica nazionale si allarga a macchia d’olio fino a vari ambienti e ambiti della società italiana. Il che di per sé non è un problema, anzi, con il dibattito pubblico che finalmente si appassiona ad un voto referendario il risultato sarà finalmente più legato alle scelte dei cittadini piuttosto che a quelle di partito. Ma il problema è che si moltiplicano anche gli scontri con il rischio confusione che purtroppo rimane alto: intervistato dalla Repubblica, il sovrintendente del Teatro Carlo Felice di Genova, in quota Pd, ha voluto raccontare non solo perché sceglie sì al voto di novembre, ma perché la cultura si deve occupare attivamente di questo appuntamento politico. «Questo referendum c’entra eccome con la cultura, questa riforma infatti avrà ripercussioni perché spesso siamo vittime della sovrapposizioni di competenze Stato-Regioni. Chiarisce in ambito culturale quali sono le competenze: oggi abbiamo un problema di efficacia della pubblica amministrazione propor per intrecci e sovrapposizioni». Riforma perfettibile ma potabile, è il giudizio di Maurizio Roi. Si attendono ora numerose risposte e repliche da altri esponenti del mondo culturale?



Il referendum costituzionale è una bella grana per l’intera politica italiana: acuisce gli scontri e porta il livello della “cosa pubblica” a tensioni che da tempo non si raggiungevano. Ma è un passaggio fondamentale per comprendere in fin dei conti se l’operato del governo Renzi convince o meno i cittadini: o quantomeno, questo è quello che l’italiano medio ha compreso del Referendum sulle riforme Boschi, perché sia per gli attacchi delle opposizioni e sia per errori di Renzi nel personalizzare il voto, si parla molto poco dei contenuti del referendum e molto di più della scelta “governo sì, governo no”. Confindustria, con le parole del presidente Boccia al Meeting di Rimini, conferma il suo Sì all’impianto del referendum anche se ha tenuto a precisare esattamente queste raccomandazioni. «Il nostro sostegno è determinata da una scelta economia, non politica. Ma il governo deve effettuare scelte selettive nella prossima legge di stabilità visto che con questo debito pubblico non abbiamo grandi margini». Tradotto, noi sosteniamo il Sì ma voi, cari governanti, fate qualcosa per il debito pubblico e sbloccate un Paese per le aziende sempre più immobile, altrimenti togliamo il nostro sostegno. Intanto prosegue lo scontro con i partigiani dell’Anpi che non accettano il no secco dei big Pd alla richiesta di portare stand per il “No” al referendum all’interno delle feste dell’Unità e del Pd. Renzi ha invitato Smuraglia, leader Anpi, ad un dibattito pubblico ma non compie un passo indietro sulla decisione dei banchetti: altra grana per il Premier, il referendum prosegue in una contorta strada verso il voto.



Carlo Collodi potrebbe dirne molte sul referendum costituzionale che deciderà le sorti immediate future del governo italiano: o quantomeno, il geniale scrittore toscano di Pinocchio potrebbe dare qualche “ripetizione” gratuita sulla coerenza, la fiducia e la bugia nelle umane relazioni, persino nella politica. Riavvolgiamo il nastro altrimenti i cari lettori potrebbero rimanere intrappolati in un Paese di Balocchi immaginario e perdersi qualche riferimento. Renzi due giorni fa ha rilanciato la compagna referendaria in favore del voto di novembre sul pacchetto di riforme Boschi suscitando qualche polemica per la sua frase, “elezioni a scadenza naturale nel 2018, anche se dovessi perdere il referendum”. Apriti cielo, le reazioni delle opposizioni non si sono fatte attendere. E così ieri il leader e fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, ha tuonato alla sua maniera: «È evidente che il premier e i suoi accoliti non hanno a cuore le sorti del Paese: è chiaro a tutti gli italiani che un presidente del Consiglio che smentisce se stesso e che mente spudoratamente agli italiani, è più adatto a essere il protagonista di un romanzo di Collodi, come Pinocchio, che a guidare il nostro Paese».



Insomma, un “Grillo” che da del “Pinocchio” ad un premier lascia di sasso magari qualche discendente del buon Carlo Collodi. Eppure qualcosa non torna: per il M5s il messaggio politico e il metodo propositivo è da sempre legato sulla coerenza e trasparenza. Il problema è che utilizzando le loro stesse armi sulle loro attività e su svariate vicende legate ad alcuni sindaci – Parma, Livorno, lo stesso comune di Roma – il giochino sembra incrinarsi. Questo non perché ci siano dei buoni o dei cattivi intendiamoci, lo stesso Renzi ha cambiato idea sul risultato del referendum e sulle sorti del governo almeno tre volte, ma perché spesso il valore manifestato e impugnato della coerenza non è sempre una buona arma: il vecchio monito “due pesi e due misure” ritorna spesso e anche guardando le accuse di bugia e “pinocchiaggine” da Grillo a Renzi qualcosa non torna. Caro Collodi, proprio tu che ci hai insegnato come la fiducia e la possibilità di ripartire non arrivi per una coerenza senza sbavature o una condotta irreprensibile, quanto serviresti anche ai nostri politici, qui ed ora, nel 2016. (Niccolò Magnani)