Su una questione Mario Monti ha ragione nella sua polemicissima risposta a Matteo Renzi sulle responsabilità della crisi bancaria italiana: che il premier in carica farebbe bene ad auto-criticare anzitutto la propria gestione delle emergenze nel settore negli ultimi due anni. Fino all’ultima: quella “soluzione finale” per Mps che nel giudizio della Borsa non è durata neppure lo spazio di un mattino e che anche ieri ha trascinato  al ribasso l’intero segmento creditizio.



Purtroppo per lui medesimo, l’ex premier ha ragione anche su un altro punto: che nel 2011 la situazione delle banche italiane non era così difficile e preoccupante. E purtroppo per il dibattito pubblico sulla più seria delle crisi nazionali, Monti riscrive sul Corriere della Sera la storia dell’estate di cinque anni in modo inaccettabile, da parte di chi ne è stato protagonista:  chiamato a guidare un governo tecnico per fronteggiare una grave crisi finanziaria. 



È avvenuto allora che il presidente della Bocconi si prestò a introdurre in Italia misure di austerità draconiana imposte dall’Ue, all’indomani di un’opaca spirale speculativa innescata da un controverso accanimento da parte di Standard & Poor’s sul rating italiano. E la crisi che dall’autunno 2011 travolge le banche italiane che avevano resistito molto meglio di altre allo tsunami del 2008 non è quella che racconta il premier di allora: l’emergenza-liquidità che si trasmetteva dai titoli pubblici alle banche, cui ovviò la Bce (presieduta tuttavia da quella Mario Draghi che aveva co-firmato senza fiatare il diktat franco-tedesco a Roma). Il vero “suicidio” del sistema bancario italiano è iniziato quando la recessione indotta dall’austerity ha cominciato a gonfiare la bolla delle sofferenze creditizie: quelle che ora nessun fondo Atlante riuscirà a eliminare dai bilanci bancari italiani. 



In secondo luogo – e anche su questo il racconto di Monti è del tutto opinabile – il calvario regolamentare delle banche italiane diventa definitivo nell’estate 2012. Sei mesi dopo il primo stress test Eba (sostanzialmente discriminatorio verso le banche italiane), la decisione del Consiglio Ue di avviare l’Unione bancaria – a valle del salvataggio delle banche spagnole – mette in cantiere la direttiva “bail in” che da mesi sta togliendo respiro ogni giorno al sistema creditizio italiano, in Borsa e fuori: imponendo risoluzioni e riassetti onerosissimi e vietando aiuti pubblici. Fino all’ennesimo luglio rovente.

Ha ragione Monti a sottolineare che “il Paese non è stato preparato” alla nuova cornice: ma il primo che avrebbe dovuto prepararlo e non l’ha fatto è stato lui.  Ed è soprattutto irritante leggere la pretesa di Monti di aver voluto salvaguardare la sovranità nazionale, rifiutando di chiedere aiuti di Stato. La resa politico-diplomatica alle burocrazie di Bruxelles (da parte di un ex commissario Ue) è stata dichiarata proprio dal premier tecnico. Dal 2014 Renzi ci ha messo del suo nel non riuscire a riguadagnare un solo millimetro presso l’Ue, nonostante conflitti sanguinosi. Però se c’è una situazione che il premier in carica ha ragione di affermare di aver ereditato “dal passato” è l’autolesionismo del governo Monti sul piano delle regole bancarie.

P.S.: Monti non può fare a meno di ricordare che anche lui “si è ritrovato” la patata già allora grossa e bollente del Montepaschi. Lui che poteva, si limitò a sottoscrivere pochi Monti-bond: a posteriori del tutto inutili a risolvere la crisi già allora conclamata a Siena. In quattordici mesi di governo – praticamente con pieni poteri  e con l’autorevolezza  dell’economista e del tecnocrate Ue – avrebbe potuto come minimo  far chiarezza su quanto era avvenuto a Rocca Salimbeni. O per lo meno – allora, ma anche ora – avrebbe potuto dirci che idea si era fatto sulla responsabilità del crac che da anni e ancora in queste ore  sta avvelenando l’intera Azienda-Paese. Invece Monti, già a Natale, è stato il primo a contestare la provocazione di Renzi su una possibile commissione d’inchiesta sulle banche, dopo il dissesto di Etruria & C. 

Per fortuna di Monti, proprio a causa del caso Etruria, è molto difficile che Renzi stesso possa permettersi un’inchiesta puntata contro il passato recente. Ma la massima del governatore Guido Carli scagliata da Monti contro Renzi vale anche all’incontrario: “Gli italiani non sono dei cretini”. Vorrebbero certamente dei governanti o ex governanti più seri nel litigare sul risparmio e sul credito.